Intervista sulla "Rivoluzione psichedelica"
Di Giuliano Guzzo (del 15/06/2011 @ 11:26:51, in Interviste di Liberta e Persona, linkato 13889 volte)

Venticinque milionesimi di grammo, e sei in viaggio per più di dieci ore. Il tempo di una trasferta in auto da Firenze a Reggio Calabria. Con una differenza: un trip offre paesaggi migliori della realtà. Anzi, fuori dalla realtà. Ma quando il viaggio finisce, si sa, sono dolori. Perché l’LSD, sintesi del meno noto fungo allucinogeno peyote, è una droga micidiale, dagli effetti devastanti. Ciononostante, sono tantissimi, tra gli artisti, musicisti e attori, ad esserci cascati. Una sequela di vittime purtroppo impressionante e risaputa. Decisamente meno nota, invece, è la storia dell’LSD e di come questa droga micidiale sia stata scoperta per poi, nel giro di pochi anni, tramutarsi in spaventosa tendenza. Una storia tutt’altro che trasparente e lineare, ricca di zone d’ombra, di personaggi misteriosi che hanno intrecciato esperienze diverse rendendosi co-protagonisti di un fenomeno che ha cambiato il mondo. La rivoluzione psichedelica, così l’ha chiamata Mario Arturo Iannaccone storico e giornalista incuriosito da questa vicenda al punto da scriverci un monumentale libro di quasi 400 pagine – intitolato, appunto, «Rivoluzione psichedelica» (Sugarco) – nel quale, con la cura del cronista e la precisione dello storico, sono raccontate verità scomode tra le quali, per esempio, la genesi certamente borghese, per non dire aristocratica, della filosofia del “Peace and Love”, che la vulgata erroneamente ascrive a giovani squattrinati ma sognatori. Molto interessante, inoltre, è la connessione tra la C.I.A. e il mondo universitario, da cui l’LSD spopolò fino ad invadere le strade ed i corpi di milioni di giovani. Per saperne di più su quella che effettivamente fu la «Rivoluzione psichedelica», abbiamo avvicinato l’autore di questo testo, che in molti, non foss’altro per curiosità storica, farebbero bene a leggersi.

Dottor Iannaccone, iniziamo dalle ragioni che l’hanno spinta a studiare e quindi a scrivere della rivoluzione psichedelica. Com’è nata, in lei, la curiosità storica per questo fenomeno? «La mia curiosità è nata sfogliando dei vecchi numeri della rivista «Time» per altri motivi. In quelle pagine scoprivo quanto interesse era stato dedicato alle droghe psichedeliche a partire dagli anni Cinquanta e quanto a quel tempo erano considerate medicine, panacee per tutta una serie di disturbi. Successivamente ho letto le opere di Aldous Huxley e mi sono reso conto che l’establishment culturale “progressita” e radicale del tempo stava preparando la strada affinché queste sostanze fossero accettate dall’opinione pubblica teorizzando una sostituzione, grazie ad esse, della religione in singolare conformità con il pensiero di Julian Huxley, Aldous Huxley, Herbert G. Wells, Alan Watts e altri pensatori allora in auge. Ho cominciato così una ricerca che è durata svariati anni e che dovrà completarsi, spero presto, con altri due capitoli già scritti, uno dedicato alla cocaina e l’altro alle sostanze “enteogene” moderne, cioè l’evoluzione degli psichedelici. Come l’ecstasy per intenderci. Queste sostanze hanno avuto un impatto sulla cultura, il pensiero, la letteratura e i comportamenti sociali di vaste masse di popolazione. Tutto questo iniziò, appunto, con quella che i suoi stessi epigoni chiamavano, negli anni Sessanta, “rivoluzione psichedelica”».

