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Sicilia, i sindaci cancellano Garibaldi
Di Rassegna Stampa - 31/07/2008 - Storia del Risorgimento - 1785 visite - 0 commenti

Capo d'Orlando, picconate alla targa della piazza.

Lombardo: altri seguiranno DAL NOSTRO INVIATO CAPO D'ORLANDO (Messina) —

C'è chi vuole riscrivere i libri di storia e chi comincia a rinominare strade e piazze. Cancellando nomi e perfino spaccando a martellate qualche targa. La prima vittima eccellente in questo gioco di sali e scendi, di cielo e terra, di gloria e polvere è l'eroe in camicia rossa osannato in tanti quadri e in tante sicule dimore dove campeggiano lapidi a testimonianza di fugaci e a volte improbabili soste. Lui, «Peppino» Garibaldi, non avrebbe mai immaginato di veder infranta la sua icona proprio mentre le fanfare si preparano ad evocarne i 150 anni dell'epopea. Come vorrebbe fare Vittorio Sgarbi nella «sua» Salemi che da neo sindaco candida a «capitale garibaldina».

Al contrario di Enzo Sindoni, popolare, eccentrico e discusso primo cittadino di Capo d'Orlando, la roccaforte dei commercianti antiracket, adesso proiettata nella storia a martellate. Perché con sacro furore Sindoni ha proprio ridotto a pezzi la targa di «Piazza Garibaldi » maledicendo l'eroe come «un feroce assassino al servizio di massoneria e servizi inglesi». E giù un colpo dietro l'altro. Per poi incollare sui muri la nuova insegna, «Piazza IV Luglio», riferimento ermetico di un evento dimenticato, una battaglia navale del 1299 con 6 mila morti. Sgusciato da diverse peripezie giudiziarie, Sindoni, eletto con lista civica, assessori di diverse estrazioni, s'infuria con chi lo accusa di iniziative folkloristiche e non teme le reazioni dei comitati pro-Garibaldi appena nati, fiero di incoraggiamenti autorevoli che arrivano perfino dal vertice della Regione.

Perché Raffaele Lombardo, il governatore autonomista già alleato in campagna elettorale con la Lega di Bossi, sembra ancor più determinato: «Adesso bisogna cancellare Cavour il piemontese, qualche siciliano come Crispi che fece sparare sul suo popolo e Nino Bixio, il carnefice di Bronte. Ben fatto, a Capo d'Orlando. Si preparino gli altri sindaci. A settembre abbatteremo i simboli di una impostura chiamata Unità d'Italia per dedicare strade e piazze ai nostri eroici emigrati in America, Argentina, Germania, in tanti Paesi dove hanno buttato sangue grazie a quella conquista violenta consumata da Garibaldi e compagni». Una rivisitazione della storia la propone da tempo Lombardo, ma i toni sembrano infuocati, un po' «bossiani». E lui se ne vanta: «Serve in questo Paese il linguaggio di Bossi, utile soprattutto se declinato con accento meridionale, in dialetto calabrese o siciliano... ». E Sgarbi? «Vada a trasformare qualche città delle Marche o del Piemonte nella capitale di Garibaldi». E le commemorazioni dell'epopea? «Parteciperò se costretto ma l'Unità ci è costata violenza, sangue e miseria». Deve essere musica per il vice segretario del Movimento indipendentista siciliano che si firma Roman H. Clarke, già schierato via internet con il «coraggioso sindaco». Ovvero per Fabio Cannizzaro, animatore di un blog che punta al mondo intero: «Trinakria ppì la Kultura siciliana ‘nto lu munnu'». Tutte sigle scoperte con sgomento da Carmelo Galipò, consigliere di minoranza, e Giuseppe Sapone, coordinatore del Pd a Capo d'Orlando, pronti a critiche respinte su carta intestata da «‘U Cumitatu Missinisi du Frunti Nazziunali Sicilianu – Sicilia Indipinnenti ». Disorientato «da tanta confusione », a Palermo il decano degli storici siciliani, Francesco Renda, una vita nel Partito comunista, 86 anni, invita tutti «a studiare la storia, anche a rivederla, a riscriverla, non a frantumare targhe». E propone a Lombardo di evitare «manifestazioni inutilmente offensive»: «Capisco che le sue origini non stanno nel Risorgimento, ma nel Separatismo. Bene, studiamolo, ristudiamolo. Lo sto facendo anch'io in questi giorni scrivendo su Mario Canepa come non ne ho mai scritto in passato. Improvvisando c'è solo presunzione e ignoranza». Forse a Capo d'Orlando preferiscono agganciarsi ad un altro professore di Storia moderna, Daniele Tranchida, cuore a destra, studenti all'Università di Messina: «Studiamo da tanti tanti anni e infatti ormai sappiamo che fu strumento almeno inconsapevole di disegni antimeridionali». Partita aperta. Da disputare ben oltre questo paradiso estivo con lungomare intitolato, chissà perché, a Ligabue (il cantante, non il pittore), e la piazza strappata a Garibaldi ridotta a un numero, il 4 luglio, che però per ironia del destino coincide con la sua data di nascita. Come fosse lo sberleffo di «don Peppino». Corriere della sera, 31 luglio 2008 Felice Cavallaro

 
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