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Identità cristiana
Di Marco Luscia - 02/10/2006 - Religione - 1190 visite - 0 commenti
A proposito dell’identità cristiana, recentemente si è sentito dire come proprio di quest’ultima sia l’amore per l’altro, tutto qui, il resto, Chiesa in testa sembrerebbe più un orpello, qualcosa di cui si possa fare a meno. Vediamo di comprendere meglio il problema partendo da una corretta comprensione dell’identità del singolo. In una prima fase della vita, il neonato non può dare nulla, egli si trova in una condizione di totale ricettività. Crescendo il bambino, imparerà, anche attraverso rinunce e sofferenze a riconoscere il valore dell’altro, non più identificato come fonte inesauribile di soddisfazione. La formazione dell’identità di ciascuno suppone dunque l’esistenza di un tu, sarà questo altro il mediatore del mio rapporto con il mondo, egli imprimerà nella plastica forma del mio essere tutta una serie di atteggiamenti, stili, abiti vitali, che associati al patrimonio genetico ereditato dai genitori daranno forma a quel primo nucleo di personalità che lungo tutto il corso della vita continuerà a crescere e approfondirsi. E’ bene inoltre tenere presente come il costituirsi progressivo della persona proceda secondo due movimenti intrecciati, uno verso l’esterno e uno verso l’interno. Mi spiego, tutte le esperienze che faccio mi arricchiscono ma contemporaneamente mi portano ad una maggior comprensione di me stesso, attraverso un processo che dura tutta la vita. Interiorità ed esteriorità insomma si suppongo per poter esistere, sono le facce di un’unica medaglia. Dopo i rapporti significativi con i genitori che fondano la personalità di ciascuno, nella vita di ogni persona intervengono altri soggetti, fondamentali nel costituire l’identità di ciascuno. Chi sono questi soggetti, vogliamo sia il caso a decidere, o piuttosto auspichiamo che le persone che più ci amano, indirizzino per il nostro bene quella scelta fondamentale che costituirà in ogni circostanza lo stile proprio di ciascuno? Il Cristiano, ovvero, chiunque nasce in un ambiente pervaso dai valori tipici del cristianesimo è proprio come il fanciullo di cui parlavo, egli deve darsi un’identità, più che mai oggi in un mondo dove il caos valoriale impera. L’identità del cristiano non può essere sbrigativamente definita come: amore per il prossimo, essa piuttosto è l’esito di un percorso collettivo durato duemila anni. Con esso si confronta il giovane, attraverso l’approfondimento di questo patrimonio egli comincia a identificarsi come cristiano, lungo un percorso che investe ogni ambito del vivere. Un cristiano va formandosi attraverso la fede in primo luogo della Chiesa, quindi dei genitori che introducono il ragazzo alla vita nuova inaugurata dal battesimo e via via trasformata, perfezionata attraverso i sacramenti, la preghiera, l’eucarestia, l’esempio, la pratica della carità. Solo a questo punto posso pronunciare l’espressione, ama il prossimo tuo come te stesso, solo adesso posso verificare il grado del mio essere cristiano, la profondità del mio cammino dentro il mistero di Cristo e della sua Chiesa. La Carità, questa è l’identità cristiana, ma essa è prima di tutto un dono, non un proclama che pacifichi la coscienza. Per questo non possiamo dirci cristiani se non dentro una comunità credente. E’ soltanto conoscendosi, nel bene e nel male, nella consapevolezza dei propri limiti, nel bisogno di un perdono sempre rinnovato, che possiamo donarci, che possiamo incontrare l’altro. Certi sacerdoti che impazzano sui nostri giornali, tendono a confondere le carte, ponendo all’inizio ciò che sta alla fine; io non posso amare nessuno se innanzitutto non so cosa sia l’amore, l’amore gratuito, l’amore per il nemico. Io posso corrispondere al dettame di Cristo solo se prima amo lui più di me stesso, e per far questo non posso prescindere dalla Chiesa, luogo in cui in maniere privilegiata Dio mi viene incontro donandomi la forza d’amare.
 
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