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Mi riallaccio all'articolo di Giuliano. Giovanni Sartori è un vecchio professore, che scrive spesso i suoi editoriali per il più venduto quotidiano italiano. Una delle sue manie è quella della sovrappopolazione.
Pur di parlarne fa carte false: dallo tsunami, al terremoto in Abruzzo, tutto va bene. Anzi meglio se si può cercare un collegamento, assolutamente inesistente, tra le catastrofi naturali e l’uomo. Perché, appunto, l’uomo, è per lui la peggior specie di parassita: sporca, inquina, rovina l’ambiente…urina, defeca… Per cui, come ha scritto venerdì in prima sul Corriere, sarebbe meglio che fossimo solo tre miliardi, come quando era piccino lui (ah, bei tempi quelli, e lui se ne accorgeva già allora di come si stava larghi…). Tantissimi problemi si risolverebbero. Non ci dice però quali tecniche adotterebbe lui per ottenere tale fine: sterilizzazione forzata? Incremento degli aborti liberi e di quelli forzati? Divieto a Tizio o Caio di procreare (come in Cina)?
Sa bene che, se dovesse scendere in dettagli, finirebbe per dire mostruosità. Qualcuno, allora, potrebbe chiedergli di togliere il disturbo, anzitutto, lui. O che per piacere, dicesse a suo figlio di evitare il matrimonio, e il conseguente deterioramento ambientale. Qualcuno più buono semplicemente potrebbe fargli presente che le risorse sulla terra non mancano affatto, come lui e i suoi epigoni ripetono da diversi secoli (vedi Malthus), e che i problemi ambientali, quando veramente esistono e quando veramente sono dovuti agli uomini, si risolvono senza necessariamente dimezzare l’umanità.
Ma al fondo la verità è una sola: Sartori non ha nessuna idea di cosa sia l’uomo e di cosa sia la sua dignità. Altrimenti, per sostenere la giustezza della sperimentazione occisiva sugli embrioni umani, non avrebbe scritto che sono “vita” sì, ma non “vita umana”. Altrimenti, per giustificare l’aborto, non avrebbe scritto che “se io bevo un uovo di gallina, non uccido una gallina”.
Non l’ avrebbe scritta, quest’ultima porcata, se solo si fosse fermato a pensare che il paragone neppure regge: l’uovo è forse comparabile all’utero, cioè al contenitore del bambino, non certo alla gallina, e quindi al pulcino! A Sartori qualcuno dica che continui a bere le uova quando vuole, ma si fermi quando ci trova il pulcino dentro, quantomeno per la sensazione spiacevole che ne deriverebbe. E che si guardi un libro di biologia per vedere cosa è un embrione o un feto… (nella foto embrione di 9 settimane)
Concludo ricordando che le tristi considerazioni di Sartori ricordano quelle di un suo sadico predecessore, il marchese libertino De Sade, che nell'opera "La philosophie dans le boudoir" parla di un tale Dolmancé che, dopo aver deriso "gli imbecilli che credevano in Dio" e che ritengono sacra la vita del feto, afferma: "ma da quando i lumi della filosofia hanno dissipato le tenebre dell'impostura, da quando la chimera divina è stata calpestata e schiacciata…estendendo la misura dei nostri diritti, abbiamo finalmente riconosciuto che non si può imporre a nessuno di diventare padre o madre se non ha voglia; noi siamo…padroni di quel pezzo di carne, pur animato che sia, non diversamente da come lo siamo delle unghie che tagliamo dalle nostre dita"!
Se Sade avesse conosciuto Sartori avrebbe aggiunto: “Se taglio un’unghia, non uccido un dito!”.
Per la cronaca, e la gioia di Sartori: "In Svezia è in auge una procedura per cui una donna incinta viene addormentata. Il feto, localizzato, viene condotto fino all'utero per consentire al dottore di perforare il cranio del piccolo vivo, aspirando dal cervello i tessuti che serviranno alle vittime del morbo di Parkinson e di Alzheimer. La stessa procedura è usata con bambini vivi, sul loro pancreas e la loro pelle, una pelle che servirà per i cosiddetti grandi ustionati. Questi bambini vengono spellati vivi. L'industria della ricerca sui tessuti dei bambini piccoli è un'industria mondiale, che genera dei fatturati di circa otto miliardi di dollari" (Bernard Nathanson, ex medico abortista, Il Foglio, 23/4/2005).