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Emma, l'uomo giusto per il Quirinale. Emma for president. Emma l'infaticabile operatrice umanitaria, l'unanimemente elogiato commissario europeo per gli aiuti a chi soffre, specialmente donne e bambini:"le vittime innocenti", secondo la retorica giornalistica.
Nessuno si ricorda più di un'altra Emma. E di altre donne, e di altri bambini. Anche perché quei bambini non ci sono e non ci potranno essere mai più. La foto che pubblichiamo in apertura di questo servizio (cioè la foto in apertura di articolo, ndr) è la testimonianza scioccante di un passato che la Bonino oggi non rinnega ma che certo non vorrebbe riesumare, date le sue ambizioni
Se ogni politico nasconde qualche scheletro nell'armadio, Emma Bonino cela un cimitero di 10 mila bambini non nati e da lei spesso personalmente eliminati con una indifferenza orgogliosa e agghiacciante. Negli anni '74-75, quelli in cui infiamma la battaglia che poterà alla legge 194, la Bonino diviene con Adele Faccio una leader di quella che ancora oggi Marco Pannella chiama una "battaglia per i diritti civili".
Soprattutto, fonda il Cisa e si fa promotrice dell'aborto "per aspirazione", alternativa pratica ed economica ai "cucchiai d'oro", cioè agli infami interventi compiuti - fuorilegge ma dietro prezzolatissima parcella - da alcuni medici o praticono nostrani. Quello mostrato dalla foto è proprio un intervento di quel tipo, eseguito con la pompa di bicicletta davanti al fotografo al quale la giovane e bella militante rivolge il suo sorriso.
Il metodo è chiamato Karman e normalmente viene eseguito con un aspiratore elettrico, che però costa "un mucchio di quattrini e poi pesa a trasportarlo nelle case per fare aborti nelle case". Così spiega la deputata radicale alla giornalista Neera Fallaci di Oggi, mostrando gli oggetti accanto a lei (a sinistra nella foto), bastano una pompa da bicicletta, un dilatatore di plastica e un vaso dentro cui si fa il vuoto e in cui finisce "il contenuto dell'utero". Un kit per il fai-da-te, come oggi usano fare le iper-femministe per ingravidarsi da sole.
"Io - spiega Emma - uso un barattolo da un chilo che aveva contenuto della marmellata. Alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi è un buon motivo per farsi quattro risate". Un'allegra scampagnata: "L'essenziale per le donne è fare l'aborto senza pericolo e senza soffrire, non sentirsi sole e angosciate". Già perché mai? "Entro il secondo mese non ci sono problemi: si può fare il self-help, l'auto assistenza, un discorso rivoluzionario delle femministe francesi e italiane. Dopo il secondo mese mandiamo le donne a Londra".
La Bonino, oltre a essersi sottoposta a un aborto clandestino, tramite il Cisa nel 1975 ha eseguito in Italia e a Londra, in dieci mesi, 10.141 aborti. Cioè diecimila omicidi, secondo la legge vigente all'epoca. A parte che anche altri leggi sindacali vengono infrante comunemente dai consultori boniniani: "Per le militanti che lavorano a tempo pieno il rimborso spese è di 150 mila lire al mese senza contributi né ferie: d'agosto chi non lavora non prende una lira".
Per non parlare poi dell'apologia di reato, "nessuno ci ha denunciato, eppure abbiamo tenuto anche una conferenza stampa. Come se dei ladri venissero a dire: abbiamo fatto tot rapine, l'anno prossimo ne faremo il doppio", e delle minacce: "Come farebbero a processarci tutte? E le reazioni della piazza?". Una denuncia, però alla Bonino arriva, per associazione e istigazione a delinquere, e finisce in prigione un paio di settimane. Quando i radicali chiamano la battaglia per la legalizzazione dell'aborto una lotta "per i diritti civili" dimenticano di dire che le 800 mila firme da loro raccolte propedeuticamente alla 194 erano per l'abrogazione delle disposizioni fasciste "sulla difesa della razza" e non solo contro il divieto di abortire.
Così come la sentenza della Corte costituzionale che spianò la strada alla legge parlava soltanto di "non equivalenza" tra diritto alla salute e alla vita dell'embrione e della madre, un principio secondo cui si potrebbe semmai sostenere il diritto a interrompere la gravidanza in caso di pericolo reale per quest'ultima e non - com'è secondo la norma approvata - per qualsiasi motivazione.