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Per via di un curioso strabismo culturale, in Italia ci sono domande legittime e altre invece illegittime, blasfeme quasi, da lasciare nel cassetto; è legittimo chiedere a Berlusconi conto dei suoi rapporti con Veronica, Noemi e Patrizia, ma è sbagliato e moralistico fare altrettanto per saperne di più sulla vicenda Marrazzo, nella quale, tra l’altro, ci sono scappati pure i morti; è legittimo chiedere al Premier come ha fatto a trovare i soldi per Milano 2, ma è da complottisti della domenica cercare di far luce sul passato di Di Pietro. Mentre sarebbe non solo sarebbe legittimo, bensì doveroso farlo.
Già, perché mentre a gettare ombre sulle fortune di Berlusconi ci sono spesso mafiosi – persone, quindi, prive di credibilità fino a prova contraria, anche perché riacquistano la memoria a gettone – a chiedere chiarezza sul passato del leader dell’Italia dei Valori ci sono, oggi, pure i magistrati. Come Tiziana Parenti, storico magistrato di Mani Pulite nonché ex Presidente della Commissione antimafia. Ebbene, già nel ’96 – e quindi due anni prima che Di Pietro fondasse l’Italia dei Valori - Parenti affermava testualmente:”La provenienza di Antonio Di Pietro è in una struttura parallela ai servizi segreti. Di Pietro su questo non hai mai fatto chiarezza” .
Prima di lei, a sbilanciarsi su Tonino, fu il professor Giuseppe De Rita – certo non tacciabile d’essere un craxiano o un berlusconiano-, che nel settembre del ’96 sulle colonne di un quotidiano scrisse: “Da Tangentopoli e dalla vicenda mafiosa stiamo uscendo con un apparato di potere costituito dall’intreccio tra pubblici ministeri, polizia giudiziaria e forse servizi segreti incontrollabile e incontrollato che ci deve preoccupare”. Dopo quelle affermazioni, Di Pietro querelò la Parenti. Che oggi, per nulla impaurita, sulle colonne del Riformista, torna all’attacco:”Quello che dico è tutto documentato […] Perché è cominciata Tangentopoli? […] Ricordo che nel ’92, quando tornato a casa e guardavo il televisore, ripetevo dentro di me: “ma veramente sta succedendo tutto questo?”[…] Cosa è stata Tangentopoli mi sembra una domanda molto seria che dovrebbero porsi tutti gli italiani” (Il Riformista, 3/2/2010, p9).
Ora, benché non occorra nemmeno essere di centro destra per capire che Di Pietro non è la limpidezza fatta persona, è chiaro che le ombre sull’inquisitore della politica italiana stanno diventando troppe. E prima o poi il diretto interessato dovrà dare delle risposte, perché più parla e più alimenta dubbi. Come quando, in diretta ad Annozero, si fece sbugiardare asserendo, subito smentito da Massimo Ciancimino, di non aver mai interrogato Vito Ciancimino, ex sindaco mafioso di Palermo. Parli pure, Di Pietro.
E ci spieghi come ha fatto a laurearsi in tempi perfetti, lavorando ma senza chiedere mai un’ora di permesso, senza che ci sia un compagno, dicasi uno, che si ricordi di lui. Già che c’è, potrebbe spiegarci anche come mai il segretario verbalizzante della commissione che gli fece superare l’esame da magistrato, avvicinato per sapere se fosse vero che l’esame di Tonino venne truccato, anziché indignarsi, risposte candidamente che, anche se fosse, sarebbe già tutto prescritto. Strana risposta. Anzi, no: risposta fin troppo chiara.