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La mela che non si può prendere, Majorana e l'atomica.
Di Francesco Agnoli - 19/12/2007 - Scienza - 1367 visite - 0 commenti

La retorica sulla libertà di ricerca scientifica è uno di quegli slogans banali, che almeno la conoscenza del passato dovrebbe permetterci di evitare.

Pensiamo ad esempio cosa avvenne con la bomba atomica. Durante la seconda guerra mondiale sembrò ad un certo punto che qualcosa potesse risolvere il conflitto: il primo a ipotizzare l'uso di una scoperta scientifica, in sé buona, la fissione nucleare, per un uso malvagio, la creazione della bomba nucleare, sembra sia stato Hitler, al quale poi, però, si accodarono in tanti.

Pochi anni prima uno scienziato italiano, Ettore Majorana era forse stato uno dei primi ad intuire i pericoli insiti in una scienza priva di senso del limite. Era, costui, un allievo di Enrico Fermi, il futuro padre dell'atomica. Si racconta che i due facessero a gara a risolvere complicatissimi calcoli: Majorana, considerato dal maestro un genio al pari di Galilei e Newton, a memoria, Fermi col calcolatore, alla lavagna o su un foglio. Sembra addirittura che Majorana avesse compreso ed illustrato agli amici dell'università di Fisica, prima di Heisenberg, "la teoria che da Heisenberg prese il nome, del nucleo fatto di protoni e neutroni". Poi Majorana ed Heisenberg divennero buoni amici, finchè nel 1938 lo scienziato italiano scomparve.

La sua morte fu presentata come un semplice suicidio. Ma pochi in realtà ci credettero: fu convinzione diffusa infatti che Majorana fosse fuggito, forse in un convento, perché angustiato dalle terribili conseguenze che aveva intuito potessero derivare dalle recenti scoperte sull'atomo. Sono ipotesi, suffragate da molti indizi, anche se non da certezze. Eppure ci dicono della "coscienza religiosa" che fu propria di un uomo di genio, di uno scienziato come Majorana. Quanto ad Heisenberg, invece, vi sono notizie indiscutibili: era senz'altro il fisico da cui Hitler si aspettava qualcosa.

 Racconta Leonardo Sciascia, nel suo "La scomparsa di Majorana", che i fisici che lavoravano all'atomica in America "credevano fino all'ossessione" che anche Heisenberg stesse facendola: "ma Heisenberg non solo non aveva avviato il progetto della bomba atomica, ma aveva passato gli anni della guerra nella dolorosa apprensione che gli altri, dall'altra parte, stessero per farla". Antonino Zichichi, già presidente della World Federation of Scientists, ci dà altre preziose informazioni: "Il primo fisico che immaginò l'unificazione dei fenomeni fondamentali (M.P.Bronstein) fu condannato a morte da Stalin in quanto non aveva voluto piegarsi alla sua ideologia. Il padre della fisica quantistica, Max Planck (fervente cattolico, ndr), ebbe il figlio ucciso dai nazisti come ritorsione perché non aveva voluto collaborare al progetto per la prima bomba nucleare della storia. Il padre della superfluidità, P. Kapitza, visse sul lastrico con la famiglia per aver rifiutato di dirigere il progetto sovietico per la prima bomba a fusione nucleare". Vi furono dunque scienziati che ritennero che non tutto ciò che era fattibile era di per se stesso buono e giusto. Altri, invece, agirono (salvo poi, magari, pentirsene amaramente, come Oppenheimer), da tecnici di laboratorio: fecero la bomba atomica e diedero le istruzioni per l'uso.

Chiesero infatti che "l'obiettivo fosse una zona del raggio di un miglio e di dense costruzioni; che ci fosse una percentuale alta di edifici in legno; che non avesse fino a quel momento subito bombardamenti, in modo da poter accertare con la massima precisione gli effetti…".

Conclude Sciascia: "Chi sia pur sommariamente conosce la storia dell'atomica, è in grado di fare questa semplice e penosa constatazione: che si comportarono liberamente, cioè da uomini liberi, gli scienziati che per condizioni oggettive non lo erano; e si comportarono da schiavi, e furono schiavi, coloro che invece godevano di una oggettiva condizione di libertà. Furono liberi coloro che non la fecero. Schiavi coloro che la fecero. E non per il fatto che rispettivamente non la fecero o la fecero ma precipuamente perché gli schiavi ne ebbero preoccupazione, paura, angoscia; mentre i liberi senza alcuna remora, e persino con punte di allegria, la proposero, vi lavorarono, la misero a punto e, senza porre condizioni o chiedere impegni la consegnarono ai politici e ai militari". Qualcuno potrebbe dire che il paragone implicito, tra atomica ed ingegneria genetica senza limiti, è eccessivo. E' vero: è assai più grave violentare la natura dell'uomo, modifìcando le modalità stesse del nascere, che inventare la bomba atomica in tempo di guerra! Teologicamente, però, il problema è ancora quello dell'albero del Genesi: c'è una mela che non si può prendere; c'è un limite, buono, che è intrinseco alla nostra condizione di esseri relativi. Un limite che paradossalmente non ci limita, ma ci apre alla Verità.

 
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