 E di quali fonti si è servito per approfondirlo? «Una parte consistente delle fonti sono di prima e seconda mano come direbbero gli storici, ovverossia documenti prodotti da tre diverse commissioni d’inchiesta senatoriali, due americane e una canadese, più una serie di lettere pubblicate e fonti memorialistiche inedite o edite come, ad esempio, l’epistolario o le autobiografie di Aldous Huxley, di Alan Watts, Michael Hollingshead, di Timothy Leary, di Richard Alpert e altri. Un’altra classe di fonti è composta da riviste, spesso rare, che ho potuto consultare accedendo alla ricchissima collezione della Fondazione Fernanda Pivano che è una vera e propria miniera per gli studi di americanistica contemporanea. La Pivano era in corrispondenza diretta con molti protagonisti della “rivoluzione psichedelica” e ha collezionato riviste, numeri monografici, libri rari pubblicati prevalentemente negli Stati Uniti e in Inghilterra dagli anni Cinquanta ai Settanta. C’è poi la vasta classe di studi di seconda mano ma comunque validissimi: studi sulla diffusione delle droghe, studi sugli anni Sessanta e la loro cultura, biografie di personaggi come Leary. Esistono poi degli archivi digitali immensi nei quali è stato censito con abstract tutto quanto riguarda la cosiddetta “cultura psichedelica”, un lavoro immane che comprende migliaia di titoli. Pagato dalle stesse fondazioni che stanno dietro alle lobby degli antiproibizionisti».

Che cosa dobbiamo intendere, precisamente, quando parliamo di rivoluzione psichedelica? Fu una parte di quella «Rivoluzione psicosociale» e della «riscrittura delle regole» auspicata da personaggi come Allen Ginsberg? «Sì, direi che la locuzione “riscrittura delle regole” è perfetta come quella di “cambio di paradigma” psico-sociale. Sono state tutte usate come equivalenti per ciò che stava iniziando in quegli anni. L’espressione “Rivoluzione psichedelica” fu usata da Ginsberg, Leary, Metzner e molti altri. Si ritrova nelle riviste dell’epoca e nei documenti filmati. Era un modo per definire la nascita di un nuovo mondo che doveva essere di pace e di amore, di fratellanza e di altruismo e che invece, incentrato com’era sulla ricerca individuale del piacere e dell’estasi, ha prodotto un’accelerazione drammatica del modello consumistico».

Nel libro, l’inizio della rivoluzione psichedelica è fissato nel 10 giugno del 1957, quando uscì il numero di luglio di «Life», dove un lungo articolo celebrava «The Magic Mushroom», il fungo magico. Quale può essere invece considerata, storicamente, la fine di quella rivoluzione? «La data del 10 giugno 1957 è significativa perché quel giorno un intellettuale, che faceva parte dell’establishment finanziario ed economico del suo tempo, un banchiere che studiava l’etnobotanica per hobby, dopo aver partecipato ad una cerimonia sacra, chiamata velada, in Messico, nella quale si faceva uso del fungo allucinogeno psilocybe comunicò agli americani e al mondo il risultato delle sue ricerche: l’estasi poteva essere prodotta da funghi, poteva essere comunicata a tutti, senza preghiere, senza mortificazioni, senza mediazioni. Era la conclusione logica, in un certo senso, del protestantesimo carismatico. L’impatto fu enorme: l’LSD e la psilocibina divennero una moda non sottoposta a riprovazione sociale. Persino tycoon dei media, come i coniugi Luce, rabbini e gesuiti come il famoso padre Murphy, ne furono conquistati. La fine della prima fase di quella rivoluzione (che dura ancora), si è verificata nell’autunno del 1969. Quella che era stata definita la Summer of Love, l’estate dell’amore, si era trasformata nell’autunno dell’odio. Gli Stati Uniti e poi l’Europa furono attraversati da violenti tumulti giovanili cavalcati da forze oscure. Gli stessi Stati Uniti – la cosa forse è poco nota – furono scossi da attentati e omicidi a sfondo politico, rivolte e chiamate alla rivoluzione. Improvvisamente, gli psichedelici (inadatti alla violenza) furono sostituiti dall’eroina e da droghe che rendevano violenti. Le strade ne furono invase, le mafie e inedite, oscure, alleanze fra servizi di intelligence di mezzo mondo e cartelli della droga già comandavano nel 1972. Iniziava una nuova fase. Che, forse, sotto certi aspetti, va ancora studiata. Almeno per quanto riguarda la droga».

