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Eluana, un anno dopo
Di Giuliano Guzzo - 09/02/2010 - Attualitą - 961 visite - 0 commenti

Nemmeno le reiterate archiviazioni della magistratura sono riuscite, dodici mesi dopo, a liberarci la coscienza dalla morte di una giovane disabile spirata nella solitudine e nella fame. Perché quando il cuore di Eluana Englaro ha cessato di battere, celebrato dal macabro applauso di chi era al contempo fuori dalla clinica “La Quiete” e dal mondo, in molti si sono resi conto che quel decesso non era la fine, bensì un nuovo inizio.

Certamente così è stato Eluana, finalmente libera da un mondo troppo terreno e salottiero per dare un senso ad un’esistenza come la sua, così trasgressiva per i cuori vigliacchi e spaventati. Ma un nuovo inizio anche per tutti noi, spettatori della grottesca metamorfosi dei giudici in medici capaci di stabilire, come ha fatto la Cassazione con la sentenza n. 21748, quando uno stato vegetativo sia reversibile o meno, e dei medici in giudici della definizione della dignità altrui. Come se fosse una patente a punti ritirabile dal primo padre disperato o dal primo vigile in camice bianco.

Sapienti registi di quella morte annunciata furono i soliti quotidiani, quelli letti da persone perbene, che non hanno avuto nulla da eccepire quando una giornalista li ha raggirati scrivendo che Eluana pesava oltre quindici in meno rispetto a quelli accertati dall’autopsia, e fu permesso a Roberto Saviano di descrivere per filo e per segno il volto di una giovane che mai aveva incontrato. E che dire di Beppino Englaro, circondato da temutissimi avvocati pronti a querelare chiunque tranne quel Pietro Crisafulli che aveva raccontato, pronto ad esibire la relativa documentazione fotografica, della macchinazione politica e radicale che stava dietro alla morte di sua figlia. Il suo dolore, un anno dopo, forse si è mitigato.

Nessun notizia, invece, della madre di Eluana, il vero fantasma di questa storia: dimenticata ed ignorata. Forse perché poco incline a battute politiche. Forse perché lei, in fondo, non ha mai creduto che quella morte fosse, per sua figlia, una vera liberazione. Sarà per quello che l’avvocato del padre, Giuseppe Campeis, non l’ha ricevuta al ricco catering tenuto nella sua villa seicentesca quando Eluana attendeva ancora sepoltura. Fu una festa memorabile: erano invitati tutti i giornalisti e c’erano i migliori vini e le migliori intenzioni. Quelle che lastricano strade pericolose.

 
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