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BRUXELLES — «La piccola Donna non ha conosciuto altri genitori che quelli adottivi, i signori J.», e sta bene con loro «perché si è creato un legame affettivo»: così aveva sentenziato uno dei vari giudici che si erano occupati della sua vicenda, finita sui giornali di mezza Europa. Ma due anni dopo, e quando Donna sta per compiere i 4 anni, un altro giudice sentenzia ora che lei dovrà scoprire in qualche modo le radici nascoste della sua vita: il «padre biologico», colui che aveva donato lo sperma da cui la bambina è stata concepita con la fertilizzazione artificiale, ha ottenuto il diritto di andarla a trovare, di parlarle, anche se non l'aveva mai cercata prima. In altre parole, ha ottenuto il «diritto di visita» che può essere concesso a un padre separato, o divorziato. I giudici non arrivano a dire che l'uomo potrà rivelare a Donna la sua identità, spiegarle com'è nata: ma la sentenza, emessa dalla Corte d'appello di Arnhem in Olanda, ha socchiuso ugualmente una porta inquietante.
Com'è inquietante, quasi incredibile, tutta la storia di questa bambina: forse non «messa all'asta su Internet», come scrisse a suo tempo qualche giornale fiammingo, ma certo oggetto di trattative anche commerciali, e alla fine disputata fra 3 presunte madri, 2 presunti padri, 2 diversi Paesi europei. Tutto ha inizio nel 2004 in un villaggio belga, Sint-Lievens- Houtemse, dove vive una donna di 32 anni, An Blomme, sposata, disoccupata e già madre di 3 figli. Un giorno, dopo aver letto qualche articolo su analoghe vicende accadute negli Usa, la donna si offre come «madre in affitto» su Internet: è disposta a concepire, e a far nascere, il figlio di uno sconosciuto. Quasi subito, giunge la risposta: Geertrui Praet, 41 anni, insegnante, divorziata e madre di 3 figli, ma poi volontariamente sterilizzatasi, vuol dare un bambino al suo compagno Bart Pholtjens, di 9 anni più giovane, anch'egli insegnante. L'accordo viene siglato, dietro promessa di 8.000 euro secondo alcune fonti, 5.000 secondo altre. Pare che in Belgio, per effetto di un vuoto legislativo in questo campo, le «gravidanze su commissione» non siano rarissime: e anche a Bruxelles vi sarebbe un centro che le offre, sia pure con la dovuta discrezione. Fatta l'intesa, viene spedito un campione dello sperma di Bart alla clinica incaricata, e avviene la fecondazione. Comincia così la gravidanza. Ma al sesto mese, forse proprio per un problema di soldi, An cambia idea. Prima dice a Geertrui: «Voi non c'entrate nulla, lo sperma era di mio marito», e poi avverte: «Va tutto a monte, ho dovuto abortire». Il 26 febbraio 2005 nasce Donna, An e il marito vengono registrati come genitori. Ma poco dopo, danno la bambina a una coppia olandese senza figli, i signori J. (il vero nome è già comparso sulla stampa olandese, ma conoscerlo non aggiunge nulla alla storia, ndr): sembra che si fossero messi d'accordo con loro già dal settimo mese di gravidanza, pattuendo un prezzo superiore. E che avessero «scelto» i due coniugi olandesi dopo aver tentato di dare Donna a una coppia gay, pure conosciuta su Internet. Il resto è cronaca giudiziaria: per mesi sia Geertrui che An, non si sa bene perché, tornano alla carica per avere la piccola. A un certo punto, un tribunale belga dà ragione a Gertrui, ordina che Donna venga riportata in Belgio. Ma la signora J. resiste contro tutti, fino alla definitiva adozione. Gli altri giudici, quelli olandesi, si schierano con lei: fra i genitori adottivi e la piccola, ripetono, «si è creato un legame affettivo». Ora è riapparso anche Bart, il «padre». E intanto, qualcuno sostiene che An sia tornata a offrirsi come «madre in affitto», sempre su Internet. Luigi Offeddu Corriere della Sera, 27/11/2008
I cosiddetti diritti civili si rivelano sempre più la morte del diritto.