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Euclide e la scienza moderna: il mistero della matematica
Di don Matteo Graziola - 28/01/2010 - Corso base di filosofia - 2680 visite - 0 commenti

 

La scoperta platonica delle idee trova un'applicazione rilevantissima nello sviluppo delle conoscenze matematiche e geometriche. L'uomo scopre le forme pure degli oggetti e la relativa possibilità di rapporti e costruzioni perfetti. Accanto ad un oggetto che ha la forma di triangolo appare evidente l'esistenza in sè della forma del triangolo e di tutte le leggi che la determinano. L'esistenza dell'idea diventa più evidente e più identificabile. La matematica dunque non introduce una novità assoluta, ma offre una notevole riprova alla dottrina delle idee. L’uomo perciò si conferma un essere in relazione con il sopransensibile, cioè con l’immutabile e l’eterno.

E’ necessario qui considerare la ripresa che questa tematica ha avuto parecchi secoli dopo Euclide. L’epoca moderna è stata infatti caratterizzata dalla scoperta della corrispondenza tra le leggi matematiche e quelle della realtà fisica. Uno dei primi a sorprendere questa curiosa corrispondenza fu Galileo Galilei, considerato l’iniziatore della ‘rivoluzione scientifica’. Egli arrivò a coniare la celebre sentenza:

 La matematica è l'alfabeto col quale Dio ha scritto l'universo.

Contemporaneamente a Galileo, fu Keplero, con le sue celebri leggi sulle orbite e sulle velocità dei pianeti, a dare conferma della costruzione matematica dell’universo. Successivamente numerosi grandi scienziati si sono interrogati su questo legame tra realtà fisica e razionalità. Le sempre maggiori scoperte scientifiche, quali soprattutto la teoria della relatività di Einstein, hanno mostrato sempre di più la profondità di questo legame, rendendo la matematica uno strumento indispensabile per qualsiasi intervento sulla realtà. L’era informatica ha dato a questa necessità una applicazione universale e capillare. Il contraccolpo filosofico di questo sviluppo scientifico, compreso quello delle geometrie cosiddette non-euclidee, è esattamente quello contenuto nella riflessione platonico-euclidea, vale a dire il rapporto tra la realtà sensibile e quella soprasensibile. E’ quanto viene notato dal grande matematico italiano Ennio De Giorgi (1928-1996):

 

La matematica è una delle manifestazioni più significative dell'amore per la sapienza. Come tale è caratterizzata da un lato da una grande libertà, dall'altro dall'intuizione che il mondo è fatto di cose visibili e invisibili e la matematica ha forse una capacità, unica fra le altre scienze, di passare dall'osservazione delle cose visibili all'immaginazione delle cose invisibili. Questo forse è il segreto della forza della matematica.

Tutto ciò che noi riusciamo a vedere nel finito ci appare incomprensibile e disarmonico, se non lo pensiamo come parte di un quadro più ampio di grandezza infinita. Il fatto che questo quadro infinito sia in gran parte sconosciuto non ci deve portare a negarne l'esistenza (Ennio De Giorgi Anche la scienza ha bisogno di sognare (a cura di F. Bassani, A. Marino, C. Sbordone) ed. Plus, Pisa, 2001)

 

 

L’astrofisico Paul Davies sviluppa queste riflessioni considerando l’aspetto ancora più stupefacente della razionalità insita nell’universo, e cioè il fatto che essa struttura l’universo stesso in modo che esso produca la mente umana, cioè quella realtà che diventa capace di decifrare la razionalità che l’ha prodotta:

 

Come avviene che le leggi dell'universo siano tali da favorire l'emergenza di menti a loro volta capaci di riflettere e modellare accuratamente queste stesse leggi matematiche? Come è successo che il cervello dell'uomo, che è il sistema fisico più complesso e sviluppato che conosciamo, abbia prodotto tra le sue funzioni più avanzate qualcosa come la matematica, capace di spiegare con .tanto successo i sistemi più basilari della realtà fìsica? Perché la mente, che si colloca al culmine dello sviluppo, si ripiega su se stessa e si collega con il livello base dell'esistenza, cioè con l'ordine retto da leggi su cui l'universo è costruito? A mio avviso questo strano loop suggerisce che la mente è qualcosa che è legata ai più fondamentali aspetti della realtà fisica, sicché se vi è un significato o un fine all'esistenza fisica, allora noi, esseri coscienti, siamo di sicuro una parte profonda ed essenziale di questo fine. (Paul Davies, in Bersanelli-Gargantini, etc, pp. 310-311)

