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Appunti da un viaggio a Medjugorie
Di don Massimo Vacchetti - 22/04/2009 - Religione - 1583 visite - 0 commenti

Martedì 14 aprile: E’ mattina presto. Abbiamo appena celebrato la Pasqua di Resurrezione e il primo pensiero è al riferimento evangelico di quel santo giorno: “di buon mattino, quando ancora era buio”. In realtà, per la Chiesa pur essendo martedì è sempre Pasqua. Come se la Chiesa nel tempo stesse facendo le prove dell’eternità dilatando fin che può – per otto giorni – la gioia della Resurrezione. Si sale sul pullman che passando per Trieste ci immette in Slovenia, poi in Croazia e infine, attraversando la terza frontiera, in Bosnia. Si percorre una bella autostrada. Tutto fila liscio, ma non immagino nemmeno quanto potesse essere disagevole mettersi in viaggio quando ancora c’era il regime e più ancora negli anni della guerra. Mi han detto che i pellegrini non si sono arrestati. Medjugorie è rimasta totalmente illesa dai bombardamenti. La vicina Mostar è stata rasa al suolo.

Sono le 19 quando arriviamo in questo paesino che fino al giorno delle apparizioni neppure gli stessi suoi abitanti sapevano dove si trovasse. Conosciamo la guida: una simpatica signora croata, sposata con un bolognese. Ora, vedova, si prodiga per ad accogliere i pellegrini a Medjugorie e a introdurli nel mistero che coinvolge sei veggenti dal 24 giugno 1981 in quotidiani visioni della Regina della Pace. Una guida energica avvezza a tener testa alle migliaia di gruppi che ha ormai accolto e più ancora si scorge in lei la forza di una donna cattolica (è legata all’esperienza di don Divo Barsotti e alla comunità dei figli di Dio) che è passata attraverso il vaglio della persecuzione del regime comunista. Mercoledì 15 aprile: Partecipiamo ad un incontro con Vicka una delle veggenti. E’ tutto molto semplice. Vicka parla sulle scale di una vecchia casa e la gente occupa la strada che la costeggia. Le auto fanno fatica a passare. Prima di noi c’è un gruppo di austriaci, poi tocca a noi italiani. Ma sopraggiunge un gruppo di irlandesi che spinge. S’intuisce che dopo è il turno di quelli di lingua inglese. Chissà poi a chi dopo ancora. Lei ripete a tutti le stesse cose. MI sembra una cosa strana questa rassegna. Quando inizia a parlare mi stupisce il suo sorriso, ma più ancora mi colpiscono le parole che usa. Chiede che si preghi per il Santo Padre e per i nostri Vescovi (ho pensato più che al mio Carlo Caffarra al Vescovo di Mostar che è il più accanito avversario dei veggenti e delle apparizioni), per i sacerdoti. Ricorda che la Madonna è felice quando partecipiamo alla Messa domenicale e quando mettiamo al primo posto Gesù Eucaristia. Ci suggerisce di recitare il Rosario intero tutti i giorni (tutti e quattro i misteri) e di praticare il digiuno (pane e acqua) due volte alla settimana come atto penitenziale per i nostri peccati. Il peccato – ci dice – è ciò che ottenebra la nostra vita e ci impedisce di vedere il Paradiso. Satana è molto attivo per farci cadere nel peccato e salario del peccato è la morte. Ci chiede di inserire nel nostro programma spirituale la confessione mensile e di pregare per le anime del purgatorio che non attendono altro dalla nostra preghiera di suffragio la liberazione.

Qualcuno attorno a me piange. Forse è l’emozione di vedere così da vicino una delle veggenti a cui attualmente appare la Madonna (sono rimasti in tre ad avere giornalmente l’apparizione della Vergine). Cedo il posto agli irlandesi, ma sono evidentemente più rasserenato. Il mio primo impatto con la realtà di Medjugorie è totalmente cattolico. In poche parole Vicka ha detto quello che certi sacerdoti non dicono più in un anno intero di predicazioni. Nel pomeriggio ci rechiamo sulla collina delle apparizioni. Per arrivarci c’è un percorso non semplice da fare. Non c’è sentiero, innanzitutto. Non c’è terreno piano, ma solo pietre. Lo facciamo recitando tre rosari. Arrivati in cima, un silenzio sacro ci riempie l’anima e ci ristora dalla fatica. Ciascuno trova uno scoglio dove sedersi scomodamente e pregare sul luogo dove i sei ragazzi alle 18,40 di ogni giorno accorrevano incuranti delle pietre all’appuntamento con la Madonna. Nella discesa, ovviamente, si srotola la corona. Comincio a pensare che la preghiera a Medjugorie è per l’anima come l’aria per il corpo. Alla Messa di fine giornata commento il passo in cui Pietro recandosi al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio incontra un mendicante a cui si rivolge così: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!" (At3,6). C’è un’ora e c’è un luogo.

