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Chi ha paura dell'orso russo?
Di Caius - 02/08/2007 - Esteri - 1363 visite - 0 commenti

La rivista cattolica internazionale "30 Giorni", vicina a Cl, ha pubblicato questo mese una inetrvista politicamente scorretta, ma interessante. Intervista con Maurizio Blondet, autore di Stare con Putin? «Il processo di integrazione tra Europa e Russia è nei fatti. Si tratta solo di accompagnarlo evitando che altri, per i loro interessi, lo distruggano»                                                                                                                                                 «Russia ed Europa non possono che integrarsi sempre più, è una sorta di destino manifesto». A parlare è Maurizio Blondet, a lungo penna di primo piano di Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, per il quale ha firmato molti editoriali. Da tempo Blondet ha abbandonato le sfide del quotidiano cattolico, per dedicarsi a un giornale online, Effedieffe.com, dai tratti un po’ forti, ma sempre interessante e molto ben documentato. Da poco ha dato alle stampe Stare con Putin?, ovvero l’oggetto della nostra intervista.                                                  Lo abbiamo incontrato prima del vertice informale tra il presidente degli Stati Uniti, George Bush, e il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, che si è tenuto ai primi di luglio nel Maine, nella residenza di Bush senior. Un incontro che ha suscitato speranze. Da verificare.                                                                                                                                                                                     Perché stare con Putin? Maurizio Blondet: Credo che il presidente russo, dopo l’11 settembre e l’inizio della cosiddetta guerra al terrorismo, abbia rappresentato un punto di stabilità, di equilibrio nel mondo. L’Europa, poi, non ha che da guadagnare a integrarsi con la Russia. Purtroppo, però, i burocrati di Bruxelles, i vari Barroso, i Solana, remano contro; persone che guidano l’Europa senza alcuna investitura popolare e che non fanno altro che complicare questa integrazione. Forse devono obbedire ad altri, a chi non ha alcun interesse a questo processo. Ovvero? Blondet: Gli Stati Uniti, innanzitutto. C’è chi vorrebbe marginalizzare la Russia e renderla una potenza asitica.                                                                                                                                                                                       Tesi vagamente complottista... Blondet: Niente affatto. Le leggo un passaggio di un saggio del 1997 di Zbigniew Brzezinski, già segretario di Stato con Carter: «L’Ucraina, nuovo e importante spazio nello scacchiere euroasiatico, è un pilastro geopolitico perché la sua stessa esistenza come Paese indipendente consente di trasformare la Russia. Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero euroasiatico. La Russia senza l’Ucraina può ancora battersi per la sua situazione imperiale, ma diverrà un impero sostanzialmente asiatico, probabilmente trascinato in conflitti usuranti con le nazioni dell’Asia centrale, che sarebbero sostenute dagli Stati islamici loro amici nel Sud. [...] Gli Stati che meritano il più forte sostegno geopolitico americano sono l’Azerbaigian, l’Uzbekistan e (al di fuori di quest’area) l’Ucraina, in quanto tutti e tre sono pilastri geopolitici. Anzi è l’Ucraina lo Stato essenziale, in quanto influirà sull’evoluzione futura della Russia». Una lettura utile per capire quel che è accaduto in questi ultimi anni. È stato scritto molti anni prima che scoppiassero le “rivoluzioni colorate”                                                                                                                                                                                 Rivoluzioni colorate... Blondet: La rivoluzione arancione in Ucraina, la più importante dal punto di vista geopolitico, la rivoluzione rosa in Georgia, e poi quelle dei Paesi baltici e dei Paesi asiatici quali l’Uzbekistan, il Kirghizistan.Tutte finanziate dagli Stati Uniti tramite una miriade di organizzazioni non governative sorte come funghi all’interno di questi Stati, e questo nonostante negli Usa vi siano leggi che vietano di manipolare le società civili di altri Paesi. Nel mio libro ho anche raccontato dell’uomo più importante della rivoluzione kirghisa, l’americano Mike Stone, che, durante i disordini, crea un giornale nel quale si educa la gente su come si fa uno sciopero della fame, su come si organizza una manifestazione, su come si attua la resistenza passiva... e quando le autorità gli tagliano la corrente riesce lo stesso a stampare grazie ai generatori gentilmente messi a sua disposizione dall’ambasciata Usa in Kirghizistan. Singolare anche la figura di Kateryna Chumachenko, moglie di Viktor Yushenko, leader della rivoluzione arancione e attuale presidente dell’Ucraina, nata a Chicago, funzionario della Casa Bianca sotto Ronald Reagan e poi del Dipartimento del Tesoro. Alla Casa Bianca era membro del Public Liaison Office e la sua specialità era creare consenso alle politiche reaganiane presso i gruppi anticomunisti dell’Est europeo, in particolare i dissidenti ucraini. Sono solo alcuni esempi.                    Parlava delle rivoluzioni che si sono svolte nei Paesi della Russia asiatica... Blondet: Si tratta di Paesi caucasici e di quelli che al Sud, stendendosi dal mar Caspio alla Cina, separano la Russia dall’Iran, dall’Afghanistan e dal Pakistan. Stati fondamentali da un punto di vista geopolitico, in quanto mettono in comunicazione la Russia con il Caspio, tra l’altro ricchissimo di petrolio e gas naturali, ma soprattutto perché vie di transito degli oleodotti russi. Adesso in Georgia l’esercito degli Stati Uniti arruola marines: non hanno più volontari americani, perché questi si offrono alle ditte private che pagano meglio, così sono costretti a rimpinguare le file del loro esercito in Paesi come questo... Ma non tutto è andato come speravano gli strateghi neocon: dopo un periodo di sudditanza ai nuovi padroni occidentali, in alcuni di questi Stati i politici locali hanno iniziato a intessere di nuovo rapporti con Mosca. D’altronde la Russia è molto più vicina a loro degli Stati Uniti ed è impossibile non tenerne conto. Eppure dopo l’11 settembre gli Usa e la Russia apparivano alleati contro la minaccia terroristica. Blondet: Allora gli Usa credevano di poter gestire la Russia. Tutto si è complicato quando invece Putin ha iniziato a fare una politica che ha portato poco a poco la Russia fuori dal caos organizzato in cui era precipitata sotto Eltsin. E questo anche grazie agli introiti del gas e del petrolio. La guerra dell’Iraq, che nelle idee degli strateghi americani rappresentava un passo verso l’egemonia mondiale, causando il rialzo del prezzo del petrolio ha ottenuto invece l’effetto, per loro indesiderato, di aiutare la ripresa della Russia... E Putin il petrolio l’ha usato per risanare la nazione, non per rimpinguare le tasche di pochi oligarchi come accadeva sotto Elstin, quando alcuni magnati senza scrupoli si sono accaparrati, per pochi spiccioli, grazie agli agganci con l’allora presidente russo, le enormi ricchezze russe.                                                                                                                     

