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Il fascino della Verità.
Di Rassegna Stampa - 27/08/2007 - Filosofia - 1673 visite - 0 commenti
Il misterioso fascino di Lady Verità di Giacomo Samek Lodovici (in “Avvenire”, editoriale del 25.08.2007) Il notevole successo non solo di pubblico, ma anche di interesse, riscontrato al Meeting di Rimini dal tema della verità, mostra che l’argomento non riguarda solo i filosofi. Piuttosto, la sua rilevanza è sempre più avvertita, con crescente consapevolezza, anche dai non specialisti. Vi si sono soffermati varie volte anche Giovanni Paolo II (per esempio nell’enciclica Veritatis Splendor) e Benedetto XVI (in diversi interventi, in particolare nella sua ultima omelia da cardinale, in cui parla di «dittatura del relativismo»). Ma che cos’è la verità? E perché il relativismo è esiziale? La verità è la proprietà del pensiero umano e di quelle affermazioni che sono conformi alla realtà e riferiscono fedelmente le cose: si ha quando l’uomo si adegua alla realtà. Il relativismo invece nega la possibilità per l’uomo di conoscere la verità e sostiene la relatività di ogni affermazione e di ogni pensiero: tutto è soggettivo ed ogni uomo è l’unità di misura delle cose. Così, non è l’uomo ad adeguarsi alla realtà, ma è la realtà a doversi adeguare all’uomo, a doversi conformare alle sue voglie ed ai suoi desideri. Ciò comporta che le leggi debbano assecondare ogni mio desiderio: se voglio fabbricare un bambino in provetta, se - per limitarci agli esempi di maggiore attualità - voglio clonare una persona, se voglio gli stessi diritti dei coniugi, anche se semplicemente convivo, ecc., la legge mi deve accontentare. Il relativismo produce non solo queste importantissime conseguenze socio-giuridiche, ma anche altre, molto gravi: se non è possibile conoscere la verità, allora non possiamo giudicare oggettivamente gli atti umani e, dunque, le azioni umane, anche quelle che siamo soliti considerare crudeli e malvagie, non le possiamo più biasimare; inoltre ogni possibile ricerca ed indagine (esistenziale, scientifica, religiosa, ecc) non può che essere vana e sterile, perché destinata a non poter conseguire la verità. Così, le grandi domande che ogni uomo si fa sul senso della vita e della morte, su Dio, sulla sofferenza, ecc., sono destinate allo scacco. Insomma, come sempre più persone intuiscono, i problemi posti dal relativismo sono davvero cruciali e urgenti, decisivi e preliminari per ogni uomo. Ora, il relativismo è antichissimo e le sue riformulazioni sono molteplici. Tuttavia, già Platone ne segnalò l’inoppugnabile contraddizione: infatti il relativismo pretende di essere vero proprio mentre nega che si possa conoscere il vero; proprio mentre dice: «la verità non esiste/è inconoscibile», pretende di dire/conoscere una verità (cioè che: «la verità non esiste/è inconoscibile»); proprio mentre dice: «tutto è relativo», pretende di dire qualcosa di assoluto (cioè che: «tutto è relativo»). Certo, l’uomo non può conoscere tutta la verità, bensì solo alcune verità e la ricerca della verità è infinita, è un’impresa collettiva, svolta dal genere umano nel suo complesso. Come dice il medievale Bernardo di Chartres, «siamo nani sulle spalle di giganti», cioè sulle spalle di coloro che ci hanno preceduti, sui cui risultati noi ci possiamo appoggiare per vedere più lontano, ovvero per incrementare, anche se magari solo di poco, la nostra conoscenza. È vero che in certi casi la verità produce autoritarismo, ma solo se la si tradisce, perché la verità va proposta e non imposta. Inoltre, solo la conoscibilità della verità può far da baluardo contro ogni tipo di malvagità, compreso il totalitarismo, perché la malvagità può essere condannata solo se è conoscibile la verità secondo cui l’uomo possiede una dignità che non si deve mai calpestare. Forse è questo che la gente cerca quando accorre per sentirsi chiarire le idee su verità e relativismo.
 
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