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Una fetta consistente del mondo anglicano (Traditional Anglican Communion) che maldigeriva le aperture “liberal” (preti gay e donne sacerdote) può ora entrare in comunione con Roma, grazie a Benedetto XVI. I preti e i vescovi anglicani saranno ordinati nuovamente, e diventeranno a pieno titolo preti cattolici, anche se sposati e con figli. Non potranno invece diventare vescovi cattolici i vescovi anglicani sposati, ma soltanto quelli celibi. L’eccezione di ammettere al sacerdozio cattolico uomini sposati ha carattere transitorio e riguarderà soltanto quei preti e vescovi che attualmente hanno famiglia, in futuro le ordinazioni dovranno avvenire rispettando la disciplina cattolica del celibato sacerdotale. Questa mattina alla stazione centrale e sugli autobus i soliti “quotidiani gratuiti” titolavano: “Il Papa apre ai preti sposati”, lascio alla vostra immaginazione i commenti. Si sa la questione è pruriginosa e, chissà perché, scalda l’animosità dell’uomo della strada, ma anche quella di certi prelati e movimenti “cattolici di base”. Il punto è uno: il problema non è tanto o soltanto quello del celibato sacerdotale, ma in fin dei conti si scontrano visioni diverse circa il modo di intendere l’amore umano. Wanda Poltawska psichiatra polacca (l’amica per cui Karol Woityla chiese preghiere di guarigione a Padre Pio, che sappiamo sortirono il loro effetto) fa notare che “il concetto di istinto sessuale riferito all’uomo è poco preciso: simile istinto nel senso letterale del termine non esiste, esistono solo certe reazioni sessuali che l’uomo può seguire, ma può anche controllare e dominare. (…) La secrezione dei gameti è indipendente dalla volontà umana; al contrario l’attività sessuale è sempre il risultato della libera decisione dell’uomo. (…) l’atteggiamento permissivo, il “voglio”, è già sufficiente per provocare l’eccitazione, il divieto, il “non posso”, non basta per dominare la reazione. Ed è proprio questo il problema più difficile: il divieto non solo è poco efficace, ma in molti casi provoca l’effetto contrario. (…) Il semplice divieto non è quindi l’atteggiamento giusto, importante, invece, è la consapevole libera scelta, “vi rinuncio di mia spontanea volontà”. Il contesto attuale, che fa dell’orgasmo un mito, ribalta la questione e propone una “forma di dominio sull’uomo da parte dei suoi meccanismi fisiologici” e quindi parrebbe che “l’istinto” fosse ingovernabile. Cosa può spingere un uomo a trovare la forza per essere completamente libero e padrone di sé? Madre Teresa di Calcutta diceva: “Il matrimonio e la procreazione sono miracoli dell’amore di Dio (…) Gesù ha parlato però chiaramente di qualcosa di persino più grande di questo quando ha detto che in cielo le persone non si sposano, né vengono date in matrimonio, ma vivono come angeli in cielo, e che ci sono alcuni che hanno rinunciato al matrimonio per amore del Regno di Dio”. Di che pasta è fatto questo amore per Dio ce lo chiarisce don Divo Barsotti: “Non vi è la carità là dove Dio non è amato come bene supremo: se l’uomo crede di spartire con altri il suo amore, non ama. L’ordine della carità è che si debba amare Dio di un amore totale: con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. (…) il celibato del sacerdote non è qualcosa di negativo…se non fosse animata dalla carità, la castità sarebbe rifiuto dell’amore. Con tutta la sua vita il sacerdote è a servizio del Verbo per ricondurre a Lui gli uomini e il mondo. Per questa operazione è necessario che il mondo fisico venga sottomesso allo spirito e allo Spirito di Dio”. Allora possiamo dire con Madre Teresa: “Il celibato sacerdotale è il dono che prepara alla vita nei cieli. (…) Non ci sono paragoni per la vocazione del sacerdote. E’ come sostituire Gesù sull’altare, nel confessionale e in tutti gli altri sacramenti in cui egli usa il pronome “Io”, come Gesù.” Al di là dei tecnicismi in ecclesialese, su cui normalmente ci si accapiglia, resta il fatto che la castità è pur sempre una virtù, una grande porta per la libertà, una via che illumina anche il senso vero e ultimo dell’amore umano, che non si identifica con la genitalità, ma con il dono di sé, unico e per sempre. C’è una bellezza nel celibato sacerdotale che solitamente non viene mai sottolineata, si polemizza sulle necessità e sulle opportunità e si sorvola sulla cuore della questione. La causa che normalmente emerge quando un sacerdote non riesce a osservare il celibato è generalmente una crisi di fede e il rifiuto delle regole previste dalla Chiesa, sono frequentemente persone molto sicure di sé che smarriscono la via dell’umiltà.
(tratto da www.paratisemper.blogspot.com )