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Adversus Vito Mancuso
Di Francesco Agnoli - 03/09/2009 - Religione - 1669 visite - 0 commenti

Ammetto di non aver mai apprezzato le idee di Vito Mancuso. Epperò, chiamato a scrivere sul Foglio, produceva articoli interessanti, piacevoli, intelligenti.

 Affrontando tematiche centrali: Dio, il dolore, la bioetica…Sempre, a dire il vero, con quella sicurezza di chi si ritiene chiamato a “rifondare”, nientemeno, la teologia cattolica, ad insegnare alla Chiesa bimillenaria, ai suoi papi e ai suoi santi, contraddizioni e deficienze più o meno gravi, con fare severo e poco paterno. Ma questo è un riflesso condizionato dei cosiddetti cattolici adulti: demolire, criticare, sempre e comunque la Chiesa, con l’idea di fare parte a sé, nel novero dei “giusti”. Sentirsi sempre superiori a un’istituzione santa e meretrice, divina e umana, quasi si volesse, in qualche modo, distanziarsi proprio dalla sua umanità e fallibilità.

Sputare nel piatto in cui si è mangiato, essendo stato, il Mancuso, un sacerdote regolarmente incardinato, e in cui si mangia, insegnando egli ancor oggi in un’università che, in teoria, qualche legame con la Chiesa lo possiede. Insomma leggere le prediche di un ex prete, che parla ancora dal pulpito, pur avendolo abbandonato, e discute, sempre, di Chiesa, fede, dogmi e papi, mi irrita un po’. Soprattutto quando le sue personali opinioni, in dubiis, sono presentate come ovvietà che gli altri, poverini, non hanno compreso.

Nel suo dialogo con Augias, “Disputa su Dio”, per fare un esempio, Mancuso imbandisce come verità assoluta una sua opinione: “l’errore della prospettiva cattolica tradizionale”, scrive senza esitazioni, sta nella convinzione che l’anima sia creata direttamente da Dio. Tale idea porterebbe ad un dualismo anima-corpo inaccettabile. Qui Mancuso sa bene che è stato proprio il cristianesimo a ridimensionare fortemente il dualismo antico, greco e orientale, riconciliando, pur nelle differenze, anima e corpo, ma elegantemente trascura di ricordarlo. Sostiene poi che, “come ho già spiegato, non c’è nulla che discende direttamente dall’alto, tutto sale dal basso”, cioè dalla “materia-mater”, “grembo da cui sorge ogni cosa”: “siamo materia ma da questa materia nascono livelli superiori dell’essere”.

Ora l’emergentismo di Mancuso, presentato come verità filosofica e scientifica, come ho ampiamente dimostrato nel mio “Perché non possiamo essere atei”, non lo è affatto: sia perché, filosoficamente, è assai difficile che il più derivi dal meno, quantomeno per pura forza propria, sia perché non vi è scienziato contemporaneo, ateo o credente che sia, che possa dire, non come ipotesi, ma come dato di fatto, che la materia vivente derivi automaticamente dalla materia inanimata, né che la vita cosciente derivi, necessariamente e autonomamente, dalla vita biologica. Per i grandi genetisti, da Francis Crick a Francis Collins, così come per i biochimici, la nascita della vita biologica dalla non vita non è, quantomeno sino ad oggi, spiegabile in termini puramente meccanici; rimane, per un grande come Erwin Chargaff, un “mistero impenetrabile”. Analoga la posizione del premio Nobel John Eccles, contrario, tra i tanti, all’emergentismo, soprattutto per quanto riguarda la nascita della coscienza umana dalla coscienza animale, e favorevole quindi all’idea dell’anima come creazione separata di Dio.

In un modo o nell’altro, che abbia ragione o meno, Mancuso è categorico. E lo è diventato sempre di più collaborando alla voce della verità, della purezza, del bene: il quotidiano Repubblica. Soprattutto, il passaggio a tale quotidiano, ha deviato gli interessi del teologo: se sul Foglio preferiva le grandi tematiche bioetiche, con qualche strizzatina d’occhio al mondo pro life, evitando di esporsi, su un quotidiano “di Berlusconi e famiglia”, sulle questioni politiche, una volta conquistato il palcoscenico di Repubblica la passione teologica è divenuta, d’un tratto, giacobino furore politico. Insomma, Mancuso si è subito adeguato ai bersagli più amati dal suo nuovo datore di lavoro, l’ing. De Benedetti: Benedetto XVI, la Chiesa e Berlusconi. Se possibile mescolando sempre le carte, per rendere il diavolo ancor più cattivo di quello che è.

Se metto il papa insieme a Berlusconi, chissà che effetto antipatizzante riesco a produrre, deve aver pensato il teologo che prima definisce i feti “esserini”, e cioè creature con una propria dignità ontologica, e poi, per giustificare l’aborto, aggiunge che chi uccide l’ “esserino”, in verità non uccide un altro, ma “mortifica una parte (sic) di sé”.

Così, in ogni occasione, Mancuso può sempre legare, in un binomio inscindibile Chiesa e Berlusconi, affinché i fissati con l’una, o con l’altro, possano alimentare il loro odio interiore. Viene legalizzata la Ru 486? Subito il moralista, in un articolo di 5000 battute, ne dedica 51 per dire che “la pillola RU 486 sopprime la vita a livello fisico” e le restanti 4949 a spiegare che la Chiesa non si è battuta contro le intemperanze sessuali di Berlusconi con lo stesso vigore con cui si è opposta al “pesticida umano”, responsabile di una ecatombe di “esserini”!

Analogamente, in occasione dell’ incontro, istituzionale, tra Berlusconi e Bertone, poi saltato, Mancuso non ha perso occasione per accusare preventivamente la Chiesa nientemeno che di alimentare il “nichilismo” e di avere “una sete infinita di potere, la quale…è intrinsecamente connaturata alla struttura di cui essi sono al servizio”! Che dire? Che dietro l’odio per la Chiesa, rivestito poi di giustificazioni teologiche, di Lutero e di tanti suoi epigoni della storia, c’è, sovente, la loro propria vocazione abortita? (Il Foglio, 3/8/2009)

 

P.s. Non è stato facile scrivere questo articolo. Mi sono messo tante volte a buttarlo giù, poi ho sempre lasciato perdere. Perché non è facile capire quando è giusto stare zitti, perché la carità lo esige, e quando è giusto parlare, anche a rischio di mancare di carità. Però ho letto e visto troppe volte Mancuso parlare solo e soltanto male della Chiesa, con un astio che non usa neppure se parla del Pcus russo o del partito nazista. E ho pensato che ha ragione san Francesco di Sales: a volte è carità urlare al lupo di fronte a chi dà scandalo, a chi attraverso la penna fa male alle anime. Per questo, alla fine ho scritto.

 

 
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