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L’errore peggiore che il popolo pro-life potrebbe commettere, ora che il clima arroventato che ha seguito la morte di Eluana Englaro pare essersi raffreddato, sarebbe abbassare la guardia. Il partito della morte, come l’ha suggestivamente chiamato il premier Berlusconi, continua infatti a tessere la propria macabra trama, e c’è da attendersi, fra non molto, ennesimi scenari di tensione. Per decifrare preventivamente e quindi per meglio prepararsi a contrastare le mosse di Cappato, Veronesi e compagnia, è bene ribadire i trucchi mediatici da costoro già sperimentati -ahinoi - con successo.
Anzitutto, ricordiamo il fin troppo noto abuso dei sondaggi che guarda caso evidenzierebbero tutti plebiscitari consensi verso le pratiche eutanasiche: dal 2002 al 2006 i favorevoli all’eutanasia sarebbero passati dal 46 al 60 % ed oggi, dopo tre drammi umani sbattuti in prima pagina - quelli di Welby, Nuvoli ed Englaro, tre italiani su quattro, ci dice un sondaggio Ipsos del dicembre 2008, dichiarerebbero aperta contrarierà alle posizioni della Chiesa. E’ curioso, al di là di come la si pensi sulla materia, osservare la leggerezza con la quale vengono fatti circolare questi sondaggi, senza precisare, salvo rari casi e mediante caratteri lillipuziani, il metodo di rilevazione, l’entità del campione, l’età media degli intervistati: tutti elementi non solo utili, bensì indispensabili per valutare l’attendibilità di qualsivoglia indagine sociale.
A ciò si aggiunga che sondare i pareri della gente sull’eutanasia è cosa ben diversa dall’investigare ordinarie preferenze politiche, artistiche o sportive. La differenza, oltre che nella serietà del tema in questione, risiede nella sua definizione: che cosa intendiamo per eutanasia? Le percentuali dei sondaggi tanto sbandierati sui giornali non ce lo dicono, ed è un vero peccato perché è proprio nella definizione di cosa sia da intendersi o meno pratica eutanasica che si annida il dilemma etico. Il dizionario Treccani, sulla scia di quanto detto da Giovanni Paolo II, ci ricorda che l’eutanasia è una morte procurata attivamente oppure omissivamente allo scopo di lenire sofferenze ritenute insopportabili.
Ora, uno sguardo anche fugace sul panorama bioetico odierno può farci capire come, in barba ad un giudizio morale che da che mondo è mondo si basa sulle intenzioni del soggetto agente prima ancora che sugli esiti delle sue azioni, sia in atto una deliberata opera di rimozione lessicale dell’eutanasia omissiva, che tende sempre più a passare sotto il ben più generico appellativo di “rifiuto delle terapie”. Che questo rifiuto delle terapie sia richiesto prima o durante la somministrazione delle medesime, e che la sospensione di queste possa procurare il decesso immediato del paziente, ai novelli paladini dell’autodeterminazione non interessa. Abusando dell’espressione “libertà di scelta”, o addirittura adorandola con incrollabile devozione, costoro paiono interessati solo a far rispettare le volontà dell’individuo, persino quando queste, come accaduto per Eluana, non sono mai state espressamente formulate: la volontà prima di tutto ad ogni costo, anche della vita altrui.
Dopo l’abuso di sondaggi ambigui e la deformazione del linguaggio, il partito della morte italiano, che pure ama identificarsi come laico, si serve di un ultimo trucco: l’idolatria della Costituzione, e precisamente della seconda parte del suo trentaduesimo articolo; poco importa che la Costituzione l’abbiano scritta, per quanto ispirati, esseri umani come miliardi di altri, poco importa che costoro abbiano ideato l’articolo 32 pensando a campi di sterminio nazionalsocialisti e non certo alle suore di Lecco che accudivano Eluana. Deve far riflettere, oltre al culto della norma positiva, l’uso sistematico della menzogna, anche ad opera di personaggi autorevoli; dopo la morte di Eluana Englaro fior di magistrati, intervistati alla televisione, hanno commentato il decreto emesso dalla Corte d’Appello di Milano definendolo sentenza “passata in giudicato”, ben sapendo che qualunque studente di giurisprudenza dicesse una simile corbelleria andrebbe incontro ad una sonora derisione da parte dei colleghi, prima ancora che dei suoi docenti.
Ultimo ma non meno importante, è quello che potremmo chiamare il “trucco del nemico immaginario”. Per rinvigorire argomenti già deboli in partenza, e rafforzati solo dall’uso sistematico e consapevole della menzogna, i sostenitori della dolce morte orientano le proprie arringhe contro un nemico ben preciso: la Chiesa cattolica, incautamente identificata ora nel Vaticano ora nella Conferenza episcopale italiana, come se le due fossero entità identiche ed intercambiabili. Non vale nemmeno la pena soffermarsi sull’insensatezza di questa affermazione, ci limitiamo a ricordare che nello Stato italiano, così minacciato nella sua laicità, sono state approvate, per stare alla bioetica, almeno due leggi inique e avverse ai dettami della Chiesa (ma anche della legge naturale) come la 194 e la 40. Davvero curioso che ciò sia avvenuto proprio qui, proprio da noi, dove i parlamentari, secondo quanto riferisce la cosiddetta grande stampa, vivrebbero quasi ostaggi del Santo Padre e delle sue talpe.