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Umberto Galimberti: il nichilista di Repubblica che copia i libri.
Di Rassegna Stampa - 04/07/2008 - Cultura e societą - 2289 visite - 0 commenti

Umberto Galimberti è considerato negli ambienti colti della sinistra un guru, uno di quei filosofi profondi, seri e pensosi che dall’alto della propria cultura sanno analizzare con amara precisione il disagio esistenziale della nostra società. Confesso che fino a qualche tempo fa mi capitava di apprezzare qualche suo articolo, ma ora non riesco proprio a prenderlo sul serio. Non che Galimberti sia improvvisamente rimbecillito. Al contrario, è troppo intelligente; anzi troppo italianamente furbo. Il Giornale ha infatti scoperto che l’Umberto ha l’abitudine di copiare testi altrui, senza virgolettarli, senza citare la fonte. Nei giorni scorsi Roberto Farneti e Matteo Sacchi hanno scoperto ben quattro casi di plagio. Dico quattro casi. Stamane nuovo scoop, a firma di Sacchi: il filosofo ottenne la cattedra di filosofia a Venezia presentando, tra gli altri, due testi clonati. La vicenda ispira diverse considerazioni: 1) Con quale credibilità un professore che copia intere pagine può continuare a insegnare? Oggi il rettore dell’Università Ca Foscari di Venezia afferma che non spetta a lui prendere provvedimenti e che bisognerebbe creare un giurì per valutare l’accaduto. Come dire: meglio soprassedere; il che la dice lunga sugli standard etici di certi ambienti accademici italiani (non di tutti, per fortuna). 2) Diversi giornali, tra cui Corriere della Sera, Foglio, Avvenire, hanno ripreso le denunce del Giornale, sollecitando un chiarimento pubblico di Galimberti, che invece continua a tacere. O meglio: si è scusato controvoglia in un’intervista con il Giornale solo dopo il primo scoop, ma dopo si è chiuso nel silenzio. 3) La Repubblica non ha scritto una riga sulla vicenda. Di fatto i lettori del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari non sono al corrente delle gravi e documentate accuse rivolte contro il filosofo, il cui ultimo libro continua infatti a vendere moltissimo. Non solo: la Repubblica continua a pubblicare i suoi editoriali in prima pagina, densi di giudizi morali sulla nostra società così corrotta e insincera. Insomma, anziché distanziarsi da un personaggio perlomeno imbarazzante, ne alimenta il mito. Un po’ di decoro, a cominciare proprio da Galimberti, no? (Marcello Foa)

 

Riprtiamo un estratto di un articolo del Cicerone nostrano da “L’espresso”, 16 marzo 2006

In questo periodo elettorale i politici italiani sembrano avere un’irresistibile attrazione per il Vaticano. Ma, al di là delle visite realizzate (Pera) e di quelle annunciate e poi cancellate (Berlusconi, Casini, Mastella), si tratta di un’attrazione reciproca? Anche da oltre Tevere cresce la voglia d’ingerenenza nella politica italiana? Perché e con quali rischi? Ne abbiamo parlato con Umberto Galimberti, docente di Filosofia della storia a Venezia, pensatore laico molto attento ai rapporti fra etica, politica, religione e tecnica.

Questo papato è più intrusivo nella politica italiana di quelli precedenti?
Direi di si. Il trio che guida oggi la chiesa (Ratzinger, Ruini, Sodano) è molto più interessato alle faccende italiane e più disattento invece a quelle mondiali, rispetto a Karol Wojtyla. Oggi l’attenzione è concentrata sull’Italia perché l’obbiettivo prioritario è ottenere concreti benefici dalla parte politica al potere, siano essi l’arruolamento di 10mila sacerdoti, scelti dalle curie, come professori di ruolo nelle scuole pubbliche, oppure
fondi per scuole e strutture sanitarie private, in larghissima parte facenti capo alla Chiesa.

