Diventa socio
Sostieni la nostra attivitą Contatti

 

Cerca per parola chiave
 

 

Autori

 

Ci sono 110 persone collegate

 

\\ Home Page articoli : Articolo
India: uccidere i cristiani per fermare sviluppo e dignitą di tribali e Dalit
Di Rassegna Stampa - 28/08/2008 - Religione - 1253 visite - 0 commenti

Un esperto sociologo rivela i motivi alla base delle ricorrenti violenze contro i cristiani: la conversione al cristianesimo, l’istruzione, l’emancipazione sottraggono tribali e fuori casta allo schiavismo. Il fondamentalismo indù frena la ricerca di maggior giustizia e le trasformazioni sociali in atto. Mumbai (AsiaNews) –

Un appello alle Chiese in tutto il mondo per “esprimere la loro protesta verso l’India” rimasta “inattiva” di fronte alle violenze contro i cristiani; una chiara accusa al governo dell’Orissa, sempre più esplicitamente connivente con il pogrom in atto contro le comunità dei fedeli: sono alcuni dei punti della decisa analisi di p. Augustine Kanjamala, verbita, professore all’università di Mumbai. Secondo p. Kanjamala da anni vi è un piano per cancellare i cristiani dell’Orissa, e soprattutto quelli del distretto di Kandhamal (dove sono avvenute le maggiori atrocità) cresciuti in questi anni fino al 5% della popolazione. Conversioni, sviluppo, emancipazione di tribali e paria si scontrano con il conservatorismo dell’Hindutva. Il 24 dicembre 2007, mentre i cristiani si preparavano a celebrare la nascita di Gesù, Swami Laxmanananda Saraswati, membro di un’organizzazione fondamentalista indù (Vishwa Hindu Parishad) e i suoi accoliti hanno attaccato e distrutto molte chiese e cappelle, ferendo e lasciando senza casa un gran numero di cristiani nel distretto di Kadhamal (Orissa). Esattamente 8 mesi dopo, il 23 agosto 2008, quando il gruppo fondamentalista e la comunità indù si preparavano a festeggiare la nascita di Krishna (Janmashtami), nell’ashram di Jalespata, lo Swami e alcuni suoi accoliti sono stati assassinati da un gruppo di tribali rivoluzionari maoisti. L’attacco era premeditato: lo Swami era stato avvertito e minacciato e le autorità del governo lo sapevano. Una tivù locale ha affermato che gli assassini hanno lasciato un biglietto sulla scena del delitto, in cui si diceva che l’uccisione era una vendetta per gli attacchi di dicembre contro i cristiani.

Gli indù hanno subito accusato la Chiesa di aver progettato l’uccisione del loro riverito e ultra- ottantenne leader, dicendo che il governo tentava di dare spiegazioni usando la pista maoista. Il giorno dopo, a un incontro già fissato dei leader indù a Rourkela – la città dell’acciaio – si dà il via a un’immediata e violenta rappresaglia. Il pieno successo dello sciopero in Orissa, per tutta la giornata del 25 agosto dà il senso della vastità della reazione. Gli attacchi simultanei e senza freno a 35 centri cristiani dell’Orissa mostrano che vi era un piano organizzato. Tutti gli attacchi erano diretti contro i cristiani e le loro istituzioni. La folla furiosa, cercando vendetta per l’assassinio del loro Guru, ha distrutto con una bomba il centro pastorale di Bhubaneshwar. Un prete e una suora che vi lavoravano sono stati picchiati, denudati e fatti sfilare in pubblico per vergogna. Altri 4 sacerdoti sono stati battuti in modo pesante e uno di loro è in condizioni critiche nell’ospedale di Sambalpur, con ferite e ustioni gravi. A Burgarh, un orfanotrofio tenuto da cristiani è stato distrutto; una ragazza cooperatrice, Rajni Maji, è stata arsa viva e uccisa. Un gran numero di chiese, cappelle, conventi, ospedali, dispensari, veicoli sono stati attaccati e distrutti. Alcune suore sono state avvertite in tempo e sono riuscite a fuggire nella jungla o nel vicino stato di Chhattisgar. Alcuni laici hanno perso la vita, mentre migliaia sono fuggiti nelle foreste e almeno 200 case sono state incendiate. I radicali indù hanno perfino sfidato il coprifuoco imponendo il loro sciopero in tutto lo Stato, mettendo il governo in ginocchio.