Gli oligarchi... c’è una guerra sotterranea tra questi e Putin. Blondet: Ed è il motivo per cui il presidente russo è stato fatto segno di tanti attacchi da parte occidentale. Fino all’arresto del magnate Mikhail Khodorkovski, nell’ottobre 2003, i rapporti con l’Occidente erano buoni. Dopo sono precipitati: da allora Putin è stato accusato di attentare alla democrazia e molto altro... In effetti l’arresto di Khodorkovski è stato il segnale dell’inversione di tendenza, il segnale che per gli oligarchi era finito il tempo delle vacche grasse, che il nuovo inquilino del Cremlino non avrebbe tollerato le ruberie di questi signori che godevano dell’appoggio della finanza internazionale. Khodorkovski era diventato il padrone della più grande azienda petrolifera russa, la Yukos, sborsando 309 milioni di dollari per acquistare il 78 per cento delle azioni... Il giorno dopo alla Borsa russa l’azienda dimostrava il suo vero valore: 6 miliardi di dollari. Ovviamente i soldi non erano suoi, ma gli erano stati prestati da noti finanzieri occidentali ai quali, prima di essere arrestato, si apprestava a rivendere l’azienda. Vladimir Putin durante il vertice informale con il presidente degli Stati Uniti George W. Bush nel Maine, presso la residenza di Bush senior, il 2 luglio 2007                                                                                                                           

