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Il 22 aprile Giulio Anselmi, ex direttore de “La Stampa” ed ex direttore de “L’Espresso” (dal cui gruppo che controlla “la Repubblica” è stato sostenuto), è stato nominato presidente della più importante agenzia di stampa italiana, l’Ansa, battendo il candidato voluto da Palazzo Chigi: Marcello Sorgi (entro l’estate direttore della stessa agenzia diventerà Luigi Contu, caporedattore di “la Repubblica”).
Direttore de “La Stampa” diventerà Mario Calabresi, corrispondente da New York per “la Repubblica”. Presidente della Rai è già diventato Paolo Garimberti, ex vicedirettore di “la Repubblica”. In corsa per un Tg Rai c’è Mario Orfeo, nato e cresciuto a “la Repubblica”. Con Silvio Berlusconi al potere sui media stravince Carlo De Benedetti. Naturalmente non ci sarebbe nulla di strano nella carriera fatta da chi ha lavorato in uno dei due più importanti quotidiani italiani, non fosse che quel quotidiano, “la Repubblica”, è stato sia un giornale che un vero e proprio partito politico.
Un partito a sé che è esistito con il suo fondatore, Eugenio Scalfari, anche nella Prima Repubblica, in cui ha provato ed è perfino riuscito a influenzare la vita pubblica italiana e sceglierne i principali attori, dal presidente del Consiglio (Ciriaco De Mita), ai manager pubblici (Romano Prodi, Fabiano Fabiani, i vertici della Rai). Ma che, finita quell’epoca, è stato – prima per ragioni industriali e finanziarie, poi per ragioni politiche – il principale avversario di Berlusconi. Fa specie quindi che nel momento di massimo potere e popolarità dell’attuale premier la presa sui media del vero partito avversario, quello di casa De Benedetti, sia cresciuta esponenzialmente e divenuta così forte. I casi che abbiamo qui citato sono già eclatanti, ma non sono i soli. Ricordiamo tutti le continue doglianze di Berlusconi sulla linea dei principali quotidiani italiani. Non c’è mai stato un momento in cui il governo italiano avesse davanti a sé così deboli altri poteri, fra cui quelli del mondo industriale e finanziario che controlla gran parte della carta stampata.
Con la crisi internazionale in corso, mai negli ultimi quindici anni le banche italiane sono state così deboli e bisognose dell’intervento pubblico (i cosiddetti Tremonti bond, fra l’altro). Raramente anche le imprese, che hanno chiesto e ottenuto provvedimenti di incentivazione ai consumi. Molti, anche esplicitamente nelle fila dell’opposizione, temevano che in questa condizione Berlusconi facesse strike, piegando qualsiasi voce dissenziente alla normalizzazione di un dolce regime. Poi si è scelto il nuovo direttore del “Corriere della Sera”. È Ferruccio De Bortoli, nell’ultimo anno il commensale più gradito di De Benedetti, che lo avrebbe voluto alla direzione di “la Repubblica”, e poche settimane fa candidato del centro sinistra alla presidenza della Rai. Nello stesso giorno si è scelto anche il nuovo direttore del “Sole 24 Ore”, il quotidiano degli industriali, quelli da cui Berlusconi dice di sentirsi a casa sua. È Gianni Riotta, viene dal Tg1 dove lo ha voluto e nominato, pochi mesi dopo essersi insediato a palazzo Chigi, Romano Prodi. E via tutti gli altri incarichi. Perfino nella Rai berlusconiana ci sarà posto in primissima fila, come sembra e già è per chi è stato allevato e cresciuto nel partito di “la Repubblica”.
Eppure, nonostante questa sia la realtà, Berlusconi è per tutti ancora l’invasore, il dittatore dolce, il politico che porta all’estremo e senza vergogna il suo conflitto di interessi irrisolto. Un sultano, come sostiene il professore Giovanni Sartori, che ho incontrato ieri mattina nel salotto tv di Omnibus, la trasmissione ideata e condotta su La7 da Antonello Piroso. Lo stesso Sartori ieri ha sostenuto che il povero Romano Prodi non ha pensato alla Rai, mentre il sultano Berlusconi come primo pensiero anche questa volta l’ha subito occupata. Gli slogan sono duri da morire, e anche un professore di lunga esperienza e assai informato come Sartori ne ha pronunciato uno assai lontano dal vero. Perché Prodi ha provato fra le prime cose a cambiare maggioranza nel Cda Rai, facendo saltare il consigliere Angelo Maria Petroni e sostituendolo con Fabiano Fabiani. Solo che l’atto fu illegittimo per ogni grado di giudizio, perfino per la Corte Costituzionale. Con Berlusconi al potere il Consiglio di amministrazione Rai è stato in regime di prorogatio, perché scaduto, dieci mesi. Ma tanto si dirà sempre il contrario... Franco Bechis,“Italia Oggi” il 21 aprile 2009.
p.s L'articolo vene riportato non tanto per il giudizio su Berlusconi, condivisibile o meno, quanto per il fatto che sottolinea la potenza dell'armata nichilista e ferocemente anticristiana (vedi Augias, Bocca, Scalfari, Politi, Schiavone..) di Repubblica (vedi altri articoli della sezione)