“L’esistenza dell’uomo, un tempo il massimo dei misteri, oggi non è più tale perché l’enigma è stato risolto per merito di Darwin e di Wallace, ai cui risultati noi continueremo per un bel po’ di tempo ad aggiungere note in calce.”
Con questa perentoria affermazione Richard Dawkins, uno dei più noti biologi evoluzionisti contemporanei, perennemente presente nelle Librerie, intende definitivamente chiusa la partita con i “creazionisti”. In realtà, il dibattito suscitato dal recente simposio organizzato dal prof. Roberto De Mattei, vice-presidente del CNR, e seguito dalla pubblicazione degli atti (“Evoluzionismo: il tramonto di un’ipostesi”, Ed. Cantagalli) dimostra che c’è ancora chi non si è rassegnato all’idea che l’uomo, così come la farfalla e la balena, e tutto ciò che si muove e respira, siano incidenti di percorso di un’evoluzione casuale, senza progetto e, soprattutto, senza alcuna causa che non siano la mutazione e l’ambiente.
Normalmente, come è accaduto anche in questa occasione, le risposte delle “spose di Darwin” (G.Sermonti) a chi muove critiche e dubbi non sono contestuali ai dati o alle argomentazioni riferiti, ma ruotano intorno ad una invettiva: “sei un creazionista! Non puoi parlare”. E’ il capo d’accusa più importante; è il colpo mortale inferto a chi non la pensa come te. Peggio che dare dell’omofobo o dell’antieuropeista!
Chi riceve questo epiteto (nel mio piccolo, è capitato anche al sottoscritto) viene automaticamente escluso da qualunque possibilità di replica, scientifica o razionale che sia. “Tu credi in un Dio Creatore, e quindi non puoi parlarci di scienza! Sono due termini incompatibili tra loro!”
A pensarci bene, tuttavia, anche chi muove questa accusa non può scagliare la prima pietra; la teoria darwiniana infatti implica momenti storici di “creazione” di nuove specie e di nuovi gruppi di viventi per branching (=ramificazione). Secondo la visione neodarwiniana infatti, la filiera della vita inizia nel “brodo prebiotico” di quasi quattro miliardi di anni fa, dove, a seguito di scariche elettriche, i gas dell’atmosfera di ricombinano tra di loro in modo inusuale per dare origine alle prime molecole biologiche e quindi, sempre per successive trasformazioni spontanee, alla prima cellula. La vita, cioè, è nata per autoformazione.
L’evoluzione procede poi attraverso continue auto trasformazioni che portano all’autocreazione dei pesci, delle rane, dei dinosauri, delle aquile, dei pini, dei fiori, delle scimmie e… “a causa della siccità”, addirittura all’uomo. Chi è più “creazionista”? Il prof. Roberto De Mattei che postula una Causa incausata all’origine di tutto ciò che esiste, quale spiegazione razionale e ragionevole, o i neo-darwinisti che credono in infinite auto creazioni di materia biologica organizzata? E per chi non fosse ancora convinto della potenza creatrice della materia, ecco venire in aiuto il matematico Odifreddi con il suo “credo” laico: “Credo in un solo Dio, la Natura, Madre onnipotente, generatrice del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, l’Uomo, materia da materia, generato e non creato, della stessa sostanza della Madre natura.” (Odifreddi, Il matematico impertinente).
Allora è proprio vero: siamo tutti creazionisti; “tertium non datur”, dicevano i saggi: o la vita è stata creata oppure si è auto formata. Ma allora perché prendersela tanto con questo aggettivo? Il problema non è la “creazione” della vita, ma la sua causa: o un Dio, altro da noi, oppure una Natura, uguale a noi.
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