Nel suo libro accenna ai rapporti tra gli oligarchi e i terroristi ceceni. Blondet: Non è un mistero che Shamil Basayev, il terrorista che ha rivendicato la strage di Beslan, in cui perirono 394 persone, di cui 156 bambini, era il capo delle guardie del corpo di Boris Abramovich Berezovzky, il più potente di questi oligarchi, attualmente “esule” a Londra. Anche Aslan Maskhadov, altro capo della guerriglia cecena, anche lui implicato, tra l’altro, nella strage di Beslan, era una delle guardie del corpo di Berezovsky... ma questa della guerriglia cecena è una storia tutta da raccontare. Quando, in uno scontro a fuoco, le truppe russe uccidono Rizvan Chitigov, allora numero tre della guerriglia, gli trovano addosso la classica piastrina metallica dei marines, con su incise le generalità, e, in tasca, la carta verde, ovvero il permesso di residenza permanente negli Usa. Era solo per dire che anche gli Usa hanno interesse a tenere aperta la piaga della guerra cecena, una spina piantata nel fianco della Russia...                                                                                                                                                                                     

Gli oligarchi russi ormai sono quasi tutti riparati all’estero... Blondet: Ma hanno ancora agganci all’interno della Russia. Non dimentichiamoci che non è gente che nasce da un giorno all’altro. Sono uomini che vengono dalla nomenklatura sovietica, con agganci solidi nella polizia e nei servizi segreti. Tanto che Putin un po’ li contrasta, un po’ è obbligato a scendere a patti. Putin ha piazzato i suoi uomini nei posti chiave, ma non può controllare tutto quel che accade in Russia. Nell’ottobre dello scorso anno viene assassinata Anna Politkovskaja, una giornalista che non lesinava critiche verso Putin. Questo omicidio ha gettato un’ombra sul presidente russo. Blondet: Credo fosse proprio questo l’obiettivo degli assassini. È evidente che l’unico a non avere interesse a questo delitto era proprio Putin. Personalmente sono convinto che la giornalista sia stata una vittima sacrificale immolata sull’altare dell’antimperialismo russo. Certi ambienti hanno reputato che fosse più utile morta che viva. Mi preme sottolineare però che il clamore mediatico di quest’omicidio è stato eccessivo. Ben altra sorte mediatica ha avuto un altro delitto eccellente: poco prima della giornalista, era stato ucciso Andrei Kozlov, vicepresidente della Banca centrale russa, uomo di primo piano della Federazione Russa. Kozlov stava conducendo un’inchiesta sul riciclaggio ed era in procinto di ritirare alcune licenze bancarie. Un gesto devastante per certi ambienti finanziari. Di certo Kozlov non si muoveva in opposizione a Putin, per questo in Occidente questo delitto è passato praticamente inosservato.                                                                                           

Altro delitto eccellente, quello di Aleksandr Litvinenko, deceduto nel novembre 2006. Altre accuse a Putin... Blondet: Molto è stato detto sul polonio, la sostanza radioattiva con la quale è stato avvelenato... ma davvero si può credere che Putin abbia dato ordine di uccidere qualcuno usando una sostanza che lascia tracce dappertutto, così che per trovare il colpevole basta seguirne la scia radioattiva? A mio avviso, come per la Politkovskaja, anche Litvinenko è stata una vittima sacrificale per screditare il presidente russo. Anche se qui c’è stata una variante. Il povero Litvinenko non è morto subito, ma, nella sua lunga agonia, ha parlato tanto, rilasciando una quantità prodigiosa di interviste, nelle quali ha lanciato accuse verso la dirigenza russa (e anche qui c’è da sorridere pensando a un mandante che lascia alla vittima il tempo per parlare così a lungo... ci sono metodi ben più rapidi per uccidere). La cosa singolare è che, data la situazione, nessuno poteva accedere al suo capezzale. Tutte le sue parole sono raccolte dall’unica persona autorizzata a incontrare il moribondo, un certo Alex Goldfarb, che agisce come una sorta di portavoce del malato. È lui che riporta le parole di Litvinenko all’esterno, che spiega e accusa... Nel mio libro faccio notare che tracce di polonio sono state rinvenute anche negli uffici di Berezovsky. Credo sia un particolare che andrebbe approfondito. Recentemente la Casa Bianca ha annunciato che installerà in Polonia un sistema missilistico di nuova concezione, per contrastare, dicono, la possibile minaccia iraniana.                                                                                 