Ogni rivoluzione, si sa, ha alle spalle dei pianificatori o, quanto meno, degli autori. Secondo lei a chi deve essere ascritta, più di tutti, la responsabilità della rivoluzione psichedelica? «La responsabilità va ascritta ad un mondo ampio, conosciuto, che da molti anni lavorava a quello che intendeva “progresso”. Parlo degli intellettuali conosciuti nel mondo anglosassone come liberal o radical, che noi definiremmo genericamente “progressisti”. Gli evoluzionisti sociali, tutti coloro che erano in un modo o nell’altro, e a diversi gradi, coinvolti in una lettura relativista del mondo, che volevano dare uno scossone ad un mondo morale che andava loro stretto. Le classi erano quelle degli scrittori, molti scrittori, dei critici, degli artisti in genere, di una parte consistente degli psicanalisti e dei sociologi. La promozione della musica rock, che storicamente è abbinata alla rivoluzione psichedelica, e la rivoluzione sessuale condussero alla miscela esplosiva della rivoluzione dei Sixties. Che in Europa, ma solo inizialmente, prese la forma più austera di un’intossicazione marxista. In una prima fase gli psichedelici apparvero (e furono) uno strumento ideale per “sciogliere” i vecchi nodi del dogma, anche religioso».

E quali furono, in quella vicenda, le effettive responsabilità della C.I.A.? «Come servizio di controspionaggio americano la CIA fu costretta, in un certo senso, a verificare se realmente nel blocco sovietico e cinese certe sostanze venivano usate per condizionare o addirittura per decondizionare persone in modo da farle parlare contro il modo di vita occidentale o addirittura da prepararle per attentati. Il progetto Mk-Ultra, in realtà, comprendeva molti sottoprogetti come l’uso del controllo mentale mediante apparecchiatura in radiofrequenza e luci stroboscopiche, elettroshock, prestidigitatori, ipnotizzatori e una vasta gamma di sostanze. I sotto-progetti che usavano sostanze farmacologiche o psichedeliche furono però considerati molto promettenti e generosamente finanziati, anche se non direttamente, o quasi mai, ma attraverso una rete di strutture scientifiche e mediche messe sotto contratto o attraverso scienziati e psicologi. Alcuni esperimenti sono rimasti famosi, come quello di vaporizzare l’LSD per strada su cittadini inconsapevoli o quello di farlo inalare da frequentatori ignari dentro ad un bordello (il progetto Midnight Climax). Questi esperimenti, a quanto si sa, non diedero risultati utili. La morte di uno scienziato militare, Olson, sottoposto a sua insaputa a massiccie dosi di allucinogeno, fece scoppiare uno scandalo che, anni dopo, nel 1973 portò all’insediamento di una commissione presidenziale d’indagine. Questa fece quello che potè anche perché il direttore della CIA, Richard Helms, aveva fatto distruggere migliaia di documenti e gli altri li aveva resi disponibili con estese cancellature. Successivamente gli esperimenti furono ufficialmente prima ridotti e poi sospesi (ripresero sotto altra forma, ma questo è un altro discorso). Sicuramente nel 1975 l’Mk-Ultra non esisteva più Ma ormai il danno era fatto: la sostanza era disponibile in dosi abbondanti perché i chimici avevano capito come fabbricarla nella sua versione sintetica. Invase le strade gli ambienti giovanili, si diffuse velocemente in un modo imprevisto e determinò effetti non calcolati. Perlomeno questo è ciò che si evince dalla storia. Leary sostiene che una piccola parte di elementi che diremmo “deviati” all’interno della stessa CIA e di altri servizi segreti occidentali cavalcarono la situazione per determinare una specie di “cambio di mentalità”».

