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Con l’insediamento di domani alle 12, Obama diventerà il 44esimo presidente degli Stati Uniti: era ora. Da settimane infatti, anzi mesi, il leader democratico non fa che rifilare alle telecamere dell'intero pianeta suoi spot pubblicitari, senza interruzione. Forse non se n’è accorto, ma Obama le elezioni le ha vinte da un pezzo, e sarebbe tempo, nei giorni a venire, che alle tavole calde – dove pare ami farsi ritrarre dalle videocamere – anteponesse le riunioni coi suoi collaboratori. Staremo a vedere. Nel frattempo non possiamo ignorare come, di fatto, il primo presidente di colore degli Stati Uniti - forte di un sostegno sinora incondizionato dei mezzi di informazione - sia già leggenda. E questo è preoccupante sia per il suoi sostenitori come per il diretto interessato; dopo cotanta baldoria mediatica, i primi rischiano rovinose cadute dalle nuvole, mentre lui, il novello messia, corre il pericolo di deludere passando alla storia, Dio non voglia, come l’autore del più grande buco nell’acqua. Ad ogni modo, giustizia vuole che si riconosca ad Obama l’effettivo possesso di facoltà straordinarie: è già nella storia, dicevamo, senza avere ancora fatto nulla di nulla; riesce a farsi adorare dagli ambientalisti pur circolando con una particolare auto blu che inquina quanto tre trattori; ha convinto tutti di essere portavoce dell’America che vuole cambiare, gettandosi alle spalle la crisi, e in realtà si fa sostenere dagli stessi responsabili del crac finanziario; è adorato – e come potrebbe essere diversamente? – da numerosissimi statunitensi di colore, e poi si batte con fierezza l’aborto, a cui – 8 volte su 10 – ricorrono donne di colore, in pratica si batte (senza saperlo?) per l’estinzione della sua gente. Ancora, è percepito come uno vicino alla povera gente, quella per cui sbarcare il lunario è ardua impresa, e poi trova 730 milioni di euro da investire in campagna elettorale, per la cronaca più di quanto spesero, a suo tempo, Bush e Kerry messi insieme. Soprattutto, è incredibilmente divenuto l’idolo della sinistra italiana – quella, per capirci, che frigna tutti i giorni per la defunta libertà di stampa –pur avendo goduto, rispetto al suo concorrente John McCain, di un imbarazzante sostegno mediatico (lo sostenevano ben 58 testate, contro le sole 12 schierate per il suo avversario) e pur avendo concluso la campagna elettorale con spot a reti unificate, in perfetto stile orwelliano. Insomma, Obama, fino a prova contraria, è stato solo un grande spot. Cari americani, fermatelo e mandatelo a salvare il mondo. L’avete eletto per questo, no?