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L’ EREDITA’ DI DARWIN, OGGI.
Di Umberto Fasol - 30/01/2009 - Darwinismo - 1838 visite - 0 commenti

In occasione del bicentenario dalla nascita (1809-2009).

 “Essere o non essere? This is the question” diceva Amleto, ma dopo Darwin si potrebbe riproporre la celebre domanda in questo nuovo binomio: “Creazione o Evoluzione?” “Affinché possa svilupparsi ed evolvere, il mondo deve per prima cosa esistere, e perciò dev’essere passato dal nulla all’essere. Dev’essere stato creato, in altre parole, dal primo Essere che è tale per essenza.” Questi i termini con cui Benedetto XVI, rivolgendosi ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze convocati per il convegno di studi sull’Evoluzione dell’Universo e della Vita (Roma, 31 ottobre 2008), intende risolvere l’annoso dibattito su “creazione e/o evoluzione”. Dio ha creato l’Universo dal nulla e lo conserva in vita in ogni istante: ce lo ricorda anche il Catechismo della Chiesa Cattolica; come sia apparso, come funzioni e come si evolva, sono questioni che non riguardano direttamente la fede, in quanto appartengono al campo d’interesse delle discipline scientifiche. Dunque: prima la creazione (del mondo e della vita) e dopo la loro evoluzione.

Dov’è il problema? Se le cose stessero semplicemente così, non si potrebbe capire come mai il rapporto tra la creazione e l’evoluzione dell’Universo, e della vita in particolare, sia stato così vivace e problematico, da quando il naturalista inglese Charles Darwin ha proposto l”Origine delle specie per opera della selezione naturale” (1859). Prima di lui l’origine delle specie era per opera della sapiente mano di Dio; Darwin lancia una nuova ipotesi. Da allora la questione si considera “aperta”. I nostri bambini colgono già dalle elementari la differenza tra le risposte date dalla fede e quelle date dalla scienza; gli adolescenti le elaborano in modo dotto ed articolato con l’aiuto dei professori di filosofia, mentre gli adulti ritengono generalmente che la descrizione offerta dalla scienza sostituisca finalmente il racconto fantastico e mitologico della creazione offerto dalla Bibbia. Il problema esiste. Eccolo. Da quando Darwin ha cercato di interpretare per via naturalistica l’origine delle diverse forme di vita, attribuendole all’azione dell’ambiente che premia l’individuo più adatto e scarta il meno adatto, ha di fatto aperto una nuova prospettiva nella scienza: la vita non è creatura di Dio, ma frutto dell’evoluzione continua della materia. Il mistero della vita, quella sua “sostanza” che la rendeva assolutamente “sacra”, perché non descrivibile e non disponibile, si è dipanato sempre di più, fino a confondersi, ai giorni nostri, con tutto ciò che non lo è, ovvero con la materia “qualsiasi”. Sentiamo cosa dice Richard Dawkins, uno dei biologi più autorevoli: “L’esistenza dell’uomo, un tempo il massimo dei misteri, oggi non è più tale perché l’enigma è stato risolto per merito di Darwin e di Wallace, ai cui risultati noi continueremo per un bel po’ di tempo ad aggiungere note in calce.” (Richard Dawkins, L’orologiaio cieco).

Ernst Mayr, recentemente scomparso, considerato il numero uno mondiale degli evoluzionisti, è ancora più totalizzante: “Meglio di qualsiasi altra scienza, a partire dal diciottesimo secolo, la biologia evolutiva è in grado di dare risposte valide a domande di questo genere: ‘Qual è il fine dell’universo? Qual è il fine dell’uomo? Perché sono vivo? Le risposte offerte dalla biologia evolutiva modificano il nostro modo di intendere il mondo e il posto che l’Uomo vi occupa. L’evoluzione è la parte della biologia che cerca di spiegare tutte le cause della diversità organica e di interpretare tutti gli aspetti della struttura, delle attività e del comportamento degli organismi, come risposte adattative (e perciò selezionate) ad un ambiente estremamente diversificato e variabilissimo” . (Ernst Mayr, 1982 Biologia ed evoluzione) In altre parole, la vera eredità di Darwin potrebbe essere ricercata oggi, a mio avviso, in quel “riduzionismo” sistematico che impera nei nostri testi scolastici di biologia, nei documentari naturalistici, nelle neuroscienze, nella visione dell’uomo e della donna, a partire dal loro concepimento e fino alla loro morte. Tutti gli esseri viventi, compreso l’uomo, sono dunque assolutamente fatti di materia e di energia, di atomi e di molecole, e in quanto tali vanno trattati. Nella visione neodarwiniana della vita non solo si esclude a priori ogni dimensione diversa da quella “misurabile” e “selezionabile”, ma anche si vuole cancellare ogni evidenza di “progetto” o di “finalità”. Non ha senso incantarsi e stupirsi di fronte alla bellezza del nostro occhio o di fronte alle ali di una farfalla, o ancora di fronte al sorriso di un neonato: tutto quello che esiste è dovuto al solo gioco del caso e dell’ambiente. C’è, è vero, ma avrebbe potuto benissimo non esistere mai.

Che cosa ci resta allora di tutta la magìa della vita? Nulla, se non un pugno di atomi organizzati per caso e per beffa fino a diventare autocoscienti nella specie umana. Allora: prima la creazione e dopo l’evoluzione, come si diceva? Per il Papa e per la Scienza Neodarwiniana, la risposta è comune: “sì”. Con una differenza sostanziale, però. Per la fede cristiana c’è un Logos, ovvero una Ragione, all’origine di tutto, sia della creazione del mondo che della sua successiva evoluzione, che è soprattutto finalizzata alla comparsa dell’uomo. L’uomo è l’immagine che Dio ha voluto di sé, nella Storia. C’è un senso e c’è un amore che precedono ciascuno di noi. Per la Scienza Neodarwiniana tutto accade senza Dio. “Creazione senza Dio” è il titolo emblematico del libro del noto filosofo evoluzionista Telmo Pievani. L’evoluzione della vita è assolutamente casuale, senza alcun progetto precostituito, senza alcuna finalità da realizzare. L’uomo che ne è uscito e che è qui a riflettere sulla sua origine e sul senso delle cose, avrebbe potuto benissimo non emergere mai. Se c’è, non deve dunque ringraziare nessuno. La vita umana, allora, ha il valore che ciascuno di noi le vuole attribuire: anche nessuno. Vorrei concludere questa analisi con l’esercizio che Benedetto XVI ha consigliato a tutti, laici e credenti di ogni religione: vagliamo con la ragione la bontà di ogni fede e di ogni teoria scientifica. Domandiamoci allora: quale ipotesi, tra le due, è semplicemente la più “ragionevole”, anche alla luce di tutte le scoperte della biologia moderna? Può la complessità irriducibile anche di una sola cellula del nostro corpo essere spiegata senza un disegno? Chi ha conferito le “istruzioni” al nostro DNA? Che cos’è e soprattutto quale potere può avere il “caso” nel determinare “l’organizzazione” della vita? L’ultimo sguardo, anche in questo dibattito, non può che essere sui nostri figli: per il loro bene e per il loro futuro ci auguriamo che crescano consapevoli, anche con l’aiuto della scienza, di essere stati “pensati” da Qualcuno che li ha voluti così, da prima della fondazione del mondo.

 
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