Nel ’51 a Pont-Saint-Esprit, un villaggio francese, si registrò un’improvvisa ondata di follia: cinque persone morirono, decine finirono in manicomio, centinaia diedero segno di delirio. Qualcuno ha ipotizzato che quelli furono gli esiti da parte della CIA, di testare l’LSD. Le sembra possibile? Se sì, quanto di questi “esperimenti” sono stati condotti? «È assai probabile perché a quel tempo, nel 1951, si facevano esperimenti irresponsabili con quelle sostanze nell’ambito del Project Artichoke, in molti paesi NATO. Dopo il 1953, le sperimentazioni di quel tipo aumentarono. È sicuro che ne furono condotte diverse centinaia nell’arco di trent’anni, la maggior parte concentrati nel quindicennio 1953-1968, soprattutto negli Stati Uniti e in Canada ma anche in Inghilterra. I teatri di queste operazioni furono ospedali civili, ospedali militari, istituzioni scientifiche di vario genere, comunità religiose, università, prigioni e gli studi di centinaia di medici e psicologi. Che siano stati condotti in vari paesi ma soprattutto negli Stati Uniti esperimenti, a livello governativo e privato, con l’LSD e altre sostanze psichedeliche è un fatto storico, ampiamente provato. Il tutto fu rivelato ufficialmente da una commissione del Senato americano e in un documento ufficiale del governo denominato Project Mk-Ultra, the Cia’s Program of Research in Behavioral Modification del 1977. Il documento, molto ponderoso, può essere scaricato e consultato da chiunque da uno dei siti governativi. Inizialmente le intenzioni erano, per dire così, “buone”, e si inserivano nel clima della guerra fredda. I dirigenti dei servizi d’intelligence militari e civili del blocco atlantico e occidentale si erano convinti (probabilmente a ragione) che i paesi comunisti e in particolare l’unione Sovietica e la Cina usassero sostanze chimiche e altre tecniche non farmacologiche per condizionare i loro soldati e i soldati americani e occidentali catturati (ciò che fu chiamato brainwashing). Per questo motivo, durante la guerra, furono autorizzati programmi militari di sperimentazione su soldati e prigionieri di guerra. Successivamente, gli esperimenti furono ampliati e inseriti in un programma-ombrello molto vasto chiamato Mk-Ultra. Tra i vari protocolli vi erano quelli che comprendevano l’uso di sostanze psicotrope come la cannabis e soprattutto i cosiddetti psichedelici. Si pensava allora che l’LSD, la psilocibina, la mescalina, la DTM, potessero condizionare il comportamento di soggetti sottoposti a particolari trattamenti ma anche guarire particolari disturbi del comportamento come l’alcolismo. In seguito, gli esperimenti furono applicati su scala sempre più vasta. Non ci si limitò più al personale consenziente ma si estese la sperimentazione su ignari cittadini, su militari, su pazienti psichiatrici, su varie categorie di persone. La CIA condusse esperimenti sul territorio nazionale, fuori dalla propria giurisdizione. Ci furono morti, incidenti e questo più tardi avrebbe fatto scoppiare lo scandalo. Ma il vero problema è che ingenti dosi di LSD furono affidate a istituzioni scientifiche e mediche private così come a singoli medici (soprattutto psicanalisti) perché continuassero gli esperimenti secondo protocolli comuni e riferissero a strutture scientifiche di collegamento. La droga cominciò a circolare nei campus universitari, nei luoghi di svago dei giovani perché alcuni apprendisti stregoni (psicanalisti, psichiatri, scienziati del comportamento) volevano studiare le potenzialità di cambiamento che queste sostanze potevano condurre nella popolazione. Molti di questi “apprendisti stregoni” erano legati ad ambienti governativi, altri a fondazioni private come la Kaiser Foundation, università (Stanford, Harvard ecc.), ospedali militari (Menlo Park). La situazione sfuggì di mano quando la produzione delle sostanza uscì dai laboratori controllati dal governo e fu presa in mano da produttori indipendenti, legati alla mafia o al mondo dei servizi segreti. Ormai erano gli anni Sessanta e si era in piena Rivoluzione psichedelica. L’impatto di queste sostanze nel mondo giovanile del tempo causò (o meglio concorse a causare) proprio quello che molti scienziati sociali avevano preconizzato: un “cambiamento di paradigma” nei costumi e nella mentalità».

