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Giorgio Grigolli è un uomo politico importante, che ha fatto anche il presidente della Provincia negli anni della Dc. Da alcuni anni la sua passione è la bioetica: scrive a getto continuo, in prima pagina su l'Adige o sulla pagina delle lettere di Vitatrentina.
La posizione è un po' monocorde: rampogna di volta in volta Ruini, il papa, la Chiesa, e poi giù con dotte citazioni, soprattutto da Repubblica, nuovo vangelo dei cattolici progressisti. Non voglio dire nulla sul merito delle argomentazioni, che trovo però, francamente, spesso superficiali e manchevoli. Solo una notazione: lo stile non è dei più brillanti. Nel senso che non si capisce quasi nulla.
Per cui oggi, leggendo l'ennesimo intervento grigolliano in materia di religione, mi sono detto: visto che anche stavolta capisco poco, stai a vedere che pure in passato ho capito male, ho frainteso. Chissà che invece Grigolli non sia un intrepido difensore del diritto naturale, e che Repubblica sia, non il suo vangelo, ma il suo bersaglio! In verità, però, ho le idee ancora confuse.
Di seguito riporto l'incipit dell'articolo comparso oggi su l'Adige: qualcuno mi dirà se è il sottoscritto a non saper leggere o il Grigolli ad essere quantomeno fumoso e contorto:
"Poche volte un’enciclica papale aveva richiamato tanto accostamento di reverenze. Talvolta persino sincere. Si dice “Caritas in veritate”, ora emessa (sic) da Benedetto XVI. Anche compassate degnazioni dai versanti del G8.”...