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Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha compiuto una rivoluzione copernicana nel campo della lotta al traffico d’uomini. Due giorni fa ha fatto soccorrere tre barconi carichi di migranti clandestini e, invece che farli trainare come al solito verso le coste italiane, ha disposto che i passeggeri fossero riportati indietro a bordo di tre motovedette italiane e restituiti alla Libia, da dove erano partiti. Il governo di Tripoli ha accettato, secondo accordi già sottoscritti con l’Italia da tempo, ma mai rispettati. La svolta è chiara. Il problema del traffico d’uomini non è più di chi accoglie i clandestini, ma di chi i clandestini li fa partire.
Questo vuol dire che fino a ieri gravava tutto su di noi, che siamo lo stato pontile d’Europa, un po’ per la nostra posizione geografica, un po’ per la mitezza della nostra legislazione (chiedete a Zapatero e ai suoi fucilieri spagnoli che nel 2005 fecero 5 morti sui reticolati di Ceula e Melilla). Ora non è più così. La Libia si prende una quota della responsabilità: dopo che per anni ha incassato generosi piani di finanziamento e di assistenza- per esempio stiamo pagando una strada litoranea da 5 miliardi di euro, la costruzione di case, borse di studio nelle nostre università per studenti libici meritevoli-, e ha fatto finta di non vedere i punti d’imbarco sulle sue coste, i migranti ammassati su mezzi di fortuna e i loro traghettatori criminali...” (Il Foglio 8/5/2009).