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Obama è il nuovo Gorbaciov?
Di Rassegna Stampa - 07/04/2009 - Esteri - 1358 visite - 0 commenti

Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all’estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a un’assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque che l’antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli eccessi dell’era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro di lui.

 L’analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell’esito finale. L’esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell’Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l’implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un’altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l’impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l’impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l’invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni.

La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l’America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l’onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell’amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un’America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Dal blog di Marcello Foa

 

 
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