Mossa che ha suscitato reazioni negative a Mosca. Blondet:Ovvio, perché in Russia, giustamente, si percepisce questa iniziativa come una minaccia nei loro confronti. La successiva apertura di Putin, che ha proposto di creare una collaborazione Usa-Russia per impiantare questo scudo stellare in qualche Stato asiatico ha spiazzato i neocon. Non possono dire di no, perché la proposta è più che ragionevole, d’altronde non si capisce che c’entri la Polonia con l’Iran, ma cercheranno in tutti i modi di farla naufragare. Vedremo gli sviluppi. Putin con Benedetto XVI, il 13 marzo 2007 Anche lei reputa l’Iran una grave minaccia internazionale? Blondet: Quando, recentemente, Bush si è recato in India, ha offerto a quella nazione collaborazione per sviluppare tecnologia nucleare. Esattamente quello che vuole impedire abbia l’Iran. In realtà per i neocon l’attacco all’Iran è diventata una vera e propria ossessione. Qualche mese fa, parlando al Congresso americano, Brzezinski ha detto che l’attuale amministrazione americana sarebbe capace di fare un attentato in territorio americano da attribuire agli islamici, pur di avere un pretesto per attaccarel’Iran...                                                                                                                                                                

Paradossale... ma non aveva detto che Brzezinski era fautore di una politica aggressiva da parte degli Stati Uniti? Blondet: Brzezinski, come Kissinger, è uno stratega politico che, giustamente, si preoccupa del destino della propria nazione e ne ricerca la prosperità, anche se a volte con metodi discutibili. Ma si tratta di persone che conoscono le vie della politica e della diplomazia. Nulla a che vedere con la follia dei neocon, fautori della guerra preventiva, dell’esportazione della democrazia a suon di cannoni, del riassetto del Medio Oriente in base alle direttive della destra israeliana... Una follia che si è innestata nell’alveo della vecchia politica americana, stravolgendola. C’è differenza tra questi e quelli, una differenza che è sfociata in un conflitto aperto. Torniamo a Putin. Diceva che l’integrazione tra Russia ed Europa... Blondet: ... porterebbe solo benefici. In realtà questa integrazione si sta già costruendo giorno dopo giorno. Ora è in via di attuazione una linea ferroviaria ad alta velocità tra la Germania e la Russia, cui si collegherà una linea tra Russia e Cina. In questo modo le merci cinesi, quelle di un certo valore s’intende, potranno giungere in Europa via terra, evitando rotte più lunghe e dispendiose. In questa prospettiva si situa anche la costruzione di un gasdotto sotto il Baltico che, bypassando la Polonia, rifornirà l’Europa evitando che questa preziosa risorsa passi attraverso i territori delle democrazie dell’Est, asservite agli Usa. Insomma l’integrazione è nei fatti. Si tratta solo di accompagnare questo processo, evitando che altri, per i loro interessi, lo distruggano. In questi ultimi anni molti analisti hanno notato un avvicinamento tra Russia e Cina. Blondet: Tra i due giganti asiatici c’è sempre stata diffidenza. La politica aggressiva attuata dagli Stati Uniti ha avuto l’effetto di avvicinare ciò che è sempre stato distinto. Tra la Cina e la Russia sono nate sinergie militari, economiche e commerciali, ma non è detto che questo processo sia foriero di sviluppi ulteriori. La Cina ha un destino asiatico, la Russia europeo. È utile sottolinearlo. home page sommario archivio supplementi abbonamenti gerenza contatti © 30Giorni nella Chiesa e nel mondo.

 
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