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L’introduzione della Ru 486 anche in Italia era da prevedere. Non per motivi scientifici, non perché sia ormai accertata la maggior sicurezza, per la donna, dell’aborto farmacologico rispetto a quello chirurgico. Tutt’altro. Era da prevedere perché a precedere l’Ru 486 vi è un sogno, un’ideologia, una visione dell’esistenza che cerca da tempo di imporsi, e che è decisa a farlo a qualunque costo. Il controllo totale dell’uomo sulla procreazione, la scissione tra sessualità e procreazione, la vittoria dell’uomo sulla sua natura e sulla legge di Dio, sono un antico sogno gnostico che si sta ormai affermando, ogni giorno di più. Ecco perché era da prevedere che nonostante le morti di gestanti accertate e nonostante le sue altre numerosissime controindicazioni, la Ru 486 avrebbe ricevuto l’avvallo definitivo. Indipendentemente dall’aspetto scientifico, dalle valutazioni razionali, dall’attenta misurazione dei “vantaggi” e degli svantaggi , infatti, oggi si vuole la possibilità di decidere giorno, ora e caratteristiche di un figlio, come si fa con ogni altro prodotto di cui noi stessi siamo gli autori.
“La vera storia della pillola abortiva Ru486”, scritto da Cesare Cavoni e Dario Sacchini (Cantagalli), è proprio la dimostrazione dettagliata e precisa di questo, cioè del fatto che “senza la stampa, l’Ru 486 sarebbe rimasta nei cassetti dei ricercatori. Senza i media non avremmo assistito ad alcuna sperimentazione. Senza la stampa i governi (specie quello americano e quello francese) non sarebbero mai intervenuti nella vicenda. Senza i titoli a nove colonne, che andavano annunciando una rivoluzione farmacologia senza pari in seguito all’invenzione degli anticoncezionali, i ricercatori che posero mano all’Ru 486 non avrebbero probabilmente avuto credito per proseguire nelle proprie ricerche”. E’ accaduto insomma quello che non dovrebbe accadere mai per un farmaco (benché questa parola sia certamente inappropriata per un prodotto chimico che avvelena un piccolo bambino nel grembo di sua madre): invece che essere pensato, testato e immesso sul mercato solo dopo averne accertata la sicurezza e l’efficacia, almeno per l’effetto desiderato, la Ru 486 è stata lanciata prima ancora che se ne conoscessero l’essenza e le controindicazioni, ed è stato sacralizzata, esaltata, richiesta a gran voce, indipendentemente da esse, ignorandole o sminuendole enormemente, quando necessario. A nulla è servito, da parte del mondo pro life, ma anche di certe femministe allarmate dalle morti di donne che si erano servite della pillola, lanciare allarmi, indicare con precisioni decessi, emorragie, traumi psicologici per le gestanti, a causa della Ru486. Essa, per un mondo sempre più vasto, è ormai un bene in sé, indipendentemente dal suo funzionamento: è un’idea, un mito, un sogno di onnipotenza.
E’ il compimento, nel campo della procreazione, della tentazione primordiale: saremo come dei, decideremo chi può venire al mondo e quando, con un gesto, almeno apparentemente, semplice e banale. Basta un po’ di zucchero e la pillola va giù. Se non è ancora così, lo sarà. Se non lo è, tanto peggio per la realtà. I sogni, si sa, sanno farne a meno. In nome delle utopie si sono distrutti interi popoli, in passato, si possono massacrare anche embrioni, feti e qualche mamma sfortunata, oggi. E’ certo che quando i sogni nascono con prepotenza nel grembo di una civiltà, difficilmente basterà la ragionevolezza a fermarli. Questa genesi ideologica, prima che scientifica, della Ru 486, è confermata anche dal patron della pillola, Baulieu, in un’intervista riportata nello studio citato, allorché, nel 1982 dichiara: “Ero stupito di tanto clamore. Non avevo pensato alle ripercussioni mediatiche; fintanto che l’effetto dell’Ru 486 non fosse stato dimostrato meglio il suo utilizzo pratico non poteva essere immediato, per molte ragioni. Bisognava verificare, ampliare gli studi, procedere alle formalità amministrative. Di solito si sente parlare di un farmaco al momento del suo lancio sul mercato. Noi ne eravamo lontani: non si trattava che di una comunicazione scientifica…”.
E’ interessante, in quest’ottica, leggere la lista dei finanziatori della pillola negli Usa: i milioni di dollari, alla Danco, la casa produttrice del farmaco, vengono dal miliardario Warren Buffett, dalle associazioni storiche di pianificazione demografica e dalla Open Society di Geroge Soros, il miliardario secondo il quale è l’idea stessa di famiglia, di parentela, persino di vicinato, che va cambiata, riformulata, affinché tutti i legami tradizionali diventino più “aperti”, più liquidi, più laschi. L’hanno inventata alcuni ricercatori, dunque, la pillola, o gli gnostici moderni, i grandi sostenitori del controllo demografico di massa, i media progressisti, compiacenti ed abili nell’usare eufemismi, nel nascondere verità, nel pilotare l’opinione pubblica? (Il Foglio, 5 agosto 2009)