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Come non si conducono le guerre
Di Rassegna Stampa - 22/06/2011 - Esteri - 871 visite - 0 commenti

Tra Bisignani e Pontida in Italia è passato quasi inosservato un annuncio epocale: l’America di Obama tratta con i talebani, come ha annunciato il capo del Pentagono Robert Gates.

Gli spin doctor l’hanno presentata bene: siccome Bin Laden è morto, Al Qaida è molto indebolita, possiamo pensarer al ritiro. La realtà è più sottile: dopo dieci anni di guerra, costata molto in vite umane e ancor di più in termini finanziari, l’America, che guida la coalizione internazionale, non riesce a controllare il territorio ed è costretta a scendere a patti con i talebani.

 Che la trattaiva riesca, peraltro, è dubbio, poichè i talebani sanno che prolungando la guerriglia riuscirebbero a logorare gli avversari inducendoli a partire senza porre condizioni. In ogni caso il significato della vicenda è evidente: non si inizia una guerra se non hai studiato le forze degli avversari, se non hai un obiettivo preciso e non sei ragionevolmente sicuro della vittoria in tempi breve. E se non hai pianificato attentamente il dopoguerra. Nessuna di queste condizioni è stata rispettata dal governo americano. L’America ha iniziato bene la guerra, all’indomani dell’11 settembre, ma non l’ha conclusa, preferendo dirottare le forze migliori in Iraq, poi ha tergiversato, permettendo ai talebani di riorganizzarsi e quando, a distanza di anni, si è resa conto che stava perdendo il controllo del Paese, ormai era troppo tardi per sferrare il colpo del ko. Il tutto senza aver nemmeno pensato a un piano ambizioso e articolato di sostegno alla società civile.

Sono certo che nelle Accademie militari i conflitti in Afghanistan (e in Iraq) verranno studiati, ma per speigare agli strateghi di domani come NON si debba condurre una guerra. L’epilogo afghano non può che condurci, per analogia, a una riflessione sulla guerra in Libia, che, se possibile, è stata condotta addirittura peggio di quella in Afghanistan, sebbene gli errori commessi a Kabul fossero noti ai vertici militari. Altro che guerra lampo. E’ iniziata in marzo e pochi giorni fa la Nato ha prolungato la missione almeno fino a settembre, sapendo che, salvo colpi di scena, altri tre mesi non basteranno. Insomma, i tempi rischiano di essere lunghissimi.

E forse è il momento che gli alleati inizino a pensare a soluzioni alternative alla caduta di Gheddafi e magari ne chiedano conto a Sarkozy. Non lo faranno naturalmente, la guerra si trascinerà, ma perchè l’Occidente non impara più dai propri sbagli? E in fondo: era davvero necessario assecondare le follie di Sarko?

dal blog di Marcello Foa

 
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