Diventa socio
Sostieni la nostra attivitą Contatti

 

Cerca per parola chiave
 

 

Autori

 

Ci sono 2299 persone collegate

 

\\ Home Page articoli : Articolo
I nemici della famiglia nella nostra storia
Di Francesco Agnoli - 20/06/2009 - Storia - 2562 visite - 0 commenti

Per capire l'attuale avversione nei confronti della famiglia, dobbiamo andare nel lontano passato, e trovare una delle prime ipotesi comuniste e dobbiamo guardare alla famosa Repubblica di Platone.

Siamo nella Grecia antica e un grande filosofo in una sua opera un po' forse anomala rispetto al resto della sua produzione afferma la necessità del comunismo dei beni. Accanto al comunismo dei beni propone anche il comunismo di donne e di figli, affermando in questo modo la negazione della famiglia tradizionale, la negazione di un rapporto stabile, la negazione di un amore per sempre tra un uomo e una donna. I figli di queste coppie, o meglio di questi accoppiamenti, sono allevati insieme, allattati dalle madri che però hanno solo questa funzione prettamente biologica, in quanto non se ne curano e non li considerano come propri figli. Infatti vengono educati in asili pubblici da puericultrici professioniste, in comunità totale, senza l'influenza dei genitori. Un ideale di questo tipo rimane evidentemente inascoltato perché la natura dell'uomo è totalmente diversa.

Una concezione simile si ritroverà soltanto nei primi secoli del Cristianesimo, all'interno delle sette dei primi secoli che si oppongono alla concezione della famiglia tradizionale che è stata ancor maggiormente consacrata dal Cristianesimo, il quale afferma l'importanza della famiglia come cellula prima della società, come istituzione naturale che va in qualche modo tutelata, riconosciuta e stimolata in ogni modo perché è il luogo privilegiato degli affetti.

Dopo le sette eretiche dei primi secoli, vi sono le sette gnostiche intorno al XI - XII secolo che propongono anch'esse la distruzione della famiglia attraverso la rinuncia all'accoppiamento sessuale e non disdegnano invece talora l'accoppiamento omosessuale che avrebbe il vantaggio di non generare figli.

Arriva poi Tommaso Campanella, un domenicano apostata, che nella sua famosa opera intitolata La città del sole propone il modello ideale di società: abolizione della proprietà privata, di qualsiasi proprietà privata e anche della famiglia intesa come proprietà privata degli affetti.

Dire: "questo è mio marito"; " questa è mia moglie" o "questo è mio figlio" significherebbe, per Campanella, in qualche modo, affermare un egoismo. Non si tratterebbe cioè di una elezione preferenziale naturale, di un rapporto di amore particolare ma, ripeto, di egoismo.

Ecco che per Campanella dunque al comunismo di beni si affianca il comunismo di donne ed ancora una volta uno statalismo assoluto perché ci dev'essere un ministro dell'amore che stabilisce addirittura le ore e i momenti dell' accoppiamento sessuale, destinato soltanto a mantenere la specie, ma non a generare una famiglia ed una unità affettiva.

Parlando di questi abitanti straordinari, secondo lui, della città del Sole Campanella scrive " dicono essi che tutta la proprietà nasce dalla casa appartata, da figli e moglie propri, onde nasce l'amor proprio e cioè l'egoismo". Famiglia e proprietà indurrebbero per la stessa logica a comportamenti egoistici, aggressivi, difensivi tali da contrapporre l'individuo alla società intera. La famiglia non è la prima cellula della società, non è la prima società che dà vita alla società in senso lato, ma è, per Campanella, il nemico della società.

Questa linea filosofica che da Platone giunge a Campanella esplode con l'Illuminismo, che è il caposaldo del pensiero di sinistra. Occorre partire dal filosofo ginevrino J.J. Rousseau, allorchè condanna la nascita della proprietà. Codesto scrittore di filosofia e pedagogia, che abbandona i suoi figli all'orfanotrofio, è in qualche modo il padre spirituale di una serie di filosofi che riprenderanno fondamentalmente sempre lo stesso concetto, il comunismo di beni e il comunismo di affetti, influenzando profondamente il primo partito di sinistra propriamente detto, il partito giacobino, e, nel 1796, la rivoluzione comunista degli Eguali di Babeuf e Buonarroti.

Nel suo Codice della natura Morelly espone l'idea di una società originaria, giusta, pura, naturale, in cui nessuno può dire di avere un suo campo, moglie e figli, e in cui i figli vengono appunto adottati dallo Stato, uguali perché uniformi nell'educazione e quindi nell'aspetto, nei pensieri, nei comportamenti.

Considerazioni quasi identiche le troviamo ne Il Vero sistema di Dom Deschamps, in cui, coerentemente, insieme all'abolizione della famiglia, viene prospettata la liceità dell'incesto. Questo non è più considerato qualcosa di abominevole, al punto che il roussoiano Restif de la Bretonne la mette in pratica con le proprie figlie.

Ma passiamo al celeberrimo enciclopedista Diderot (nella foto) il quale nel suo Supplement, parla di un'isola che per lui diventa mitica, l' isola di Tahiti, ed afferma che gli abitanti di quest'isola sono molto migliori di noi occidentali in quanto, oltre a non avere proprietà privata, sono sessualmente liberi, senza né imbarazzi nè sensi di colpa.

Da loro è lecito l’incesto, la procreazione matrimoniale, il comunismo di donne, il comunismo dei figli, al punto addirittura che quando uno straniero arriva sull’isola di Thaiti il padre gli offre un rapporto con la figlia. Non esistono dunque né famiglia, né matrimonio e queste genti sarebbero, secondo Diderot, felici e contente.

