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La situazione della Chiesa in Francia
Di Rassegna Stampa - 21/07/2009 - Religione - 2148 visite - 0 commenti

Francisco José Fernández de la Cigoña ha avuto la brillante idea di commissionare a una serie di esperti di vari Paesi – esperti che fanno parte della sua ottima rete di informatori: “La Cigueña de la Torre”, oltre a essere il più seguito fra i blog cattolici spagnoli, è stato il primo in assoluto ad anticipare la revoca delle scomuniche per i quattro vescovi della FSSPX – un report sullo stato della Chiesa in varie nazioni. La prima puntata è dedicata alla Francia.

Di seguito, la nostra traduzione della prima parte. E’ da leggere, per avere un’idea della situazione da bancarotta della Chiesa transalpina. Uno scenario a cui anche noi ci stiamo avvicinando. L’impressione è infatti che l’“eccezionalità” italiana per quanto riguarda la tenuta della Chiesa, di cui si parla spesso, sia più che altro un ritardo di una quindicina d’anni rispetto a quello che, poco più a nord, è già avvenuto. E se là il mondo tradizionalista/carismatico rappresenta in questo momento l'unica ancora, da noi lo stanno diventando sempre più i movimenti. ---

La situazione attuale del cattolicesimo francese presenta due specificità che pesano molto sullo stato dell’episcopato locale:

1) Le 93 diocesi si trovano in una situazione disastrosa: Dal punto di vista dei fedeli: il calo della pratica religiosa, considerevole negli anni ’70, continua in modo inesorabile. I praticanti sono molto scarsi (4% se essere “praticanti” è andare in chiesa una volta al mese) e di età relativamente matura. I giovani e le famiglie numerose – le “forze vive” – si trovano nelle chiese dove sono presenti movimenti (Emmanuel, Frères de Saint-Jean, Communauté Saint-Martin, ecc.) o gruppi tradizionalisti. Gli unici luoghi in cui la pratica religiosa resta accettabile (anche se con un numero di messe inferiore per lo meno di un terzo rispetto agli anni ’60) sono i quartieri borghesi delle città. Il cattolicesimo francese postconciliare è borghese, avendo perso essenzialmente la popolazione rurale, raggiunta dal modernismo massificante. Di conseguenza le finanze diocesane si sono oltremodo impoverite (con casi di vero e proprio fallimento, come quello della diocesi di Montpellier, che non riusciva a pagare lo stipendio ai propri sacerdoti).

In Francia, dopo la separazione tra Stato e Chiesa, il clero vive solamente di ciò che donano i fedeli (offerte durante la messa, offerte per far celebrare messe per i defunti, eredità). Però i soldi delle messe per i defunti sono calati drasticamente e i lasciti ereditari, che costituivano la fonte di introiti più importante per le diocesi e gli ordini religiosi, sono in pratica scomparsi. Beneficiano di essi solo i movimenti e gruppi tradizionalisti. D’altra parte le spese sono aumentate in modo considerevolissimo (scomparsa di quel personale a costo zero che erano le religiose, necessità di interventi costosi per la manutenzione degli edifici, come impone la normativa vigente) per cui, a parte Parigi, il capitale immobiliare si scioglie come neve al sole. I sacerdoti diocesani sono solo 15.000 e l’età media supera i 75 anni.

Ogni anni se ne perdono 800, dal momento che ne vengono ordinati 100 mentre 900 muoiono o abbandonano. In alcune diocesi (Digne: 25 sacerdoti, Nevers: 38, Auch, Saint Claude, Gap, Pamiers, ecc.) tra dieci anni i sacerdoti in attività saranno una decina, a dire molto. Attualmente le parrocchie vengono raggruppate in “aggregazioni parrocchiali” (non è strano che un unico prete debba servire dieci, venti o anche quaranta chiese, con un aiuto minimo da parte dei fedeli e con celebrazioni senza sacerdote chiamate ADAP [Assemblées dominicales en l'absence de prêtre ndt], specialmente funerali, affidate in larga parte a semplici laici. Nimes, per fare l’esempio di una diocesi di media grandezza, ha solamente 107 sacerdoti in attività, con un’età media elevata. I seminaristi: erano 4536 nel 1966, 784 nel 2005, 756 nel 2007 e 740 nel 2008.

