Diventa socio
Sostieni la nostra attività Contatti

 

Cerca per parola chiave
 

 

Autori

 

Ci sono 3400 persone collegate

 

\\ Home Page articoli : Articolo
Non sarò Clemente.
Di Rassegna Stampa - 12/07/2009 - Politica - 1227 visite - 0 commenti

«Vaso di coccio tra vasi di ferro»: così si descrive Clemente Mastella. Stanco di esse­re additato come il simbolo di una politica deteriore, il neoeletto del Pdl ha scritto le sue memorie, Non sarò Clemente (in uscita da Rizzoli).

Una galleria di ritratti, magi­stralmente messi in fila dal coautore Marco Demarco. Da Moro a D’Alema, da De Mita a Berlusconi. Compreso Ratzinger, che rega­la a Mastella la soddisfazione più grande: «Mi schierai per il no ai Dico, le unioni tra omosessuali. Prodi arrivò a minacciare con­seguenze sulla mia permanenza al gover­no: 'O firmi anche tu per i Dico, o te ne vai'. Tenni duro.

E un giorno mi arrivò una telefonata dal Vaticano. Mi passarono la se­greteria del Santo Padre. Subodorai uno scherzo, e quando sentii quella voce dall’ac­cento teutonico pensai a Fiorello. Ma poi mi convinsi che era davvero il Papa. Voleva esprimermi il suo apprezzamento per la mia posizione». Con il Cavaliere la prima volta fu nell’87, in piazza del Gesù: «La Dc chiamò proprio lui a occuparsi, insieme con altri, della pro­paganda. Ci riunimmo in tre: De Mita, Ber­lusconi e io».

Ma i consigli del re delle tv non persuadono il segretario: «Cleme’, ma chi mi hai portato?». Sette anni dopo, nel ’94, è Mastella ad andare ad Arcore, con Ca­sini: «L’unico che rideva a tutte le barzellet­te di Berlusconi. A me, ma anche a D’Ono­frio e a Confalonieri, capita di apprezzarne al massimo tre o quattro a serata; lui no, Berlusconi raccontava e il bel Pier riusciva a ridere disinvoltamente dieci volte su die­ci. Comunque sia, andammo ad Arcore. Da Linate, centomila lire di taxi. Vista la nota riluttanza di Casini per i conti da saldare, pagai io, naturalmente...».

Berlusconi non voleva Mastella ministro. «Fu Bossi a insi­stere. Fece questo ragionamento: noi sia­mo un governo di centrodestra, il sindaca­to si scatenerà; meglio affidare il ministero del Lavoro a un ex democristiano».

De Mita fu un padre padrone: «Ero il por­tavoce, ma in tv doveva apparire solo lui. Durante le direzioni Dc, quando arrivavano le telecamere dovevo abbassarmi o nascon­dermi dietro le scrivanie per non farmi ri­prendere. Una volta citai Claudio Baglioni in un discorso del segretario sugli anziani: 'I vecchi sulle panchine dei giardini/ suc­chiano fili d’aria a un vento di ricordi...'. De Mita mi chiese se ero impazzito. Lui, per alleggerire i discorsi, al massimo citava Bu­nuel». Cossiga? «Il più intelligente dei de­mocristiani, colto quasi al pari di Moro, di cui però non aveva la sensibilità e la capaci­tà di comprendere lo spirito dei tempi».

Ga­va? «Si faceva baciare l’anello e riceveva av­volto nella nuvola di fumo del suo sigaro. Ma oggi l’erede del laurismo è Bassolino». Pannella? «Mi querelò perché dissi in tv che gozzovigliava nei villaggi vacanze du­rante il suo sciopero della fame in Africa; ma avevo un testimone, il direttore del vil­laggio».

