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Chi sono, certi giudici, per decidere sulla vita e sulla morte di una donna indifesa come Eluana? Chi sono? Basta vincere un concorso per divenire detentori delle sorti dell’esistenza altrui? Basta superare un pur complesso colloquio per diventare signori sui più deboli? L’uomo togato può tutto? Sono questi gli interrogativi più urgenti che gli italiani devono porsi sulla loro magistratura, altro che le intercettazioni. Altro che separazione delle carriere, altro che i processi di Berlusconi. La gente deve sapere che oggi, nell’anno del Signore 2009, in Italia vige - causa vergognosa Legge ad personam formulata mediante sentenza - la più prolungata e dolorosa delle condanne a morte: quella per fame e per sete. Le tanto aberrate condanne a morte, siano esse per iniezione, per sedia elettrica o per fucilazione, sono salutari scorciatoie rispetto a quello che toccherebbe a chi si trovasse immobilizzato, senza cibo e senza acqua, consapevole di una morte che sopraggiunge, passo dopo passo, in un’agonia che non conosce tregua. E chi sono certi giudici per potersi arrogare il diritto di infliggere un simile martirio? I vincitori di un concorso. Un concorso.