Diocesi come Pamiers, Belfort, Agen, Perpignan ecc non hanno nessun seminarista. Ordinazioni: dopo la caduta brutale negli anni successivi al Concilio (825 ordinazioni nel 1956 e 99 nel 1977) ce ne sono state 90 nel 2004, 98 nel 2005, 94 nel 2006, 101 nel 2007 e 98 nel 2008. I seminari sono per la maggior parte di impostazione “classica” e circa un quarto dei seminaristi è vicino al mondo tradizionalista. Molte delle vocazioni provengono dagli Scouts d’Europa diventati i rivali di “destra” degli Scouts di Francia. Quella che era considerata l’eccezione parigina sta svanendo. Esisteva negli anni ’80 e fino agli inizi degli anni ’90, grazie alla congiunzione di due carismi, quello di Giovanni Paolo II e del cardinale Lustiger. Il clero era più giovane, più numeroso e le finanze prospere. Il numero dei seminaristi arrivava a 100. Oggi il numero dei sacerdoti scende pericolosamente, sono scomparsi i lasciti ereditari e si contano 52 seminaristi.

Le ordinazioni a Parigi sono state 10 quest’anno (di cui due sacerdoti della comunità Emmanuel), se ne prevedono 7 per il 2010 e 4 per il 2011. Di fatto, la maggioranza delle diocesi francesi, se fossero amministrazioni apostoliche in “Paesi di missione”, non avrebbero il numero di sacerdoti sufficiente per essere erette in diocesi. Logicamente un terzo delle stesse è destinato a scomparire, tramite raggruppamenti, nei prossimi 15 anni.

 2)

Il tradizionalismo ha un peso rilevante. Con 388 luoghi di culto domenicali, cioè più di quattro per diocesi (204 “autorizzati” e 184 della Fraternità Sacerdotale di San Pio X) la sensibilità tridentina, considerata in tutte le sue declinazioni, rappresenta l’equivalente di due diocesi di media importanza. Oltre ai luoghi di culto, il mondo tradizionalista possiede una rete di scuole – non sovvenzionate dallo Stato – che sono un vivaio di vocazioni. I sacerdoti che celebrano secondo il rito di san Pio V sono tra 250 e 300 (150 della FSSPX), di età media molto inferiore a quella degli altri sacerdoti in attività. I seminaristi che seguono il rito antico erano 160 (una quarantina della FSSPX) nel 2008-2009 a fronte di 740 seminaristi diocesani. In uno o due anni 1 seminarista su 4 sarà “secondo il rito straordinario”. Ordinazioni: nel 2009 sono stati ordinati secondo il rito straordinario 15 sacerdoti (di cui 6 FSSPX). Il “tasso di fecondità sacerdotale” del mondo tradizionalista è identico a quello del cattolicesimo francese anteriore al Concilio.

L’eccezione di Frejus-Toulon: il vescovo, monsignor Dominique Rey, che proviene dalla comunità Emmanuel, approfittando anche del fatto che i suoi due predecessori - monsignor Barthe e monsignor Madec - erano vescovi assai “classici”, sta tentando di realizzare una certa fusione tra il mondo tradizionalista e quello del nuove comunità (in genere carismatiche, ndt), che arrivano da tutto il mondo e specialmente dal Brasile. In questo modo è riuscito a far sì che la sua diocesi sia una delle meglio provviste di preti (uno per ogni parrocchia o uno ogni due), si ritrova con 80 seminaristi (più di un decimo dell’insieme dei seminaristi francesi), di cui una decina seguono il rito straordinario. Per quanto riguarda la vita religiosa, è assai aumentato il numero delle comunità presenti, che vanno dal carismatismo più sfrenato al tradizionalismo più rigido. (dal sito: http://wxre.splinder.com/post/20989907/cosa+resta+del+cattolicesimo+f )

 
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