Arriviamo alla Sinistra più moderna, all’epoca più moderna, alla concezione comunista di Marx e di Engels (1848, il Manifesto del Partito Comunista). Per Marx si parla di struttura economica. La realtà è solamente materia ed è solamente economia, l’uomo è homo oeconomicus. Per cui se c’è una determinata struttura economica, un determinato rapporto di produzione, un determinato rapporto datore-lavoratore ecc. ci saranno corrispondenti sovrastrutture, cioé differenti forme di famiglia, differenti religioni, differenti modalità di espressione artistica. Cambiando la struttura economica, cambia anche la sovrastruttura.

Allora, oggi come oggi, dice Marx, esiste la "famiglia borghese", non la famiglia. Esiste la famiglia borghese, cioè, ad una marcia struttura economica borghese corrisponde una sovrastruttura famiglia borghese, una famiglia ingiusta che deriva da un modo ingiusto di intendere l’economia. Quindi la famiglia composta di madre, di padre e di figli non è un istituto naturale, assolutamente, ma è semmai un portato della storia, un istituto culturale. Oggi è così ma ieri non era così e domani, per fortuna, non sarà così.

Quando la struttura economica non sarà più quella borghese, ma sarà quella più giusta, cioé la struttura proletaria o comunista, evidentemente scomparirà la proprietà privata dei beni e scomparirà anche la proprietà privata degli affetti. L'emancipazione economica porterà con sé l'emancipazione dalla famiglia, prigione dell'uomo, o meglio, della donna e dei figli (in un'ottica di lotta di classe il padre è la borghesia, moglie e figli il proletariato succube e sottomesso).

Anche Marx lascia benissimo capire di essere in qualche modo anche lui per la comunità di beni e di donne, tant’è vero che l’ultimissimo stadio del comunismo, dopo la statolatria, lo statalismo di tutto (anche i figli allo stato, come nell'antica Sparta), è l’anarchia.

Se vogliamo quindi fare il paragone con i pensatori precedenti possiamo anche dire che evidentemente, dal momento che i figli non sono più figli di qualcuno ma sono un bene di tutti, in comune, ecco che lo Stato si prende il compito di educarli e così vediamo quello che succederà nel ‘900 quando il nazional-socialismo e il comunismo attueranno il più possibile queste follie terribili, espropriando i figli alle famiglie con la scuola pubblica a durata continua, con le parate, le cerimonie ed in qualche modo rendendo i figli appunto un bene dello Stato (che può sterilizzare, selezionare, sperimentare, espropriare… sia nella Germania nazional-socialista che nella Russia del "socialismo reale").

Scriveva lo staliniano Preobrazenskij: “Dal punto di vista socialista non ha senso che un membro della società consideri il proprio corpo come una sua proprietà privata inoppugnabile, perché l’individuo non è che un punto di passaggio tra il passato e il futuro”, tanto che alla società spetta “il diritto totale e incondizionato di intervenire con le sue regole fin nella vita sessuale, per migliorare la razza con la selezione naturale”.

Ma veniamo più all’attualità. Nell’elaborazione culturale del Sessantotto anche la famiglia diventa un’istituzione oppressiva, una “camera a gas”, una gabbia soffocante, una maledizione culturale, non naturale, da sconfiggere.

Parlando dell’ “energica liberazione sessuale” portata dal movimento del ‘68, Rossana Rossanda afferma che fin da un convegno del ‘64 apparve chiaro, a lei e compagni, “che un movimento comunista deve battersi per la fine della famiglia” (“Cinque lezioni sul ‘68”, supplemento al n. 34 di Rossoscuola, Torino ’87).

Lidia Ravera, giornalista dell’Unità e autrice di un best seller di quegli anni, “Porci con le ali”, scrive: “ricordo di aver preso la parola in un seminario contro la famiglia” (Sette, n.15, 1998). “Non siamo figli, scrivono i provos milanesi nel 1966, né padri di nessuno, siamo uomini che non vogliono credere in niente e a nessuno; senza dio, senza legge, senza famiglia, senza patria, senza religione, senza legge….” (M. Flores, “Il sessantotto”, Il mulino).

Le femministe ripetono invece concetti di questo tipo: “Verginità, fedeltà, castità, non sono virtù, ma vincoli per costruire e mantenere la famiglia…siamo contro la famiglia” (Carla Lanzi, “Rivolta femminile”, 1970; vedi in generale: “1968”, Fede & Cultura).

E così, con la forza preponderante dei suoi deputati la sinistra e i liberal-radicali ottengono prima il divorzio e poi l’aborto, due leggi che vengono a cambiare quella che era la struttura tradizionale della famiglia. La famiglia non è più indissolubile. L’amore non è più per sempre, ed il figlio non ha più la sicurezza dei due genitori e quindi, allo stesso tempo, i genitori non sono più dedicati all’amore per il figlio, ma addirittura possono ucciderlo, possono eliminarlo con delle metodiche crudeli, che oggi possiamo benissimo vedere con fotografie inequivocabili. Ma questo non basta. Questo non basta perché non è sufficiente alla Sinistra.

Se la famiglia è qualcosa di non naturale, ma di culturale, non c'è limite al cambiamento, alla destrutturazione: occorre, usando un termine del grande speculatore George Soros, ma anche del mondo new global, "aprire" la famiglia il più possibile, quindi scardinarla il più possibile. Ecco tutte le nuove possibili “famiglie” che si prospettano all’uomo moderno, grazie alla bio- tecnologie. Le bio-tecnologie sono il grimaldello per aprire definitivamente la famiglia.

 
Nessun commento trovato.

I commenti sono disabilitati.