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Mosca, quei cervelli da clonare nella patria del socialismo scientifico
Di Rassegna Stampa - 08/03/2009 - Storia del Novecento - 1261 visite - 0 commenti

MOSCA — In questi giorni esce in Russia la traduzione di un saggio di Jochen Richter che nell'originale tedesco aveva come titolo Rasse, Elite, Pathos. In esso, senza l'apparato iconografico (probabilmente considerato imbarazzante), si offrono informazioni sull'Istituto del Cervello di Mosca, oltre naturalmente a notizie sulla vita e le opere di Oscar Vogt (1870-1959), il neurologo nominato nel 1919 direttore del Kaiser Wilhelm Institut für Hirnforschung e che nel 1926 fu invitato da Stalin in Urss per studiare «dal vivo» il cervello di Lenin. Alcune eminenze sovietiche, in verità, erano in contatto con lo scienziato già nel dicembre 1924, quando lo stesso Lenin era morto da undici mesi. Vogt era un'autorità dell'istologia della corteccia cerebrale. Già, l'Istituto del Cervello. Anche se non si chiama più in questo modo, l'edificio che lo ospitava sino al crollo dell'Urss c'è ancora ed è tal e e quale, sempre posto nella via Obuk, e la targa a sinistra dell'ingresso recita: «Accademia russa di medicina / Centro di ricerca neurologico / Dipartimento di ricerche sul cervello». Per decenni qui si raccolse e conservò, a scopo di studio, la materia grigia di eminenti personalità.

L'ultima finita tra queste mura, posta in paraffina e tagliata a fettine per poter essere meglio studiata, fu quella del fisico Sacharov, morto nel dicembre 1989, quando il sistema sovietico non era ancora caduto e la pratica continuava. Dopo di che, l'abbandono. I faldoni dei documenti, secondo la procedura russa, sono finiti all'Archivio Centrale (e segretati); i cervelli sotto paraffina o affettati hanno trovato una sistemazione di cui nessuno sa, per ora, offrire indicazioni. C'erano quelli di rivoluzionari e politici come Lenin, Stalin, Andropov o Breznev; di letterati quali Gorkij, Majakovskij, Bulgakov, Barbusse (francese, ma morì in Urss); di scienziati come Korolev (il von Braun sovietico), Tupolev o Ilushin, noti per gli aerei a cui hanno dato il nome. Il saggio di Richter mette in evidenza le ricerche dell'Istituto dall'inizio degli anni '60, allorché si parlò di clonazione utilizzando cellule cerebrali, «al fine di migliorare l'umanità » e creare una élite con i valori socialisti, o se si vuole una «razza di rivoluzionari» che non fosse caratterizzata dal colore della pelle o dai tratti somatici. In Germania negli anni '30 quest ricerche venivano condotte per l'uomo ariano, mentre il programma scientifico dell'Istituto di Mosca consisteva nel mettere a punto un metodo pratico per diagnosticare malattie e disfunzioni cerebrali, partendo dalla materia grigia «geniale» di Lenin. Impresa che ha qualche debito con le idee di Cesare Lombroso, la cui collezione di cervelli è ancora conservata in un museo di anatomia italiano. Per tale scopo a Mosca furono messi a confronto i contenuti delle scatole craniche di «grandi» uomini con quelli di gente comune, delinquenti, deviati. Tutto cominciò dopo la morte di Lenin, e già nel 1925 si registra un decreto del Governo Sovietico per dar vita a una filiale moscovita dell'Istituto di Berlino (nel 1928 si trasformerà in ente autonomo, con sede in un ex ospedale evangelico, ora ambasciata di Francia). Di più: nel settembre 1928 un altro decreto, diffuso con risalto sui giornali, consacra il diritto di sottrarre il cervello degli uomini illustri (o con caratteristiche ritenute utili agli studi avviati).

L'opinione pubblica si convince ben presto che il prelievo della materia grigia significa genialità. Per tal motivo non si contano più le pressioni di parenti e amici per ottenere il singolare onore. All'attuale ambasciata francese e poi all'istituto di via Obuk (nome di un medico delle Guardie Rosse) confluiscono i cervelli delle personalità dell'immenso territorio sovietico, di tutte le etnie, di presunti geni ma anche di politici, poeti, scrittori, filosofi, scienziati, nonché di imbecilli e criminali. Vogt ha qualche problema con il nazismo ma non con Stalin; anzi dopo l'esame del cervello di Lenin scrive al Piccolo Padre un breve rapporto, pubblicato poi sui giornali, nel quale assicura che il rivoluzionario possedeva una materia cerebrale superiore. È un cedimento politico ma non razziale, avallato in quel tempo da colleghi di Vienna e Roma, da Karl von Economo e da Giovanni Mingazzini. Il sogno sovietico non raggiunse mai risultati degni di storia, anche se l'istituto di via Obuk si riempì di cervelli. Si ammassò materia grigia per oltre mezzo secolo e, anche quando era il caso di smettere, fu impossibile fermare la burocrazia e quel dannato decreto del 1928. Armando Torno Corriere della Sera 8/3/2009

 
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