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Cambia l’esame di maturità. Ma la qualità della scuola dipende dagli insegnanti
Di Gianburrasca - 20/12/2006 - Scuola educazione - 1943 visite - 0 commenti

E’ un silenzio assordante quello con cui il mondo della scuola – gli studenti, gli insegnanti, i dirigenti, i genitori – sembra aver accolto la riforma dell’esame di maturità, introdotta con una legge che ha ottenuto il voto favorevole dalla Camera (275 sì e 220 no) e la cui entrata in vigore è in parte prevista già nel 2007.

I cambiamenti

Tra le novità previste dal provvedimento, c'è il ritorno della commissione mista d'esame, composta da non più di sei membri, per metà professori interni e per metà esterni.

I docenti esterni non potranno appartenere allo stesso distretto scolastico dell'istituto, per garantire un esame più rigoroso. I commissari potranno invece gestire al massimo solo due commissioni. Torna anche lo scrutinio di accesso agli esami: sarà necessario aver superato tutti i debiti accumulati negli anni per poter sostenere la maturità. Lo sbarramento all'accesso, comunque, non entrerà in vigore quest'anno, come spiegano le disposizioni transitorie e finali del testo. I maturandi del 2007 non rientreranno neanche nella nuova distribuzione dei punti: 25 di credito scolastico (ora sono 20), 45 per le prove scritte, 30 per l'orale, 5 di bonus, la lode per chi ottiene il 100.

Saranno ammessi solo «gli alunni delle scuole parificate nelle quali continuano a funzionare corsi di studio fino al loro completamento». Scatta così, dunque, il giro di vite contro i cosiddetti “diplomifici”, che ogni anno raccolgono candidati da tutta Italia. 

Con la nuova maturità, poi, negli istituti tecnici, professionali e in quelli d'arte, la seconda prova diventa a carattere laboratoriale e può svilupparsi su più giorni. Rimane comunque confermata la scansione delle tre prove scritte più l'orale. Oltre ai contenuti dell'ultimo anno, saranno valutate anche le basi di cultura generale. È previsto poi il raccordo con l'università per l'avvio di appositi percorsi di orientamento. Una novità, quest'ultima, che sarà inserita nei due decreti delegati che scaturiranno dall'esame. L'altro riguarda le borse di studio per i meritevoli.

Dove sta il problema

Si tratta dell’ennesimo terremoto, scatenato dall’alto, sulla già fin troppo scossa e politicamente maltrattata scuola italiana (e trentina), con una specie di “ritorno al passato” voluto dal Ministro Fioroni in nome della necessità di rendere più seria, severa e selettiva la produttività dell’istruzione superiore.

Il centrosinistra pensa così di rimediare ad uno dei devastanti effetti prodotti dai suoi stessi “padri” sessantottini (o sessantottardi), fra i quali il “6 politico” e una maturità ridotta ad un passaggio puramente formale e simbolico, essendo la promozione garantita, o quasi, per tutti.

Questa nuova riforma rappresenta inoltre il vano tentativo di reagire all’insignificanza, dal punto di vista del mercato del lavoro, del valore legale del titolo di studio.

La verità è che non è inasprendo l’esame finale che si può meglio certificare la qualità della preparazione degli studenti. Assisteremo alla crescita esponenziale delle bocciature e ad un’inversamente proporzionale calo delle promozioni, con l’unica conseguenza di ritardare di uno o più anni l’occupazione dei giovani, oppure l’eventuale prosecuzione dei loro studi, perché non è affatto detto che essere promossi o risultare respinti alla maturità dimostri effettivamente la “maturità” dei ragazzi.

Studenti nel mirino. Ma chi valuta la proefssionalità dei docenti?

Il problema sta piuttosto nei criteri utilizzati per la selezione conclusiva degli studenti. Criteri che in larga misura sono affidati alla discrezionalità e sensibilità soggettiva dei docenti, dei commissari e dei dirigenti scolastici e non a parametri oggettivi, rispondenti sia a requisiti interni sia alle richieste esterne – delle famiglie, dell’università, delle imprese – al sistema dell’istruzione e della formazione.

A pagare sulla loro pelle il prezzo salato di questo nuovo esame saranno quindi i ragazzi e le famiglie, mentre non si prevede alcun sistema di selezione, reclutamento e valutazione della professionalità dei singoli insegnanti.

Gli alunni continueranno a ritrovarsi di fronte alcuni docenti di ottimo livello e altri di basso profilo e tuttavia soggetti all’identico trattamento.

Dove ai secondi è lasciata piena libertà di danneggiare sia i ragazzi sia l’immagine della scuola nonostante l’operazione di facciata attuata con la riforma della maturità. Senonché proprio dall’affidabilità e capacità degli insegnanti dipende la qualità e la produttività della scuola. Se il vero cambiamento, la riforma della scuola non parte da lì, modificare in senso più o meno permissivo l’esame di maturità non avrà alcun rilievo.

C’è allora davvero da chiedersi dove sia finita la “tigre”, cioè la parte più agguerrita del movimento studentesco che organizzava durissime manifestazioni di protesta contro il ministro Moratti e la sua riforma “classista” per contestare la privatizzazione della scuola.

Ora che il governo mette nel mirino proprio loro, gli studenti, nessuno fiata, non si organizzano assemblee di istituto né volantinaggi né scioperi. Nulla di nulla. Tutto bene madama la marchesa. Che il motivo sia la mancanza del solito ordine di scuderia?

Gian Burrasca

 
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