Nuovi studi sui rischi per i bimbi nati con Pma
Di Rassegna Stampa (del 09/01/2009 @ 21:27:45, in Fecondazione artificiale, linkato 1245 volte)

Esce in questi giorni uno studio eseguito da ricercatori americani del Centro nazionale su difetti congeniti e disabilità evolutive (Nbdps) che riapre il dibattito etico sui temi della fecondazione in vitro, finora limitato al tema della liceità morale della fecondazione extracorporea e all'eliminazione di embrioni umani soprannumerari o malati. Lo studio ("Human Reproduction", novembre 2008) riporta infatti che i bimbi dati dopo fecondazione in vitro (Fiv) hanno un rischio di certe malformazioni maggiore degli altri. Il problema era già stato sollevato dalla garante per l'infanzia del parlamento francese, Claire Brisset, su "L'Express" del 16 gennaio 2003: "Per l'Icsi (tecnica di procreazione artificiale, ndr) bisogna assolutamente procedere ad una valutazione retrospettiva di questa tecnica di cui non conosciamo gli effetti. Abbiamo il diritto di rischiare di concepire figli che rischiano di essere ipofertili senza aver pesato cosa questo significhi? La tecnica è efficace. La gente è contenta. Siamo nel breve periodo. Auspico una moratoria finché non abbiamo abbastanza informazioni".

E le faceva eco sulla stessa rivista il presidente del Comitato nazionale francese di bioetica, Didier Sicard: "Oggi si sacralizza il desiderio degli adulti. Certe tecniche di fecondazione fanno correre dei rischi ai bambini che nasceranno". Veniva dunque auspicato anche in ambito procreativo il principio di precauzione. La letteratura scientifica aveva infatti iniziato a mostrare i dati sulla salute dei bambini; e i dati avevano iniziato ad interessare la comunità scientifica e a generare una certa preoccupazione, tanto che sulla rivista "Nature" Kendall Powell aveva pubblicato un articolo significativamente intitolato "Semi di dubbio" in cui così concludeva: "Viste le preoccupazioni esistenti e la potenzialità per ulteriori spiacevoli sorprese, alcuni ricercatori richiedono fondi per progetti per investigare la biologia di fecondazione e impianto, per studi sugli effetti delle manipolazioni su ovociti ed embrioni e per studi epidemiologici più ampi e migliori". Da allora gli studi si susseguono. Alcuni mostrano che nella media lo sviluppo neurologico dei piccoli non avrà risentimenti e una recente review pubblicata dalla rivista "Lancet" (luglio 2007) afferma che "i bambini nati da Fiv a termine di gravidanza e sani, avranno uno sviluppo pari agli altri". Ma il "Lancet" riporta anche che in caso di Fiv "il maggior rischio dipende dalle nascite multiple. Il rischio di aborto è del 20-34% maggiore della popolazione generale. Il rischio di malattie da numero alterato dei cromosomi è maggiore così come il rischio di nascite premature è doppio rispetto alla popolazione normale; è anche aumentato il rischio di ritardo di crescita del feto". "Il rischio di malformazioni maggiori è 1,3 volte quello della popolazione generale" e c'è "anche un rischio maggiore di paralisi cerebrale". Anche altre review mostrano dati simili al "Lancet", come quella di Nancy Green su "Pediatrics" del 2004 o Jane Halliday su "Best Practice and Research Clinical Obstetrics and Gynecology" del 2008. In realtà le percentuali di bambini con malformazioni nella popolazione generale (4% dei nati) o paralisi cerebrale (2% dei nati) sono relativamente basse e un loro incremento di 1,3 volte - come nel caso delle malformazioni - non è clamoroso. Ma non è neppure trascurabile, come sottolineano le riviste citate, e proprio questo fa entrare nel dibattito il principio di precauzione che richiama alla necessità di studi prospettici, al miglioramento delle procedure e all'analisi attenta del percorso fin qui intrapreso, come ad esempio suggeriscono Pavels e Knowels sulla laica rivista di bioetica "Hasting Center Report" o il documento "Reproduction and Responsibility" del Comitato di bioetica del presidente americano. Quanto abbiamo riportato introduce sulla scena del dibattito etico riproduttivo un personaggio centrale forse poco considerato finora: il figlio, i rischi grandi o piccoli che lui corre e che i genitori accettano in sua vece. Pavels e Knowels, parlando dei rischi posti dalla Fiv sui bimbi, spiegano che "i futuri genitori devono bilanciare il loro desiderio di creare un bambino col loro desiderio di proteggerlo da rischi prevenibili" tema su cui il Los Angeles Times si è concentrato l'11 agosto scorso in un articolo intitolato: "Bimbi, la via facile? Le tecnologie riproduttive non dovrebbero essere intraprese alla leggera. Possono porre rischi per il nascituro". Questo apre la porta ad una seria riflessione sui diritti di quest'ultimo e sulla tutela che necessita rispetto alle possibili difficoltà conseguenti alla Fiv, tra cui anche l'assenza ex lege di un genitore in caso di fecondazione eterologa, o la possibilità di sterilità ereditata in conseguenza della sterilità del genitore, fino addirittura alla scelta da parte dei genitori di concepirlo non "sano" ma con una qualche anomalia che i genitori suppongono desiderabile (vedi il caso della madre non udente che ha voluto concepire un figlio sordo usando il seme di un donatore sordo anche lui, "Journal of Medical Ethics" ottobre 2002). S'impone allora una riflessione sull'etica dell'accettare rischi per conto del bambino per compiere il proprio umano desiderio. È una riflessione ormai in atto perché nel mondo cresce un'impellente domanda di approfondimento e di prudenza nel mettere le mani nel cuore della vita umana, come mostra un sondaggio dell'ente inglese Human Fertilisation Embriology Authority il quale ha riportato nel novembre 2005 che, mentre l'85% delle persone ritengono che la Fiv rappresenti un importante avanzamento scientifico, solo il 50% ritiene che i vantaggi compensino i rischi. Questa riflessione riporta il figlio al centro della discussione etica, non più come un "diritto" (nessuna persona è un diritto per un'altra) ma come un soggetto personale e necessitante di tutela e cautela sin nell'atto del suo concepimento. E forse è proprio dall'approfondimento dell'interesse del bambino il punto da cui si può partire per un dibattito sereno sull'etica della fecondazione umana. Carlo Bellieni, neonatologo, università di Siena (©L'Osservatore Romano - 10 gennaio 2009)