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RESPINGIMENTO DI EXTRACOMUNITARI E RISPETTO DELLA LEGGE
Di Libertą e Persona - 19/05/2009 - Politica - 1189 visite - 0 commenti

Ci scrive l'avvocato e docente Andrea Di Francia:

Come spesso accade, la crassa ignoranza della legge consente, ai personaggi più in vista, o ritenuti tali, le più disparate e, talvolta, infondate, spesso immotivate, quasi sempre errate affermazioni.

Così sta accadendo per il respingimento degli stranieri extracomunitari, generandosi grande confusione tra doveri di accoglienza cristiana e doveri di accoglienza dello Stato. Si grida allo scandalo senza indicare la legge violata e senza che le persone siano messe in grado di valutare la fondatezza o meno delle esternazioni, costrette a recepirle solo in base all’ “autorità” della persona da cui esse provengono. Sia ben chiaro: è giusto che il Papa condanni il respingimento dei barconi: il principio di aiuto fraterno, di accoglienza, di solidarietà, di comunione, di amare gli altri come se stessi, è uno dei fondamentali cardini della religione cattolica. Ovvia, quindi, la considerazione del Papa.

Ma, gli organi istituzionali dello Stato, le Forze dell’ordine, i cittadini, sono tenuti egualmente ad uniformarsi a tali principi? Oppure devono obbedienza alle leggi dello Stato? In via teorica, la risposta sarebbe scontata. Ma, prese dai mille problemi della quotidianità, le persone non si pongono il dilemma, né potrebbero porselo, dal momento che: a) non conoscono la legge che; b) non viene loro neppure indicata, né, c) generalmente, hanno concreta possibilità di acquisirne, autonomamente, la conoscenza. Le persone sono, dunque, costrette, loro malgrado, ad affidarsi all’ “autorità” di chi “afferma”. Ritengo, perciò, sia dovere civico dello studioso del diritto dell’immigrazione, offrire un modesto contributo di conoscenza per consentire di valutare la fondatezza o meno –sempre e solo dal punto di vista giuridico - delle altrui affermazioni. Per fare ciò, si rende, tuttavia, indispensabile il contributo della Stampa , non sempre disposta, come è noto, a consentire siffatte conoscenze.

 La condizione giuridica dello straniero extracomunitario in Italia è disciplinata dal Testo Unico (T.U.) 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni ed integrazioni. La politica dell’immigrazione è contenuta nel documento programmatico ed il decreto flussi, il quale, tra l’altro:

a) traccia le linee ed i principi della “politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato”;

b) indica “le azioni e gli interventi che lo Stato italiano, anche in cooperazione con gli Stati membri dell’Unione europea, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si propone di svolgere in materia di immigrazione, anche mediante la conclusione di accordi con i Paesi di origine”;

c) individua “i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso” in Italia; d) delinea “gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l’inserimento sociale e l’integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purchè non confliggenti con l’ordinamento giuridico”;

e) prevede “ogni possibile strumento per un positivo reinserimento nel Paesi di origine” (art. 3 T.U.). La disciplina giuridica dell’ingresso e del soggiorno dello straniero in Italia, si snoda, sul piano sociale, tra due opposte concezioni: l’una, di protezione del cittadino nei confronti dello straniero, in quanto non-cittadino; l’altra, di tutela dell’uomo in quanto tale.

Sul piano eminentemente giuridico, non par dubbio che sia da condividere la prima concezione: l’art. 10 della Costituzione, ad esempio, demanda la disciplina della condizione giuridica dello straniero alla legge “in conformità delle norme e dei trattati internazionali”; disposizione, questa, che non avrebbe alcun significato concreto, se fosse da riconoscere, ai non-cittadini, eguaglianza tout court dei diritti riconosciuti ai cittadini. Al riguardo si è fatto osservare che, nell’ipotesi di ingresso illegale di una moltitudine di stranieri, disperati e senza lavoro, non solo si presenterebbero gravi problemi di sicurezza pubblica, con incremento di reati e di criminalità, ma potrebbero anche sorgere difficoltà di reperimento di risorse finanziarie per la realizzazione dei diritti sociali dei cittadini.

Si è detto che, “se milioni e milioni di stranieri potessero venire in Italia ed avere diritto al lavoro, alla tutela della salute, all’abitazione, ecc., ciò comporterebbe una netta menomazione nel godimento di detti diritti da parte dei cittadini” (Gemma, Libertà degli stranieri nel rispetto della legalità). In questa direzione è orientata anche la Corte Costituzionale che nega allo straniero “una posizione di libertà in ordine all’ingresso ed alla permanenza nel territorio italiano”. Lo straniero extracomunitario non è, dunque, titolare di un diritto di ingresso nel territorio italiano, ma soltanto di una libertà di circolazione all’interno dello stesso, ove regolarmente entrato e sempre che lo Stato non abbia ritenuto di adottare nei suoi confronti restrizioni maggiori di quelle previste per il cittadino.

Ciò non esclude che, in particolari situazioni, quali quelle di guerra civile o di aggressioni esterne o gravi violazioni delle libertà democratiche o calamità naturali o altri avvenimenti di particolare gravità, determinanti flussi migratori di massa verso il nostro Paese, lo Stato sia tenuto a predisporre interventi di protezione temporanea, necessari per una tempestiva ed adeguata accoglienza delle popolazioni sfollate.

