Diventa socio
Sostieni la nostra attivitą Contatti

 

Cerca per parola chiave
 

 

Autori

 

Ci sono 4698 persone collegate

 

\\ Home Page articoli : Articolo
La New Age e il mito del multiculturalismo.
Di Francesco Agnoli - 18/04/2009 - Cultura e societą - 1306 visite - 0 commenti

 E’ un fatto che ben prima che la caduta del comunismo ed una serie di altri eventi riversassero in Europa, a partire dal 1989, una marea di genti diverse, sradicate, in preda spesso alla povertà, alla disperazione e talora alla necessità di delinquere, si andava affermando, col movimento New Age in generale ed il ‘68 in particolare, il cosiddetto “ideale arcobaleno”, l’ “utopia multicolore”: un mondo unito, in cui tutte le religioni e le razze si mescolassero in un sincretismo totale, portatore di pace e di felicità.

La famiglia tradizionale, si diceva, “è solo un cancro al cuore, l’origine della maggior parte delle alterazioni, perturbazioni e malattie mentali di cui soffre l’adulto; della sua incapacità di amare e della sua sfiducia nei confronti degli altri”: occorre quindi “aprirla”, negare la monogamia, il concetto reazionario di padre e di madre, aprirla appunto alla comunione di donne, di figli, al poliamore degli hippies...

Così bisogna ugualmente fare per le grandi famiglie delle razze, per la grande famiglia del mondo: “riavvicinare il bianco al nero, il bianco-nero al rosso, il bianco-nero-rosso al giallo, rinchiudendo il circolo sacro delle quattro razze... e dare vita, con la combinazione delle quattro culture ad un nuovo tribalismo: il tribalismo dell’arcobaleno…Usiamo la parola, o il termine tribù, perché simbolizza egregiamente questo nuovo tipo di società, che sta nascendo in seno alla società industrializzata…la tribù suggerisce un tipo di società totalmente differente, basata su case comunitarie, villaggi e ashrams collettivi, laboratori facenti capo alla tribù, grandi famiglie libere” (“Arcobaleno, un popolo senza confini, A.Ruz Buenfil, TerraNuova, Firenze).

E’ il concetto, ormai noto a tutti, di “villaggio globale”, che trova la sua origine in opere come “La cospirazione dell’Acquario”, un best seller della new age, di M.Ferguson; e ha il suo centro propulsore in tante associazioni acquariane, magari legate a filo doppio coll’ONU e coll’UNESCO: l’associazione dei Triangoli, la Scuola Arcana...

Oppure una associazione come “Il Governo Globale dell’Umanità”, con sede a Roma, che con accenti di esaltazione religiosa, in nome di un oscuro “Governo dell’Altissimo”, si propone la realizzazione di una “sola Nazione, una sola Religione, una sola Famiglia, una sola Razza...”. In questo mito ideologico di una società perfetta e felice solo se multirazziale, multiculturale, multireligiosa e cosmopolita, sono cresciuti quei leaders del ‘68 che oggi ci governano: da D’Alema a Veltroni, a Manconi alla Turco; da Schroeder a Fischer; da Blair a Clinton...(per lo più, guarda caso, simpatizzanti per la New Age - Clinton e la moglie consultano addirittura, con regolarità, una medium - ed antiproibizionisti).

 In Europa, quello che fu il grande leader della rivoluzione studentesca, Daniel Cohn Bendit, oggi leader europe dei Verdi, lo troviamo oggi acceso sostenitore della liberalizzazione delle droghe leggere e detentore del primo assessorato agli “Affari multiculturali” della Germania (a Francoforte). Se un tempo, nel ‘68, si augurava - insieme alla abolizione della famiglia e “del matrimonio in quanto istituzione politica, religiosa, giuridica, civile” - anche l’abolizione di “tutte le frontiere cancellando financo l’idea di patria”, oggi può finalmente, con gioia, veder realizzata quella che lui stesso definisce “Patria Babilonia” (Theoria ed., Milano, 1994), in onore della quale vorrebbe organizzare le “feste dei colori”, delle mescolanze. Questi stessi ideali li troviamo alle radici anche del ‘68 italiano, magari veicolati attraverso un universalismo sedicente cattolico, pervertito e trasformato in devastante utopia.

Un cattivo maestro del ‘68 - a detta di Paolo Sorbi, l’autore del famoso controquaresimale di Trento- padre Ernesto Balducci, nel suo “Le tribù della terra: orizzonte 2000”, scrive cose che ricordano troppo da vicino quelle già lette in “Arcobaleno: un popolo senza confini”: “Le tribù della terra si stanno svegliando, trasformando il cosmo politico in caos e rendendo impellente un ordine nuovo...questa è la fase nuova che nel mio auspicio dovrà essere quella autenticamente planetaria...Dobbiamo comprendere la fecondazione reciproca delle razze”, essere “cittadini del mondo” in un mondo in cui anche gli “immigrati” sono “cittadini del mondo” e quindi “non c’è più lo straniero”.

Siamo di fronte a pura ideologia, senza nessun rispetto per la realtà, per quella creazione che Dio ha voluto multiforme e molteplice, per quegli iracheni con cui il pacifista Balducci dice di stare, ma nella cui sventura e nel cui esodo vede poi l’alba radiosa di una nuova era. E’ la stessa ideologia che vivifica, o sarebbe meglio dire mortifica, i nostri centri sociali, espressione radicale, ma ben coccolata dal potere, del ‘68 e della controcultura. La loro è una società “aperta”, cioè senza famiglia, senza doveri, antiproibizionista, fondata sulla religione New Age della libertà degli istinti, della libertà di droga ma anche dell’utopia multirazziale: e non è un caso trovarli spesso come istigatori degli immigrati nell’uso della violenza e nell’occupazione abusiva.

E’ un’ideologia che si esprime in immagini prerazionali, in concetti vagamente piacevoli ed imprecisi, perché non ha la forza della realtà e della verità: si parla di “sogno della società a colori”, di “festa dei colori”, si pubblicizza questo mito attraverso le immagini accattivanti di un radicale come Oliviero Toscani e di un Benetton: “united colors of Benetton, united colors of the world”. Noi invece riteniamo che l’“apertura” della famiglia segna in realtà la sua morte, perché -nonostante la cultura attuale e talvolta le leggi sponsorizzino le famiglie monoparentali, quelle omosessuali e quelle transessuali- un padre, una madre e una casa nel senso più sacro sono fondamentali per la crescita di un uomo; ugualmente un mondo senza “case”, contraddistinto dall’ “apertura” delle razze, dei confini, verso l’unica razza indistinta e monotòna, non può essere un’ideologia radiosa e un ideale da perseguire, bensì un dramma catastrofico.

Esso invero nasce dalla violazione di una regolarità naturale, si afferma nella miseria, nel dolore, nello sradicamento e si risolve in una societas che non è più tale, bensì divisa, conflittuale, lacerata come quella dei ghetti americani. Noi non crediamo che chi osserva il dramma dell’immigrazione con la deformazione ideologica che lo porta a benedirlo, ad esaltarlo, ad augurarlo, possa poi affrontarlo in modo corretto: come farà a capire il problema ? Come potrà battersi per lo sviluppo dei popoli, nei loro paesi, se ritiene un nemico le case, le nazioni, le patrie: se giunge a negare le diversità e le peculiarità qualificanti dei vari popoli? (Da Pucci Cipriani, Francesco Agnoli, 1968, Fede & Cultura) Continua

 
Nessun commento trovato.

I commenti sono disabilitati.