È realistico pensare tanto più oggi, in tempi di manifesti tentativi mass-mediatici che, una volta concluso il progetto Mk-Ultra non si siano più condotti esperimenti sul controllo mentale? «Quanto al controllo mentale, all’induzione di condizionamenti con vari metodi, è certo che questo tipo di esperimenti non sia mai cessato sia con l’utilizzo di sostanze chimiche sia con mezzi molto più sofisticati, elettronici. In tutto il mondo ovviamente, non soltanto negli Stati Uniti. È un campo molto controverso, rischioso, in mancanza di dati certi è meglio non azzardare. Credo che nessuno sappia, allo stato attuale, a che punto sia la ricerca e come venga applicata ma non è un mistero per nessuno che, ad esempio, «Gnosis», la rivista del Sisde, abbia scritto qualcosa a proposito delle tecnologie a radiofrequenza. Tornando alla questione droga, è noto che la diffusione delle attuali droghe sintetiche come l’MDMA (ecstasy) è stata favorita da esperimenti condotti da psichiatri e psicanalisti che ricercavano nuovi usi per droghe e molecole già conosciute. Esistono anche potenti lobby antiproibizioniste che hanno, tra gli scopi dichiarati, quello di sostituire l’esperienza religiosa con esperienze dionisiache di tipo sintetico. Alcune di queste sono dirette da ex protagonisti della Rivoluzione psichedelica degli anni Sessanta come – ma è solo un esempio – Ralph Metzner. Alexander Shulgin, uno dei massimi drug designer del mondo, californiano di origine russa, collabora da sempre con esperimenti ufficiali e con grandi industrie nonostante sia una sorta di fuorilegge. I suoi libri, liberamente circolanti, sono gremiti di ricette per fabbricare “in casa” droghe sintetiche».

Torniamo alla rivoluzione psichedelica. Il dottor Timothy Leary, – nel suo libro è spiegato benissimo – fu forse il maggiore estimatore e sponsor, almeno in origine, dell’LSD. Dobbiamo a lui, non a caso, lo slogan “Turn on, tune in, drop out” (“Accenditi, sintonizzati, sganciati”). Per come ha avuto modo di approfondire la sua figura, Leary agì per convinzioni, diciamo così personali oppure fu a sua volta “manovrato” da alcuni ambienti? «Timothy Leary è una specie di enigma, un personaggio importante, influente che non si è mai svelato del tutto. Un pifferaio capace ed eccessivo, un burlone serissimo. Una personalità patologica ma anche un uomo molto intelligente con secondi fini. Ha spesso lasciato capire che non lavorava soltanto per conto suo, ma anche come emissario di una minoranza potente. Riuscì a conquistare gli intellettuali del tempo diventando una vera e propria icona culturale. Iniziò la sua carriera come psicologo behaviorista rispettabilissimo, d‘ambiente accademico, e fu autore del manuale di profilazione dei candidati della CIA, The Interpersonal Diagnosis of Personality. Allo stesso tempo iniziò sin da giovane una condotta di vita disordinata che condusse al suicidio della prima moglie. Depresso, sull’orlo di una vera e propria disgregazione della personalità, sperimentò la psilocibina e ne fu conquistato. Cominciò a teorizzare la possibilità di curare disturbi della personalità come la depressione, l’alcolismo o comportamenti devianti, inducendo quelle che venivano chiamate esperienze-picco, sorta di esperienze mistiche indotte chimicamente. Il suo interesse si spostò dalla psilocibina all’LSD grazie all’intervento di un personaggio ambiguo e misterioso (uno dei tanti) che proveniva da ambienti diplomatici inglesi, Michael Hollingshead. Questi procurò le prime migliaia di dosi di LSD. Nacquero i famosi esperimenti di Harvard su studenti e dottorandi che presto coinvolsero centinaia di persone, molte provenienti dal mondo artistico e intellettuale e persino religioso di Boston e New York. Lo scandalo che ne seguì causò la cacciata di Leary e del suo collega e braccio destro, lo psicologo Richard Alpert. I due crearono una comune dedita alla sperimentazione di psichedelici a Millbrook (New York), nella tenuta dei magnati Mellon-Hitchcock, e lì divenne un vero e proprio eroe culturale (o “contro culturale” come si amava dire allora). Per decenni restò una specie di fuorilegge coccolato dal sistema dei media e dagli intellettuali. S’atteggiò a profeta religioso fondando movimenti spirituali come la League for Spiritual Discovery (acronimo: LSD). Secondo lui le droghe avrebbero sciolto letteralmente le religioni. In un certo senso, la sua missione aveva aspetti “religiosi” e certamente luciferini. I suoi amici, tra i quali si contavano poeti allora in auge come Allen Ginsberg, lo considerarono ad un certo punto un falso messia, paragonandolo a Sabbatai Zevi. Secondo loro, lavorava con il Sistema fingendo di essere contro di esso. Leary dichiarò che l’establishment era contro di lui (infatti fu arrestato dall’FBI), anche se una piccola parte di persone che definiva «libere e illuminate» all’interno delle istituzioni governative stava dalla sua parte. La figura di Leary, a mio avviso, deve ancora essere studiata a dovere. Certe sue ambigue dichiarazioni sulle lobby culturali-scientifiche che lo spalleggiavano negli Stati Uniti e in Inghilterra, vanno ancora comprese. Il suo ruolo nei cambiamenti culturali degli anni Sessanta, comunque, è stato notevole anche se già verso il 1975 lui stesso era passato di moda. Ma ci sono altri personaggi che giocarono un ruolo importante in quel tempo, come il romanziere Ken Kesey, che “convertì” parte dei vecchi beat al nuovo verbo psichedelico e li portò a fare un viaggio Coast-to-Coast su un autobus dipinto a colori fosforescenti che ha inciso nell’immaginazione».