 

Questo loop verrà ripreso più avanti quando si parlerà del Logos introdotto dagli stoici per designare l’evidente razionalità dell’universo: si vedrà come esso non può essere considerato un semplice ‘disegno’ insito nella realtà, ma deve essere riconosciuto nella sua soggettività assoluta, senza la quale non si spiega né la razionalità del reale, né tantomeno l’apparire in esso della soggettività umana. E’ interessante a questo proposito la riflessione di Benedetto XVI in un dialogo con giovani studenti:

 

La cosa sorprendente è che questa invenzione della nostra mente umana [la matematica] è veramente la chiave per comprendere la natura, che la natura è realmente strutturata in modo matematico e che la nostra matematica, inventata dal nostro spirito, è realmente lo strumento per poter lavorare con la natura, per metterla al nostro servizio, per strumentalizzarla attraverso la tecnica. Mi sembra una cosa quasi incredibile che una invenzione dell’intelletto umano e la struttura dell’universo coincidano: la matematica inventata da noi ci dà realmente accesso alla natura dell’universo e lo rende utilizzabile per noi. Quindi la struttura intellettuale del soggetto umano e la struttura oggettiva della realtà coincidono: la ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura sono identiche. Penso che questa coincidenza tra quanto noi abbiamo pensato e il come si realizza e si comporta la natura, siano un enigma ed una sfida grandi, perché vediamo che, alla fine, è "una" ragione che le collega ambedue: la nostra ragione non potrebbe scoprire quest’altra, se non vi fosse un’identica ragione a monte di ambedue. […] E così vediamo che c’è una razionalità soggettiva e una razionalità oggettivata nella materia, che coincidono. Naturalmente adesso nessuno può provare - come si prova nell’esperimento, nelle leggi tecniche – che ambedue siano realmente originate in un’unica intelligenza, ma mi sembra che questa unità dell’intelligenza, dietro le due intelligenze, appaia realmente nel nostro mondo. […] Ci sono solo due opzioni. O si riconosce la priorità della ragione, della Ragione creatrice che sta all’inizio di tutto ed è il principio di tutto - la priorità della ragione è anche priorità della libertà – o si sostiene la priorità dell’irrazionale, per cui tutto quanto funziona sulla nostra terra e nella nostra vita sarebbe solo occasionale, marginale, un prodotto irrazionale - la ragione sarebbe un prodotto della irrazionalità. Non si può ultimamente "provare" l’uno o l’altro progetto, ma la grande opzione del Cristianesimo è l’opzione per la razionalità e per la priorità della ragione. Questa mi sembra un’ottima opzione, che ci dimostra come dietro a tutto ci sia una grande Intelligenza, alla quale possiamo affidarci. Ma il vero problema contro la fede oggi mi sembra essere il male nel mondo: ci si chiede come esso sia compatibile con questa razionalità del Creatore. E qui abbiamo bisogno realmente del Dio che si è fatto carne e che ci mostra come Egli non sia solo una ragione matematica, ma che questa ragione originaria è anche Amore. Se guardiamo alle grandi opzioni, l’opzione cristiana è anche oggi quella più razionale e quella più umana. Per questo possiamo elaborare con fiducia una filosofia, una visione del mondo che sia basata su questa priorità della ragione, su questa fiducia che la Ragione creatrice è amore, e che questo amore è Dio. Benedetto XVI (6 aprile 2006, incontro con i giovani)

 

Tornando sul piano antropologico, la scoperta della matematica comporta dunque una maggiore evidenza della sorprendente capacità umana di porsi in rapporto con le idee, cioè con la realtà soprasensibile, che con Rosmini potremmo chiamare l’essere ideale. E’ a questo livello che si colloca la grandezza umana, non tanto nel senso di una capacità intellettiva-cerebrale, ma piuttosto in quello di una collocazione ontologica che precede e rende possibile ogni espressione conoscitiva contingente. Quella platonico-euclidea si presenta come una conquista irreversibile, un punto di non ritorno contro cui si scaglieranno inutilmente tutte le teorie materialistiche sulla formazione e sulla costituzione dell’essere umano. E’ quanto si deve osservare ora riprendendo a percorrere il cammino antropologico della filosofia antica.

 

 

 

 

 

 

 
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