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Vendiamo tutto il vendibile. E’ questa, venendo al sodo, la filosofia di fondo che anima oggi il sistema dei mass media. Poco importa che davanti alle telecamere ci sia il sublime Vittorio Gassman piuttosto che i provinciali Fichi d’India: l’importante è vendere il prodotto, non importa come e, soprattutto, non importa quale. In questa luciferina logica di profitto, pietà, moralità e rispetto sono oramai retaggi archeologici, da detronizzare, se serve, in favore della più triviale tendenza del momento. Ma il paradosso dei mass media è che, pur incapaci di emendarsi, questi arrivano talvolta a narrare la consapevolezza dei propri limiti. E’ il caso di “Live! Ascolti record al primo colpo”, pellicola che sarà nelle nostre sale a partire dal 6 marzo e che già dal titolo suona come una denuncia della religione degli ascolti, quella che pur di fare dell’audience il metro del bello, si serve del brutto quale carburante dell’audience. Pare di capire che in questo film, nel quale vedremo recitare la bella Eva Mendes, si metta a nudo il cinismo di una televisione disposta a servirsi di tutto, all’occorrenza pure della morte in diretta, pur di sbaragliare la concorrenza; un reality show con sei concorrenti e un montepremi pari un milione di dollari cadauno per i cinque di loro che supereranno la roulette russa, e il gioco è fatto: boom di ascolti. Terribile e avvincente. Il bello, si fa per dire, è che la morte è già ora spettacolo, basti pensare a Jade Goody, giovane britannica decisa più che mai a monetizzare – per garantire un futuro ai propri figli, dice lei - il momento in cui il cancro la spedirà all’altro mondo. Da questo punto di vista, “Live!” si presenta come una denuncia per molti versi tardiva: i buoi sono già scappati dal momento che la morte, dicevamo, è già abituale protagonista di una televisione che da tempo fa del cinismo il proprio gettone vincente. Scenari così avvilenti non ci lasciano che una possibilità: indirizzare il telecomando altrove e aspettare il giorno, ormai vicino, nel quale anche lo scandalo, normalizzato del tutto, finirà con l’annoiare. E a quel punto – c’è da augurarselo – anche l’intero sistema dei media tornerà a comprendere l’etica del proprio mestiere, oggi umiliata da un profitto fine a se stesso. Pablo Neruda ha scritto:”potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera”.