Andreotti? «Il migliore dei media­tori tra i cittadini e lo Stato. Casini e io fum­mo i soli ad assistere alla prima udienza del processo di Palermo. La sera, in albergo, stavamo per decidere di rinunciare. Telefo­nai a Sandra. Mi disse: 'Passami Pier'. Po­chi minuti e Casini cambiò idea: 'Sandra ha ragione, non possiamo più tirarci indie­tro' ».

Sulla sua vicenda giudiziaria e sulla cadu­ta di Prodi, Mastella ripete quanto raccontò un anno fa al Corriere: «Feci come il casto­ro citato da Gramsci. Un tempo il castoro era molto ricercato dai cacciatori, perché dai suoi testicoli si ricavava una sostanza ritenuta miracolosa. Così, quando si senti­va braccato, se li strappava e li gettava ai cacciatori, per aver salva la vita. Anch’io, braccato, mi sono tagliato i testicoli; e ho lasciato il ministero della Giustizia».

La tesi di Mastella è che su di lui, cerniera tra i due schieramenti e anello debole dell’Unione, si sia concentrata ogni sorta di malevolen­za, a cominciare da quella dei magistrati ­punta di lancia De Magistris, regista Di Pie­tro - contrari alla sua riforma della giusti­zia. L’ex ministro spiega con la teoria della persecuzione anche le foto che lo ritraeva­no a bordo dell’aereo di Stato, diretto verso il Gran Premio di Monza: «L’aereo era lì per il vicepresidente del Consiglio. Ma Rutelli nelle foto non c’era. C’ero solo io, con mio figlio». Quanto a Prodi, «da presidente del­­l’Iri fu interrogato da Di Pietro: probabil­mente da lì è nata quella soggezione nei confronti dell’ex pm; una soggezione visibi­le a ogni occasione, a ogni riunione del con­siglio dei ministri».

A volere Prodi all’Iri, scrive Mastella, era stato De Mita, «che ben presto cominciò a diffidare di lui. Romano, così almeno mi diceva, gli sembrava più di­sponibile alle sollecitazioni di Craxi e di An­dreotti che alle sue. E’ probabile che Prodi abbia trasferito su di me la sua speculare sfiducia nei confronti di De Mita». Il periodo nel centrosinistra è il più bur­rascoso. Da D’Alema che lo convoca a Palaz­zo Chigi - «Clemente, qui gira la notizia di una banca americana che avrebbe messo sul tuo conto cinquanta milioni di euro» ­alla tormentata partecipazione alle prima­rie dell’Ulivo: «Gli elettori si muovevano in gruppo, spesso spostandosi su piccoli bus. Saltavano da paese a paese, da quartiere a quartiere, e ogni volta votavano. Ci credo che i registri con gli elenchi non sono mai saltati fuori».

Ma sono mille le storie di un personaggio che conquista Moro spedendo la prima confezione di quei dolcetti ormai noti come «mastellini», arriva vergine a 28 anni ma al referendum sul divorzio tradi­sce le consegne della Chiesa e si astiene, battezza di persona con la saliva il figlio Pel­legrino che pare in punto di morte per la febbre altissima, riceve i clientes di Ceppa­loni anche all’alba, si tormenta consultan­do i blog «dementemastella», «mastellatio­dio », «mastellacadente» e «mastellainpa­stella », respinge «una giornalista famosa che tentò di sedurmi e poi andò a dire in giro che ero gay», porta per la prima volta Baudo, Elisabetta Gardini ed Enrica Bonac­corti ai congressi Dc, rivendica di aver avu­to un ruolo nell’elezione di Cossiga al Quiri­nale («nel voto preliminare dei parlamenta­ri Dc ebbe il 60% dei voti, ma io diedi la no­tizia che aveva avuto l’80») e nell’assunzio­ne di David Sassoli in Rai, di essersi occupa­to di Cocciolone abbattuto in Iraq, di aver fatto votare per una volta Dc la Carrà «co­munista da sempre»... (Corriere della sera, Aldo Cazzullo 16 giugno 2009 )

 
Nessun commento trovato.

I commenti sono disabilitati.