La Madonna nelle diverse apparizioni – da Lourdes a Fatima - ha dato degli appuntamenti ai veggenti provocando la loro libertà. Necessariamente è richiesto un ordine nella preghiera, un orario e uno spazio. Ma c’è anche un contenuto: Gesù il Nazareno. E’ lui il termine di ogni preghiera. E’ Lui colui che si domanda quando si invoca “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. E’ Lui il cuore della preghiera a Maria, “il benedetto frutto del tuo seno, Gesù”. Giovedì 16: E’ il compleanno del Santo Padre e anniversario del mio Battesimo. Durante la giornata ricorrono questi due grandi temi. In mattinata testimonianza presso la Comunità di Sr.Elvira. Nel pomeriggio entriamo in chiesa. E’ la chiesa parrocchiale del paese. E’ grande per un paese che fino ai fenomeni soprannaturali non risultava molto esteso. E’ una costruzione di inizio 900, dedicata a San Giacomo, patrono dei pellegrini!. Si racconta che l’allora parroco profetizzo a chi lo rimbrottava per l’eccessiva grandezza che un giorno sarebbe risultata piccola. Ho visto quel giorno. Dopo il monte delle apparizioni, la chiesa delle apparizioni. Sì perché qui si spostarono a un certo punto i presunti incontri soprannaturali con i veggenti. Non andiamo per vedere il luogo abitato da Maria Santissima. E’ in quel tempio, come in ogni chiesa, che accade l’incontro più sorprendente che vi sia quello con la presenza reale di Gesù nel suo vero corpo. E’ Gesù il centro d’attrazione di tutti i pellegrini di Medjugorie. La Madonna porta lui e ci porta a Lui. Rosario, adorazione, S.Messa e rosario: quattro ore, praticamente senza sosta. Sul presbiterio scorgo un’assemblea impressionante. La chiesa tiene 600posti a sedere. In piedi o seduti saranno altri 1000. C’è silenzio, raccoglimento, senso del mistero. Il silenzio è il compagno di ogni luogo a Medjugorie.

Madre Teresa diceva: “frutto del silenzio è la preghiera, frutto della preghiera è la fede”. Quando viene esposto il Santissimo – non so come – la gente si mette tutta in ginocchio. E vi ci rimane fino alla fine dell’ora di adorazione. In mattinata avevamo incontrato un ex-tossico della comunità di Suor Elvira (mi ha fatto piacere ritrovare un suo ritratto sull’ultimo numero del Timone). Ci ha raccontato che la prima cosa che ha fatto appena entrato in contatto con questa inusuale comunità di recupero è stato quello di stare davanti all’Eucarestia. La chiamano Cristoterapia. Ho avuto l’impressione che la Parrocchia di Medjugorie adotti questo “farmaco d’immortalità” per gli ammalati di cronolatria (si veda il bellissimo saggio del Cardinal Biffi “la bella, la bestia e il cavaliere”) ossia di coloro che cercano la vita come se fosse fatta solo del tempo presente: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso? (Lc9,25). Venerdì 17 ultimo giorno: Ci rechiamo sul Krizevac.

E’ un monte in cima al quale nel 1933 in occasione dell’anniversario dell’anno della Redenzione gli abitanti di Medjuogorie vollero innalzare un’immensa croce. La Via Crucis non è facile. Diversi della compagnia hanno rinunciato a farla e sono rimasti in paese. Si rimane impressionati al vedere quanti vi salgono a piedi nudi! Anche in questo caso mentre si ascende si sgrana il rosario tutto intero. Eppure quando si arriva in cima la potenza di quella croce e la sacralità del silenzio imprimono una gioia profonda. Nel pomeriggio continua il tono penitenziale. C’è spazio e tempo anche per le confessioni che sono uno degli spettacoli più commoventi di tutto il pellegrinaggio. Ci sono una trentina di confessionali, uno accanto all’altro. La gente fuori si mette in fila. Ciascuno secondo la propria specie…secondo la propria lingua. Sembra di essere alle casse di un grande supermercato. Solo che invece di generi alimentari, il carrello è pieno di peccati. Si va allo sportello per ricevere quello che si può comprare facilmente al solo prezzo del pentimento. Così mi son messo alla cassa a dar man forte ai miei confratelli.

Avanti il prossimo: “Altro, Signora?”. Sabato mattina, viaggio di ritorno. La strada è pressappoco la stessa dell’andata. Le scomodità pure. E’ cambiato solo che chi mi stava dinanzi ora memore delle mie ginocchia ha cambiato posto. Le gambe non so dove sistemarle, mentre le ginocchia raccolte ora urtano appunto un’altra schiena. Dopo tanti viaggi in pullman non ho ancora elaborato una mia teoria su come sistemare la testa per dormire. Mi chiedo quando mai lo farò. C’è voglia di cantare quanto Dio ha combinato nei cuori. Ci si racconta le impressioni. Ogni qual volta si viene davanti per afferrare il microfono, tempo qualche minuto, si piange. La vita delle persone è veramente una valle di lacrime che generalmente teniamo dentro di noi, ma davanti alla Madonna gliele si dà volentieri perché le tramuti in gioia, in speranza, in consolazione. Il cuore è molto sereno. Anzi, lieto. La Madonna mi ha fatto il grande dono di alcuni giorni santi. Ciò che si avverte è il desiderio di una vita cristiana più viva, più vera, più certa. Non so se la Madonna appaia o meno. Se non apparisse, ho visto un miracolo.

 
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