Il numero ufficiale di 20 morti, riportato nei media – sotto controllo – è totalmente falso. Va notato che, oltre che nel distretto di Kandhamal, le violenze hanno colpito anche il prestigioso Institute of Management Studies a Bhubaneshwar, retto dai gesuiti. Ma il rapido intervento della polizia ha evitato la distruzione. Nelle aree rurali, invece, la polizia non è potuta arrivare in tempo per la mancanza di strade o perché le strade erano bloccate da alberi abbattuti dai gruppi radicali. Lotta contro le conversioni e allo sviluppo Il 40% della popolazione dell’Orissa è costituita da tribali e fuori-casta: ciò lo rende uno dei più sottosviluppati Stati dell’India. Il distretto di Kandhamal, che da almeno 10 anni soffre di violenze anticristiane, è anche l’area in cui si registra un gran numero di conversioni al cristianesimo. La conversione ha portato molti Dalit a un progresso socioeconomico evidente. Di recente, molti tribali hanno deciso di seguire l’esempio dei Dalit e sono divenuti cristiani. E così, mentre i cristiani in Orissa sono solo il 2% della popolazione, in 10 anni nel distretto di Kandhamal la percentuale è giunta al 5% . Ciò spiega l’astio contro i missionari cristiani. Nel gennaio 1999, in quel distretto, il missionario australiano Graham Staines e i sui due figli sono stati arsi vivi da una folla guidata da Dara Singh (condannato nel 2003). Il guru assassinato, che era un veemente oppositore delle attività missionarie, aveva detto di recente: “Quanto prima i cristiani ritornano nell’ovile dell’induismo, tanto meglio sarà per la nazione”. Va notato che l’Orissa è stato il primo Stato a varare una legge anti-conversione fin dal 1967, seguito poi da alcuni altri. I missionari cristiani affermano che servire i poveri e gli emarginati è parte della loro vocazione; le leggi anticonversione sospettano che tali servizi siano mezzi fraudolenti e persuasivi per spingere alla conversione. Un altro fattore genera l’opposizione contro i cristiani: la società si accorge che nell’Orissa, ovunque vi è presenza di missionari cristiani, avviene anche un importante cambiamento sociale. La gente si sviluppa, c’è una maggiore dignità nel loro modo di vivere e di comportarsi. Grazie all’educazione che ricevono – anche solo l’educazione di base – i tribali e i Dalit non sono più disponibili a essere usati come manodopera a basso costo per l’agricoltura. La loro dignità ed educazione dà loro il coraggio di protestare contro lo sfruttamento e l’oppressione. A questi cambiamenti, avvenuti in due generazioni, si aggiunge anche un altro fatto: la migrazione dei tribali verso le grandi metropoli. Solo a Mumbai ci sono almeno 100 mila giovani adivasi (tribali) dell’Orissa, tutti impiegati nel settore del servizio domestico o in piccole fabbriche. È chiaro che questi cambiamenti stanno trasformando anche il tessuto socio-economico dell’Orissa.

Il programma politico dei radicali indù Tornando ai fatti del presente, la totale mancanza di rispetto della legge e dell’ordine in questi giorni dà l’impressione che le autorità dello stato, per motivi politici, siano conniventi con i fondamentalisti indù. L’Orissa è governato da una coalizione sostenuta da un partito fondamentalista indù, il Bharatiya Janata Party. Il timore è che l’Orissa scivoli verso un stile già attuato nel Gujiarat, divenuto luogo di massacri e laboratorio dell’induismo. Da parte sua, mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Bhubaneshwar, esprimendo il pensiero di tutti I cristiani, ha condannato con forza queste uccisioni vilenti e codarde [anche quella di Swami Laxmanananda] e ha chiesto a tutti pace e armonia. Una delegazione cristiana, guidata dall’arcivescovo di Delhi, mons. Vincent Concessao, ha presentato un memorandum al ministro degli Interni. Intanto proseguono i processi contro i colpevoli delle violenze avvenute nel dicembre scorso, compresi quegli ufficiali di polizia e ministri statali rimasti inattivi d fronte alle distruzioni. Ciò spiega in parte anche l’attuale freddezza nel rispondere agli eventi attuali. Per protestare contro le violenze ed esprimere solidarietà ai cristiani dell’Orissa, tute le scuole cattoliche del Paese rimarranno chiuse il 29 agosto. Ma non vogliamo dimenticare il nostro apprezzamento verso tutti i poliziotti che hanno agito con prontezza nell’aiutare i missionari e alcune istituzioni ecclesiali. Molti indù e altre persone di buona volontà ci hanno espresso la loro simpatia e sostegno. Noi chiediamo ai cristiani di tutto il mondo di esprimere la loro protesta verso il governo indiano. Crediamo che l’India vorrà difendere la sua immagine di Paese laico e democratico nella comunità internazionale e farà subito passi per difendere la libertà religiosa e l’armonia. Purtroppo, ancora oggi, 28 agosto, la situazione rimane tesa e il governo continua ad estendere il coprifuoco a sempre più città, mentre si attendono forze di sicurezza dalla capitale.

* P. Augustine Kanjamala, verbita, è dottore in sociologia della religione. È stato direttore dell’istituto missiologico Ishvani Kendra a Pune. Egli è stato anche segretario della Commissione per l’Evangelizzazione per la Conferenza dei vescovi indiani. Attualmente è direttore dell’Institute of Indian Culture, legato all’università di Mumbai.

 
Nessun commento trovato.

I commenti sono disabilitati.