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L'uomo, la scimmia e il linguaggio.
Di Francesco Agnoli - 24/04/2008 - Darwinismo - 1860 visite - 0 commenti

La lezioncina, apparecchiata dai giornali da un po' di tempo, è assai facile da imparare: siamo scimpanzé, senza peli (piccola consolazione), col 98 per cento del Dna in comune con questi simpatici e saltellanti bestioni.

Ok. Nel due per cento di Dna dobbiamo dunque metterci l'amore, la libertà, la creatività, il pensiero, la moralità, il linguaggio… Questo due per cento spiegherebbe perché noi, a differenza degli altri, ci siamo evoluti biologicamente, milioni di anni fa, smettendo di arrampicarci sugli alberi e di giocare con le liane, e poi, per non si sa cosa, abbiamo iniziato ad evolverci solo culturalmente: non ci sono spuntate le ali, come a certi pesci, ma abbiamo inventato gli aerei; non ci sono cresciute le zanne, ma abbiamo costruito coltelli; non si è allungato il collo, ma abbiano ideato le scale…. Tutto per quel benedetto, mitico, due per cento di Dna! Intanto, però, l'altro 98 per cento di Dna, come dicevo, non evolve più: nessun uomo che diventi superman, nessuna scimmia che diventi uomo…C'è uno stallo inspiegabile…saranno i tempi cattivi, la Chiesa, gli embrioni su cui non si riesce a lavorare in tranquillità… In realtà, se chiedessimo ad una scimmia: "perché non ti sforzi un po', per diventare uomo anche tu?", lei risponderebbe: "diventare bipede ti sembra una evoluzione? A me non piace studiare, né arrovellarmi sul senso della vita, e poi voi uomini, più che evoluti, fisicamente, mi sembrate dei poveretti: avete freddo ai poli e caldo ai tropici, non siete agili né veloci, avete vista e udito scarsi, sciatalgia, scoliosi e tante altre sciocchezze dovute alla vostra postura…. Nella lotta per la vita passare da scimmie a uomini è proprio una sciocchezza, un errore della natura, checché ne dica Darwin!".

Al che un uomo, quell'unico che non discende dalle scimmie (vi dispiace se fingiamo che sia io?), replicherebbe: "vedi, tu vorresti dire quello che hai detto, ma in realtà neppure parli! Noi abbiamo l'anima, possiamo scegliere tra il bene e il male, liberi dalla tirannia dell'istinto; possiamo indagare quello che a te neppure interessa… Tu invece rimani così, sempre, senza desiderare nulla di più di un buon pasto e una buona ginnastica tra gli alberi… Evolvi un po', cioè ti cresce un dentino in più, o qualcosa di simile, nient'altro, in milioni di anni. Invece noi evolviamo o regrediamo indipendentemente dal tempo: Dante non è da meno di Boncinelli, benché costui scriva sul Corriere, né l'italiano è lingua più primitiva del latino… E poi da noi ci sono dei personaggi divertenti, fantasiosi, che a voi mancano: pensa solo alle teorie di Rousseau o di Darwin, e a quelle dei loro epigoni, riguardo al linguaggio.

 Secondo costoro noi avremmo imparato a parlare emettendo stridii confusi, suoni disarticolati, e poi, col tempo, giù discorsi impegnati, sillogismi, subordinate e coordinate… Pensa la fantasia! Io ti affido un bambino, un po' come alla lupa di Romolo, e lui vive sempre con te, e poi impara a parlare, da solo, e tu lì ad ascoltare! Come fa ad imparare, mi chiedi? Ti spiego tutto, scientificamente.

Secondo la teoria "bow bow" il linguaggio discenderebbe da una imitazione di suoni animali (cioè tu fai da maestra, e l'allievo poi ti supera); secondo la teoria "pooh-pooh" sgorga da suoni innati di natura emotiva associati a rabbia o felicità; secondo la teoria "ding ding" la parola "mamma" è in realtà il suono emesso dal neonato nel tentativo di succhiare il latte ("papà" non è stato ancora spiegato, e così pure le altre quattro paroline del dizionario). Secondo Jean Aitchinson, invece, le cose stanno così: l'uomo ha iniziato a mangiare più carne del solito (consiglio del medico), di conseguenza il cervello è cresciuto, l'uomo è diventato bipede, e così ha emesso più suoni del solito; infine lo sviluppo del cervello ha permesso una miglior controllo sulla bocca… e voilà, l'uomo ha imparato a parlare.

Secondo Geoffrey Miller, un altro darwinista, gli uomini con migliori capacità linguistiche, prese non si sa dove, sarebbero riusciti a diffondere meglio il proprio patrimonio genetico, perché l'abilità linguistica può essere utilizzata per attirare "i partner sessuali" (unico scopo dei darwinisti). Vuoi un altro brillante studioso? Pur di negare Dio, e prostrare l'uomo, come i suoi amici più sopra, Robin Dunbar, un altro pezzo grosso, spiega che il linguaggio sarebbe sorto per svolgere la stessa funzione del grooming, cioè per sostituire con la parola l' usanza dei primati, un po' seccante e dispendiosa, di stare insieme per lunghe ore a pulirsi reciprocamente… Cosa? Vuoi rimanere scimmia?…". ("I grandi interrogativi della scienza", a cura di Harriet Swain, Dedalo).

Scimmie a parte, sembra molto più credibile la tesi del grande linguista Naom Chomsky, riconosciuto da tutti come una autorità nel campo. Chomsky nota la straordinaria facilità con cui un bambino impara prestissimo a parlare, e sostiene che ogni uomo non apprende a parlare dal nulla, ma possiede una sorta di "grammatica universale", una "capacità innata" di usare il linguaggio, che gli permette poi di elaborare all'infinito un numero finito di parole, e che lo rende potenzialmente capace di imparare tutte le lingue del mondo (nel senso che nessuna lingua gli è preclusa, avendo tutte un substrato di regole essenziali comuni, una grammatica universale, appunto). Per Chomsky, tenendo conto di tutti gli esperimenti fatti su animali, dalle scimmie ai pappagalli, per insegnare loro a parlare, una spiegazione evoluzionista del linguaggio è insufficiente, perché non rende conto dell'infinita diversità esistente tra il modo di comunicare degli animali e quello degli uomini. A ciò si aggiunga quanto afferma Andrea Moro, ordinario di linguistica all'università San Raffaele di Milano: "Possiamo verosimilmente escludere che il linguaggio si sia sviluppato per una pressione evolutiva sul piano della comunicazione, altrimenti anche le scimmie e le altre specie dovrebbero avere un linguaggio simile al nostro" ( Sole 24 Ore, 9/11/2006). Come ha scritto un altro studioso, il professor Manuel Barbera, il linguaggio umano è "una funzione troppo complessa per essere comparsa in una sola volta, come risultato di una mutazione sconvolgente, ma anche per essersi evoluta gradualmente in modo continuo".

 
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