Leggendo il suo libro sia ha come l’impressione che l’LSD non sia stata una droga come tutte le altre, bensì quasi un espediente per fondare una nuova religione. La Summer of Love, il raduno del ’67 in cui si celebrò la nascita della “Nuova Era dell’amore” sembrò andare in questa direzione. È d’accordo? Fino a che punto la rivoluzione psichedelica fu, genericamente, solo qualcosa di “sociale” e non, invece, un fenomeno religioso? «In effetti, l’LSD in particolare (sintetizzato nel 1943), ma comunque l’intero complesso delle droghe psichedeliche, legali sino all’ottobre del 1966 (come la mescalina, la psilocibina, il DTM), diede origine ad un movimento che qualche storico ha avvicinato ai movimenti carismatici del Settecento o degli inizi del cristianesimo. Si produsse una specie di entusiasmo “religioso” (la parola va usata con circospezione) che, grazie a queste sostanze, avrebbe reso più accessibile e democratico l’accesso al divino. Un esperimento tenuto ad Harvard nel 1962 da Timothy Leary e dai suoi collaboratori dell’Harvard Psychedelic Experiment, mirava appunto a dimostrare che l’esperienza-picco religiosa indotta da canti e preghiere, e quella chimica, indotta da psilocibina, erano del tutto equivalenti. Furono sedotti da questo messaggio soprattutto gli intellettuali: scrittori, giornalisti, pittori, attori, registi, filosofi. Ne furono sedotti anche perché era fortemente libertario e implicava liberazione sessuale e contestazione di dogmi e morale. In prima fila fra i banditori vi fu proprio quell’Aldous Huxley, sperimentatore della mescalina, che morì proprio nel 1963 sotto l’effetto dell’LSD. Non si contano coloro che negli anni Sessanta e Settanta si unirono alla crociata libertaria che univa droga, sesso e rock ‘n’ roll, non a caso associati. I poteri forti e le masse di giovani “contestatori” s’unirono in un ambiguo abbraccio nel quale una parte del Sistema culturale libertario e anticristiano andava assieme ai giovani contestatori della classe media. Non dimentichiamoci che il primo sperimentatore della psilocibina, nella forma del fungo psylocibe, poi sintetizzato, fu il banchiere Gordon Wasson. I raduni del 1966 e 1967 furono il momento più visibile, di massa, di questo movimento libertario e carismatico che vedeva inaugurare una nuova età dell’amore e della pace e, letteralmente parlando, una Nuova Era, una New Age. Infatti i movimenti del potenziale umano e quelli carismatico-chimici degli anni Sessanta erano solidali e composti, in gran parte, dalle stesse persone, almeno all’inizio. I medesimi leader, spesso, muovevano i fili. La Summer of Love inizialmente fu organizzata per protestare contro la messa al bando degli psichedelici ma poi divenne il simbolo della protesta hippy».

