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Cina: costretta ad abortire all’ottavo mese di gravidanza
Di Rassegna Stampa - 19/10/2010 - Aborto - 1471 visite - 0 commenti

di Luca Miele

Il caso è agghiacciante. E potrebbe dare uno scossone a un edificio – quello della politica del figlio unico, il più grande esperimento di ingegnerie sociale mai tentato in Cina che sta sfigurando la struttura sociale del gigante asiatico – sempre meno solido. Xiao Aiying, una donna di 36 anni, all’ottavo mese di gravidanza è stata arrestata, picchiata e costretta ad abortire da funzionari della pianificazione familiare. La colpa della donna? Aver violato la legge sul figlio unico, dato che la coppia ha già una bambina di 10 anni. A denunciare il caso – avvenuto nella città di Xiamen, sulla costa sudorientale della Cina e ripreso dal Guardian e da al-Jazeera – è stato il marito della donna, Luo Yanquan, un operaio edile. In una intervista il marito della donna costretta all’aborto si chiede «come mai potrà spiegare» alla figlia, che aspettava di avere un fratellino, «quello che è successo». Un ufficiale cinese – che si rifiutato di rivelare il proprio nome, come sottolineato dal Guardian – ha “corretto” la versione della coppia, affermando che «la donna era al sesto mese di gravidanza» e che l’aborto sarebbe stato «volontario».
La denuncia dell’uomo dimostra che qualcosa in Cina sta cambiando. Il consenso attorno alla politica del figlio unico si sta sgretolando. Le voci critiche, anche ufficiali, sono sempre più numerose. Zuo Xuejin, vice presidente alla Shanghai Academy of Social Sciences, ha tagliato di netto il nodo: «La maggior parte dei motivi che hanno condotto ad adottare questa politica oggi non sono più validi». E Li Jianxin, professore associato di studi di demografia dell’Università di Pechino, è arrivato a proporre la sua ricetta: «Se il governo continua con la sua rigida politica del figlio unico, il Paese sarà gravato da una popolazione che invecchia e una forza lavoro in netta diminuzione». Insomma non si può ignorare la «struttura della popolazione stessa». La ricetta allora del ricercatore? «Famiglie con almeno due figli».
A spaventare sono gli immensi costi umani e sociali della pianificazione. I numeri sono terribili. Un documento pubblicato sul China Daily, voce “ufficiale” del regime, ammette che gli aborti nel Paese ammontano a 13 milioni ogni anno. E che sarebbero oltre 400 milioni i “non nati” a causa della politica del figlio unico. Ma non basta. Secondo un rapporto ufficiale, nel 2020 più di 24 milioni di uomini cinesi non potranno sposarsi per mancanza di donne.
La Cina poi – in nome dell’obiettivo di imbrigliare l’esplosione demografica – invecchia. Secondo le Nazioni Unite, nel 2050 il 30 per cento della popolazione avrà 60 anni e gli “over 80” saranno circa 100 milioni. La popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni, contemporaneamente, diminuirà del 10 per cento. Una gigantesca macchina burocratica vigila sulla applicazione della politica del figlio unico. Secondo di Harry Wu, fondatore della Laogai Research Foundation, la Commissione statale per la popolazione nazionale e la pianificazione familiare impiega 520mila dipendenti a tempo pieno e oltre 82 milioni a tempo parziale.
 
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