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La clonazione e le sue implicazioni filosofiche e teologiche.
Di Francesco Agnoli - 06/09/2007 - Bioetica - 1141 visite - 0 commenti
"Il cattolicesimo è l'unica religione sulla terra che ha insegnato alle genti che nessun uomo ha diritto sull'uomo, perché ogni autorità viene da Dio". Così scriveva Donoso Cortes in un passo della sua lettera al cardinal Fornari del 1852. Cortes, che è senza dubbio uno dei più grandi pensatori cattolici moderni, sapeva che non vi è nulla che non sia riconducibile alla teologia. Ogni pensiero, ogni azione, ogni ideologia è in qualche modo frutto di una teologia, di una idea fondativa su cui l'uomo costruisce il suo sguardo sulla realtà. Il panteismo, spiegava molto correttamente, produce il socialismo, mentre il deismo genera il liberalismo. Entrambe queste filosofie, escludendo un Dio personale, che ama direttamente ogni creatura, che giudicherà singolarmente ogni uomo, sfociano nel relativismo. E' facilissimo constatare oggi, oltre un secolo e mezzo dopo, che Cortes aveva ragione. Ogni violazione della morale naturale si è affermata, in Italia, tramite l'alleanza tra il pensiero socialista e marxista e il pensiero liberale radicale, apparentemente così diversi, in realtà così simili. Ma torniamo alla frase dell'incipit: anch'essa purtroppo sta mostrando la sua veridicità. L'uomo moderno, che considera ogni legge in balia del principio democratico, socialista e liberale, ha legittimato l'arbitrio dell'uomo sull'uomo, con le dittature novecentesche, e poi nel campo dell'etica, con il divorzio, l'aborto e la fecondazione artificiale. Tutto si tiene. Una volta violato il principio, il resto ne deriva automaticamente. La nostra società ha legalizzato l'aborto: legalizzerà l'eutanasia. Ha legittimato la separazione tra sesso e riproduzione, legittimerà a breve anche il matrimonio omosessuale, che è la scissione tra il sesso e il suo fine, oltre che l'espressione evidente di un "diritto dell'uomo sull'uomo", dal momento che impone ad una creatura indifesa di nascere e crescere al di fuori del contesto naturale e psicologico di cui ha assoluto bisogno. Una violenza, dunque, spacciata per diritto, che ne prepara, coerentemente, un'altra: la clonazione. Quest'ultima infatti, essendo una forma di riproduzione asessuata, non è che la consacrazione assoluta di un principio ormai affermatosi: la già citata scissione, divenuta totale, completa, tra sesso e riproduzione. Dal punto di vista teologico la clonazione è un urlo contro Dio, una bestemmia senza precedenti, dal momento che tenta di negare la creazione dell'uomo da parte Dio, cioè la dipendenza dell'uomo, e la Trinità, e cioè la relazione come aspetto costitutivo dell'essere…tutto in perfetta sintonia col pensiero panteista e deista. Si tratta però, di un tentativo destinato a fallire. Il fallimento è insito nella speranza, infondata teologicamente, di poter creare, di poter infrangere la morte attraverso un tecnica di duplicazione di se stessi, che però non è in grado di riprodurre altro che l'aspetto fisico, l'involucro esterno dell'uomo. Come due gemelli sono geneticamente identici, ma rimangono due persone diverse, così accadrebbe qualora arrivassimo veramente a realizzare processi di clonazione. C'è un quid, l'anima, su cui la tecnica non ha alcun potere. E' così evidente! Ma non a tutti: i riduzionisti credono che tutto stia nel Dna, e si affannano a ritenere di aver esaurito il mistero della vita tramite la sua decifrazione. Interessante a questo proposito il fatto che il primo manifesto a favore della clonazione, pubblicato nel 1977 e firmato da biologi come Crick e Dawkins e umanisti come Isaiah Berlin, affonda le sue radici nell'evoluzionismo darwiniano, e in particolare nella affermazione riduzionista di Darwin secondo cui non esisterebbe differenza di qualità ma solo di quantità tra l'uomo e l'animale. Recita il manifesto: "Per quel che la scienza può stabilire le capacità umane sembrano diverse per grado, non per tipo, da quelle riscontrabili negli animali superiori. Il ricco repertorio umano di pensieri, sentimenti, aspirazioni sembra derivare da processi elettrochimici del cervello e non da un'anima immateriale…". Il primo passo, dunque, è ancora teologico: negare l'anima in base ai "sembra"; il secondo, è già la violenza: il concepire un uomo al di fuori della sua originalità e irripetibilità e indipendentemente dalla sua necessità di essere per natura anello di una relazione padre-madre-figlio, che è essenziale e non accidentale. L'ultimo passo è ancora un atto violento: la sperimentazione sull'uomo, per arrivare a produrlo, attraverso l'uccisione di migliaia di creature umane, a cui sono stati tolti, arbitrariamente, modificando nominalisticamente una definizione, i loro diritti. Afferma infatti Lewis Wolpert, professore di biologia a Londra, in occasione del Congresso mondiale per la ricerca scientifica organizzato dal partito radicale italiano nel febbraio 2006: "La mia linea di condotta è che un embrione diventa un essere umano quando può sopravvivere al di fuori dell'utero senza un grande supporto esterno" (Atti, p. 68). E' a tutti chiara l'assurdità: diverremmo esseri umani, quindi degni di rispetto, solo dopo la nascita, anzi, parecchio tempo dopo, visto che nessun neonato può dirsi autonomo da un "supporto esterno". E' così aperta, evidentemente, la strada alla clonazione…. Aveva ragione Nicola Abbagnano a dichiarare: "Quando Dio è stato schiodato dal cielo della trascendenza e negato e dissolto dall'immanenza, sul trono rimasto deserto si è assiso non l'uomo concreto, ma una entità astratta che ha usurpato il suo nome. E' allora che ogni freno è caduto e che si è aperto il varco all'irrompere nella storia di ogni ignominia".
 
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