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Ci scrive un amico: Sono romano, e come ogni anno, la vigilia di Natale non è altro che un tripudio di cibo (di solito ben cucinato) in cui regnano incontrastati i fritti, una splendida eredità della gastronomia ebraica sublimata da piccole contaminazioni napoletane.
Carciofi, broccoli, ricotta e filetti di baccalà, si uniscono magistralmente in un’orgia pastellata che è difficile da dimenticare. E del Bambin Gesù? Un ricordo affievolito, tracce estorte dalle memorie dei vecchi di casa, oramai estinti e nemmeno ricordati. Quest’anno, però, una concausa d’eventi ha reso tutto drammaticamente omologato alle norme del politically correct, unica e dogmatica ideologia dominante a casa di mia sorella e nelle aule delle corti europee.
Insomma, il seme infecondo della globalizzazione ha colpito casa mia, in maniera definitiva e irreparabile. Dapprima, donandomi due splendide nipotine italo-australiane, alle quali però, è stato risparmiato (negato direi io) quel barbaro rito d’iniziazione, che noi cattolici chiamiamo Battesimo. Logicamente, poche ore dopo la cena, scartando i regali , nessun accenno al Salvatore, a quel Signore che ha fecondato la storia col suo Sacrificio. Poco importa!
Qualcuno si potrebbe offendere nel nominarLo, e le bambine dovranno scegliere da grandi in cosa credere, o in cosa non credere! Ma se a Scuola verrà imposta loro un pedagogia anticristiana, per non dire antiumana, non è un problema! Non esistono i sessi e le loro differenze, esistono i generi. E l’eutanasia? L’aborto? Sono scelte individuali, care bimbe, certamente non sono cose belle, ma ognuno deve essere libero di poter scegliere per sé. Come se un feto abbia voce in capitolo, o se una persona in coma possa cambiare idea sul suo testamento biologico.
Tuttavia, questa Vigilia ha rotto anche gli argini della tradizione culinaria. Unica fiammella rimasta di un rito, seppure svuotato del suo senso trascendente, tramandato per secoli dalle donne della mia famiglia. Dopo i consueti fritti, si aspettava con ansia il primo piatto, di solito a base di pesce o di un modesto ma gustosissimo sugo di pomodoro. E invece no! Mia madre, donna semplice ma curiosa, poggia sull’altro capo della tavola, un’enorme insalatiera.
Riesco a capire che quella pietanza è aliena, nuova; riesco a capire che quel piatto stona e di brutto! “Mamma, ma che hai fatto il cous cous?” “Sì!” dice altezzosa e fiera di questa sua novella esoticità. “Ma è Natale?!” imploro io. “Embè?!” risponde stizzita prevedendo la mia reazione, “È Vigilia! Ci sono solo verdure….senti Ivan, nun rompe!”
Tutti accolgono la novità come un gesto d’apertura. Mia madre è vista immediatamente come Obama, o peggio, come il braccio armato di mestolo al servizio della “Tolleranza”. Sconfortato, scuoto la testa, e le giovani femmine di casa ridono ienanti, dileggiando il mio sconforto conservatore e irrimediabilmente perdente. Mi guardo intorno, nemmeno un alleato, nemmeno uno svizzero che abbia votato al referendum sui minareti. Solo!
Da solo, mi tocca difendere, conservare, pregare! La Vigilia è proseguita su questo registro, condita da una mia cugina che mi chiede un bicchiere parlando in inglese (è fiera di vivere a Londra da 3 anni), il suo compagno che torna in Italia per cercar fondi su commissione del Partito Radicale (lavorava in Finanza a Londra, smerciava derivati), mia sorella che ascoltandomi blaterare contro il divorzio, e l’eutanasia, bisbiglia nell’orecchio della modernissima cugina: “bisogna andar via dall’Italia, ma lontanissimi!”
Unica consolazione? Il laicismo militante ti concede dei vantaggi. Non avendo riti, e non avendo orari a cui far riferimento, hanno concesso alle bambine di scartare i regali in netto anticipo, verso le 22 e 30. Dopo aver baciato le piccole, sono scappato dalla mia famiglia, in tempo utile per attraversare Roma e raggiungere la mia Chiesa, la mia amata Chiesa Nuova.
Finalmente Signore… sei nato anche in questa notte!
Ivan Quintavalle