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Assisi: cambiamenti in vista
Di Francesco Agnoli - 22/07/2011 - Religione - 1133 visite - 0 commenti

Recentemente l'ottimo Rodari, su Il Foglio del 7 luglio, interpretava alcuni articoli comparsi sull'Osservatore Romano come una "botta a freddo" ai firmatari dell'appello contro una nuova Assisi 1986, pubblicato qualche mese fa sul Foglio (con anche la mia firma).

 Un altro vaticanista, anch’egli molto preparato ed informato, come Andrea Tornielli, legge invece gli stessi articoli in modo opposto: "Dopo l’annuncio a sorpresa dello scorso gennaio, quando Benedetto XVI ha convocato il nuovo raduno delle religioni ad Assisi per invocare la pace, alcuni storici (tra questi Roberto de Mattei) e giornalisti cattolici vicini alla sensibilità più tradizionale hanno firmato un appello chiedendo al Papa di ripensarci. E si sono detti sicuri che qualunque cosa Ratzinger dirà o farà ad Assisi, il messaggio veicolato dai media sarà quello del sincretismo religioso, di un pericoloso abbraccio tra verità ed errore che mette tutto e tutti sullo stesso piano. È evidente che le perplessità esposte dai firmatari erano e sono condivise da più di qualcuno nella Chiesa, anche a livelli più alti, anche all’interno del Vaticano. Non si spiegherebbe altrimenti la sequenza pressante di autorevoli articoli che «L’Osservatore Romano» sta mettendo in pagina per spiegare il significato del gesto papale, prevenirne le interpretazioni scorrette, fissarne i contorni e i contenuti. In sostanza, gli interventi sul quotidiano vaticano servono a fronteggiare la preoccupazione (talvolta il dissenso, anche se non esplicitato) da parte dei cosiddetti ambienti «ratzingeriani». I quali ritengono che la convocazione di Assisi - voluta da Benedetto XVI senza subire pressioni né suggerimenti – non sia in linea con il suo stesso pontificato, con le sue linee programmatiche..." (Vatican Insider).

Per Tornielli dunque sono gli stessi "ambienti ratzingeriani" ad avere paura di una nuova Assisi. Personalmente, non posso che confermarlo. Sono più d’uno gli uomini che a papa Benedetto XVI si richiamano che hanno plaudito, con discrezione, il nostro manifesto, perché temono che un'altra Assisi generi ulteriori confusioni nel già smarrito mondo cattolico.

Ha scritto dunque il cardinal Kurt Koch sull’Osservatore Romano del 7 luglio: “…Una simile "giornata di preghiera" non deve naturalmente essere fraintesa come un atto sincretistico…”. E il cardinal Bertone: “…Quest'ultimo punto era di capitale importanza: il relativismo o il sincretismo, infatti, finiscono per distruggere, anziché valorizzare, la specificità dell'esperienza religiosa. Su questo aspetto si è tornati più volte in seguito, anche a motivo di interpretazioni superficiali, che non sono mancate, di quel primo incontro di Assisi”…

E ancora: “La Giornata di Assisi si svolgerà all'insegna di quegli elementi che già caratterizzarono il primo raduno, venticinque anni fa: la preghiera, il digiuno, il pellegrinaggio. La preghiera sarà vissuta soprattutto nella dimensione del silenzio e del raccoglimento interiore, che si sono voluti privilegiare rispetto alle forme pubbliche di preghiera di ciascuna tradizione, in continuità con quanto avvenuto già nell'incontro del 2002. La preoccupazione per evitare anche solo l'impressione di qualsiasi relativismo non è solo cattolica, ed è particolarmente comprensibile nell'odierno contesto culturale, per molti versi refrattario alla questione della verità e per questo incline a una presentazione indifferenziata, e ultimamente irrilevante, del fenomeno religioso”. (Osservatore Romano, 3 luglio 2011).

Sembra chiaro, alla luce di questi interventi, che uomini vicini al papa, consapevoli di quello che significò Assisi 1986 (allora non apprezzato dal cardinal Ratzinger), stanno cominciando in questi tempi a mettere i puntini sulle i, per invitare i cattolici a non cadere nel sincretismo e nel relativismo religioso: appare inevitabile pensare non che lo facciano in opposizione al papa, ma, al contrario, di concerto con Lui.

Si prepara cioè, gradualmente, una qualche correzione di rotta, rispetto al passato, come è dimostrato dal fatto che non vi sarà preghiera comune, ma, dopo il “pranzo condiviso”, “preghiera personale”, come ha dichiarato apertamente il cardinal Tauran, sempre sull’Osservatore Romano; che i luoghi sacri cattolici non saranno dati ai membri di altre religioni per i loro riti (significativa la frase di Bertone: “Ci troveremo a camminare insieme per le strade di Assisi”, non per le chiese…); che verranno invitati anche atei, non credenti, a dimostrazione del fatto che ogni dialogo può essere fatto non in nome di un presunto Dio comune, quanto della comune appartenenza, di tutti, al medesimo genere umano.

Dialogo inter-umano, inter-culturale, dunque, se ciò significa confronto alla luce della ragione, ma ciò dovrebbe avvenire nel rispetto del principio di non contraddizione (una religione o è vera o è falsa, tertium non datur), e, quanto ai cattolici, benché molto spesso non sia così, del I comandamento e dell’evangelico: "Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me" (Gv. 14:6). Altrimenti “mestier non era parturir Maria”… Il Foglio, 21/7/2011

 
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