Quale lezione ha tratto scrivendo Rivoluzione Psichedelica? Questo libro le ha dato modo di cambiare prospettiva oppure ha confermato convinzioni che già sentiva proprie? «La lezione che ho imparato è che processi come quello che fu chiamato, già all’epoca, “Rivoluzione psichedelica” sono complessi e richiedono una concordanza di fattori. Non fu propriamente una cospirazione se non nel senso dato da Marilyn Ferguson nel suo libro La cospirazione aperta. Non è corretto dire, ad esempio, che fu una “cospirazione della CIA” o di qualche altro ente. Fu una concordanza di intenti e una sperimentazione di massa che sfuggì di mano. Iniziarono i militari e organismi governativi interessati a sperimentare nuovi sistemi di controllo e manipolazione delle menti. Da questo punto di vista, quello del controllo mentale o brainwashing, pare che gli esperimenti furono pressoché fallimentari. Le droghe psichedeliche, perlomeno quelle disponibili quaranta o cinquant’anni fa, non erano adatte al “controllo”. Quando i militari persero interesse continuarono gli psicanalisti, che intendevano curare certi disturbi del comportamento. E non soltanto. Infatti, la svolta vera e propria ci fu quando intellettuali determinati a combattere la mentalità allora dominante, quella rispettosa della religione, della famiglia e della morale, favorirono la diffusione delle droghe proprio con questo scopo dichiarato. I nomi che si potrebbero fare sono moltissimi. Il movimento fu imponente, basta scorrere i giornali dell’epoca anche italiani (si sfoglino per esempio i numeri de «l’Espresso» di quegli anni). Fu allora che il movimento divenne nel vero senso della parola “rivoluzionario” e concorse a diffondere una mentalità da partito radicale di massa con la rivoluzione sessuale, (la pillola era stata commercializzata da qualche anno), la nascita del rock e della moderna cultura dionisiaca. La produzione della droga, alla fine degli anni Sessanta, era passata alla malavita e a certe ambigue joint-venture createsi fra mondo del crimine e quello dei servizi segreti. Basti pensare a personaggi sconcertanti come il capitano Hubbard all’inizio della Rivoluzione psichedelica e soprattutto a Ronald Stark, un personaggio legato a servizi d’intelligence di diversi paesi e contemporaneamente a movimenti terroristici anche italiani, di destra e di sinistra, che arrivò, ad un certo punto, a controllare buona parte del mercato mondiale dell’LSD».

Sulla base del suo studio sulla rivoluzione psichedelica pensa che ci sia anche oggi, in particolare nel mondo occidentale, una rivoluzione. E se sì quale? «Il paradigma dionisiaco imposto negli anni Cinquanta-Sessanta è stato favorito anche dalla cultura della droga e dalla diffusione di sostanze psicotrope su una scala prima sconosciuta. Oggi sono diffusissime sostanze prodotte da quegli stessi drug designer che si misero al lavoro subito dopo la proibizione delle sostanze psichedeliche. Uno famosissimo, che si dichiara anarchico ma è consulente di grandi aziende farmaceutiche è Alexander “Sasha” Shulgin, il padre dell’ecstasy e di decine di altre droghe. Le molecole continuano a cambiare, sono a buon mercato, spesso legali, perché non si riesce a inserirle in tempo nelle tabelle delle sostanze proibite. Vengono chiamate “enteogene” ovvero sostanze che “rivelano il divino che è in noi”, non più semplicemente psichedeliche” ovvero “rivelatrici della psiche”. Direi che la rivoluzione sta progredendo ad un ritmo sostenuto, meno visibile, forse; non perché non ci siano più i grandi raduni di massa come il Love-In o la Summer of Love ma perché si sono standardizzati, sono entrati nel mercato di consumo della trasgressione controllata da grandi interessi economici. Pensi all’annuale Love Parade di Berlino che riunisce milioni di persone. Inoltre, lo spazio mentale occupato da quelle celebrazioni di massa viene presidiato tutto l’anno dai fortini dionisiaci costituiti dalle discoteche e dai rave party. Tutto ciò non è che un’evoluzione di quello che iniziò allora. A questo proposito sto lavorando ad una seconda parte dello studio che prenderà le mosse laddove il primo si è concluso per indagare il profondo impatto che nella cultura giovanile contemporanea hanno avuto la cocaina e l’ecstasy (MDMA e derivati)».