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I cieli narrano la gloria di Dio
Di Claudio Dalla Costa - 20/12/2009 - Religione - 1165 visite - 0 commenti
Se il corpo umano può considerarsi l’apice della creazione, un ulteriore sguardo al cosmo e alla sua composizione ci fa venire le vertigini: solo il nostro pianeta si trova in una galassia con cento miliardi di soli ed un diametro di circa cinquantamila anni luce.

Sappiamo, però, che esistono centinaia di milioni di altre galassie la cui luce ci giunge solo ora, dopo aver viaggiato per miliardi di anni. La stella più lontana che si conosca dista da noi circa quattordici miliardi di anni luce, la luce si muove alla velocità di 300.000 chilometri al secondo e, tanto per fare un esempio, il sole che dista dalla terra centocinquanta milioni di chilometri impiega poco più di otto minuti per far giungere fino a noi la sua luce. Insieme con il salmista, possiamo dire: “I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sua mani annunzia il firmamento” (Sal. 19).

 Kant, il celebre filosofo, poteva affermare: “Due cose mi riempiono di stupore: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”, tanto da voler scritte sulla sua tomba queste parole. L’astronauta James Lovell asserisce di aver vissuto l’esperienza espressa in questi versi: “Ho danzato nell’alta inviolata santità dello spazio, ho messo fuori la mano e ho sentito il volto di Dio”.

 Non riusciamo nemmeno a capire che cosa voglia dire parlare di miliardi di anni luce, riusciamo a malapena a balbettare qualcosa della grandezza straordinaria della Creazione. Tuttavia, in mezzo a questo universo che si espande in continuazione, c’è un puntino, la nostra terra, dove si è sviluppata la più incredibile delle avventure, la vita dell’uomo: essere minuscolo che con il pensiero può racchiudere l’intero universo. “Signore, si legge nel salmo 25 – ho amato la bellezza della tua casa”. La Sua casa è tutto l’universo, come non stupirci davanti allo splendore del creato, come non avere occhi per ammirare i fiori, le nuvole, un’alba, un tramonto, una vetta innevata, la profondità del mare, la serenità dei laghi? Di tutta questa bellezza - che qualcuno ha definito “l’autografo di Dio” – la terra e i suoi abitanti rimangono il più strabiliante dei miracoli. Diderot ha detto: “L’occhio e l’ala di farfalla bastano per annientare un ateo”.

Replica Carlyle: “Ogni oggetto possiede una bellezza divina; ogni oggetto è veramente una finestra attraverso la quale noi stessi possiamo immergerci nell’infinito”. Lo scrittore americano Harris scrive: “La terra è una piccolissima astronave. Con un diametro di appena tredicimila chilometri, è soltanto un minuscolo punto nella nostra galassia. E la nostra galassia è una tra i milioni e milioni di altre. Tuttavia questo punto ha ospitato miliardi di passeggeri umani per i due milioni di anni e più, durante i quali ha orbitato nel sistema solare. Nulla sta ad indicare che possa fermarsi prima di altri milioni di anni, e bastano le radiazioni solari per tenerla in moto e per rigenerarle la vita a bordo. Noi dobbiamo comportarci come i componenti di uno stesso equipaggio”.

Dopo la morte di Paolo VI, il segretario, don Pasquale Macchi, ha trovato tra i suoi incartamenti il Pensiero alla morte, un testo stupendo nel quale il papa celebre la vita, ne cito alcuni passaggi. “Tutto era dono, tutto era grazia; e com’era bello il panorama attraverso il quale si è passati; troppo bello, tanto che ci si è lasciati attrarre e incantare, mentre doveva apparire segno e invito. Ma, in ogni modo, sembra che il congedo debba esprimersi in un grande e semplice atto di riconoscenza, anzi di gratitudine: questa vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno d’essere cantato in gaudio e in gloria: la vita, la vita dell’uomo! Né meno degno d’esaltazione e di felice stupore è il quadro che circonda la vita dell’uomo: questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questo universo dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze, dalle mille profondità. È un panorama incantevole. Pare prodigalità senza misura. Assale, a questo sguardo quasi retrospettivo, il rammarico di non averlo ammirato abbastanza questo quadro, di non aver osservato quanto meritavano le meraviglie della natura, le ricchezze sorprendenti del macrocosmo e del microcosmo. Perché non ho studiato abbastanza, esplorato, ammirato la stanza nella quale la vita si svolge? Quale imperdonabile distrazione, quale riprovevole superficialità! Tuttavia, almeno in extremis, si deve riconoscere che quel mondo… è stupendo. Ti saluto e ti celebro all’ultimo istante, sì, con immensa ammirazione; e, come si diceva, con gratitudine: tutto è dono, dietro la vita, dietro la natura, l’universo, sta la Sapienza; e poi, lo dirò in questo commiato luminoso, (Tu ce lo hai rivelato, o Cristo Signore) sta l’Amore!”.

Come cristiani non dobbiamo avere paura di testimoniare che la ricchezza e la bellezza del creato richiamano la mano del Creatore, che non c’è opposizione tra la scienza e la fede, e che il Credo cristiano non ha nulla da temere dalle nuove scoperte scientifiche; semmai proprio queste ultime possono ulteriormente confermarci nella nostra visione di fede. Il fatto di scoprire sempre meglio, e in modo sempre più approfondito, le leggi che regolano l’universo, dovrebbe aumentare la nostra fede nel Dio Creatore. Intuire che, dietro il grande scenario del cosmo, con le sue armonie e le sue meraviglie, esiste Dio e la sua Provvidenza, che porta a compimento il Suo progetto d’amore, diviene motivo di ulteriore adorazione e lode verso l’Altissimo. (da Scommessa sull’uomo, editrice Elledici, anno 2006)
 
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