Occorre, perciò, tenere separate le due ipotesi; quella, cioè, che riguarda l’ingresso in via normale e quelle che riguarda l’accoglienza agli sfollati.

In via generale, possono fare ingresso nel territorio dello Stato soltanto gli extracomunitari che:

1.- siano in possesso di un:

a) passaporto valido o documento equipollente;

b) visto di ingresso, salvi i casi di esenzione (es. soggiorni di breve durata di motivi turistici, invito a gare sportive, ecc.);

2.- dimostrino:

c) di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno;

d) di avere la disponibilità di mezzi di sussistenza (definiti con apposita direttiva dal Ministero dell’interno), sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il rientro nel Paese di provenienza;

e) di disporre di un alloggio idoneo, salvi i casi particolari;

 f) di rispettare gli adempimenti e le formalità prescritte con il regolamento di attuazione del T.U.

Non è ammesso in Italia, lo straniero che:

a) non soddisfi i predetti requisiti anche a livello solo potenziale; b) sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o c) risulti condannato per i previsti gravi reati. Nei suddetti casi, l’autorità diplomatica o consolare comunica allo straniero, con provvedimento scritto, il diniego del visto di ingresso, contenente l’indicazione delle modalità di eventuale impugnazione. Entro il termine di otto giorni lavorativi dall’ingresso nel territorio dello Stato, lo straniero deve presentare richiesta di permesso di soggiorno al Questore della provincia nella quale lo straniero intende soggiornare, ovvero allo Sportello unico in caso di ricongiungimento familiare ed in caso di ingresso per lavoro dipendente.

L’ignoranza della legge è stata ritenuta inescusabile dalla Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 2206 del 2004). Il diritto di asilo è disciplinato dal decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85 (che riguarda gli sfollati) e dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140 ( concernente i rifugiati). E’ necessaria una espressa richiesta da parte dell’interessato, sulla quale la Questura deve provvedere entro un termine non superiore a 15 giorni dalla presentazione. Nello stesso termine, la Questura deve informare sulle condizioni di accoglienza del richiedente asilo, con la consegna all’interessato di un opuscolo relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.

 In tale opuscolo sono spiegati:

a) le fasi per la procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato;

b) i principali diritti e doveri del richiedente asilo durante la sua permanenza in Italia;

c) le prestazioni sanitarie di accoglienza e le modalità per richiederle;

d) l’indirizzo ed il recapito telefonico dell’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e delle principali organizzazioni di tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo;

e) le modalità di iscrizione del minore alla scuola dell’obbligo, l’accesso ai servizi finalizzati all’accoglienza del richiedente asilo, sprovvisto di mezzi di sostentamento, erogati dall’ente locale, le modalità di accesso ai corsi di formazione e riqualificazione professionale, la cui durata non può essere superiore alla durata della validità del permesso di soggiorno. Dicano, quindi, gli assertori dell’accoglienza indiscriminata, quale norma di legge interna e/o internazionale sia stata violata dal Governo nel respingimento dei barconi di extracomunitari. A mio avviso, nessuna! (Avv. Prof. Andrea Di Francia)

 

 

Rispondo molto volentieri al cortese lettore (anonimo), ringraziandolo per l’attenzione prestata.

1.- Mi si chiede se, con il respingimento adottato, si sia violato o meno l’art. 2 della Costituzione italiana, per il quale “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”.

La risposta è assolutamente negativa: il respingimento non viola questo fondamentale principio della nostra Costituzione.

Ciò in quanto:

1.- per essere tale, ogni diritto deve essere previsto da una norma giuridica.

2.- L’art. 10 della nostra Costituzione dispone che: “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” (comma 1).

“La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali” (comma 2).-

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge” (comma 3).

3.- I diritti inviolabili dell’uomo sono proclamati dalla relativa “Dichiarazione universale”, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 10 dicembre 1948. L’art. 14, comma 1 di tale Dichiarazione dispone che “ ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”.

4.-  In base a queste norme, ha diritto di ingresso nel nostro territorio soltanto chi è titolare del diritto di asilo e non qualsiasi straniero. La titolarità del diritto di asilo implica la sussistenza (accertata) dei presupposti richiesti dal decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85 (per gli sfollati) e dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140 (per i rifugiati). Il primo presupposto è quello della richiesta da parte dell’interessato, il quale è tenuto anche a dimostrare di essere in possesso anche degli altri requisiti. Questo vuol dire rispettare la legge!

5.- Spesso si fa una grande confusione tra principi morali, etici, religiosi, umanitari, ecc. e legge. La legge non è il precipitato di quei principi.

 

6.- L’Autore dell’articolo cui il lettore fa riferimento possiede, evidentemente, non comuni capacità divinatorie se, in mancanza di richiesta esplicita da parte dei singoli interessati e di correlativo accertamento dei requisiti di legge da parte della competente Autorità, abbia potuto affermare che “l’Italia ha respinto almeno un centinaio di persone alle quali la nostra Costituzione garantiva il soccorso”. Ed è per evitare siffatte immotivate e giuridicamente errate affermazioni che ho avvertito il dovere di intervenire in materia.

 
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