Anche con Giovanni Paolo II la Chiesa aveva strappato parecchie concessioni…
Certo, ma oggi si dà un colpo di accelleratore a questo trend. La Chiesa vuole affermarsi a livello di strutture sociali. Già Wojtyla, in effetti, aveva iniziato una sorta di fiancheggiamento positivo dell’
Opus Dei (Opus, cioè opere, insomma, scuole, ospedali, istituzioni): Joseph Ratzinger va avanti in maniera molto più spedita, privilegiando la politica italiana.

Qual è l’aspetto più grave di questa recrudescenza dell’intromissione vaticana?
Al fondo la Chiesa si ritiene l’unica depositaria dell’etica. Un’etica prerogativa esclusiva della religione avvicina notevolmente il cristianesimo alla mentalità islamica. Per fortuna noi abbiamo avuto l’illuminismo e lo stato laico che ci hanno parzialmente immunizzati. Da parte della Chiesa, comunque, si tende a negare che l’etica sia una qualità dell’uomo, come diceva Kant, per affermarne invece la derivazione dalla dogmatica religiosa. Gli uomini sarebbero incapaci di produrre una morale. Di questo passo si finisce nello Stato teocratico. Ma le morali altro non sono che regole di convivenza volte a ridurre i conflitti. Queste regole gli uomini se le possono dare da sé: l’etica è una categoria antropologica.

Le diverse etiche non sono su un piano di parità?
Quella basata sulla religione è molto retrograda. È dedotta da principi, teorizzati a partire da Tommaso, appartenenti a un epoca in cui la natura era ritenuta uno scenario immutabile. Oggi invece vediamo bene che è modificabile in ogni suo aspetto: pensiamo alla fecondazione, alle modalità che può assumere la morte, agli interventi sul patrimonio genetico. Possiamo regolare un mondo dove la scienza manipola la natura con un’etica che prevede l’immutabilità dei principi naturali? La chiesa ha una posizione di retroguardia e la vuole imporre attraverso la politica e gli strumenti legislativi.

Eppure Wojtyla chiese scusa al mondo a proposito dell'atteggiamento della Chiesa sulla scienza nei secoli passati.
Già, però Giovanni Paolo Il aveva in mente solo la fisica, la scienza galileiana. Sul fatto che il sole stia fermo e la terra giri nessuno più ha dubbi. Vorrei invece che la Chiesa chiedesse scusa alla genetica, alla chimica, alla biologia molecolare: a quello che oggi è attuale.

I radicali hanno chiesto l'eliminazione del Concordato. Che ne pensa?
Su questo non posso che essere d'accordo con Marco Pannella: non vi vedo altro che un'osservanza del precetto evangelico "dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Più il potere temporale è separato da quello spirituale e più i rapporti tra i due sono corretti. Ma i radicali - e non solo loro hanno detto anche altro su cui non sono d'accordo.

...
Le sembra un bello spettacolo quello dei politici in processione ai palazzi vaticani per farsi benedire la campagna elettorale?
Questo è un altro discorso. I politici dovrebbero comportarsi come faceva Tommaso quando elaborava la sua filosofia e diceva di farlo "come se Dio non fosse". Ecco, il mondo politico dovrebbe comportarsi "come se la Chiesa non fosse". Facesse essa pure il suo mestiere, intervenisse ovunque ritenesse necessario. Ma i politici non dovrebbero mai appoggiarsi a essa, dovrebbero comportarsi come se la Chiesa fosse inincidente. Se invece avesse effetti anche sulle scelte politiche del popolo, nessun problema: questa è la storia, questo è il mondo.

Anche il centro-sinistra, basta guardare le candidature, punta ad accreditarsi oltre Tevere, ad appoggiarsi alla Chiesa.
Non c'è dubbio. E chiunque lo faccia denuncia la sua debolezza politica, il suo
infantilismo. Pare che abbiano bisogno della benedizione della mamma.

 
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