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Ponzio Pilato al Consiglio d'Europa
Di Gianfranco Amato - 26/10/2010 - Bioetica - 906 visite - 0 commenti
In un desolato deserto mediatico, qualche rara vox clamans (compresa quella di chi scrive) avvertiva, mesi fa, di un insidioso attacco al principio liberale del diritto all’obiezione di coscienza in caso di aborto.
La concreta minaccia a tale principio giungeva da una proposta di risoluzione presentata al Consiglio d’Europa dalla parlamentare britannica Christine MacCafferty, viscerale attivista pro-choice e strenua assertrice del cosiddetto “diritto all’aborto”, diritto che, lungi dall’essere mai stato codificato, resta per ora relegato tra le ipotesi de jure condendo.
Già il titolo della risoluzione la diceva lunga: “Accesso delle donne alle cure mediche garantite per legge: il problema di un uso non regolamentato dell’obiezione di coscienza”.
Quanto fosse concreta la minaccia e pressante l’influenza delle lobby abortiste, lo dimostra il fatto che la proposta MacCaffery fu approvata a maggioranza lo scorso 22 giugno nella Commissione Affari Sociali, Salute e Famiglia dello stesso Consiglio d’Europa.
Passato il vaglio della commissione, si attendeva la discussione nell’aula dell’Assemblea Parlamentare, con la quasi certezza che vi fossero tutte le premesse per una sconfitta del fronte pro-life. Ed invece è accaduto un miracolo. Il dibattito in aula si è concluso non solo disinnescando la pericolosa deriva abortista, ma addirittura sancendo formalmente l’inviolabilità del diritto all’obiezione di coscienza. Un clamoroso ed inatteso capovolgimento.
Così, la proposta MacCafferty AS/Soc (2010) 18 entrata nell’emiciclo del Palazzo d’Europa con l’eloquente titolo di “Women’s access to lawful medical care: the problem of unregulated use of conscientious objection”, è uscita come risoluzione n.1763 (2010) dal titolo altrettanto eloquente – ma in senso opposto – di “The right to conscientious objection in lawful medical care”, ovvero “Il diritto all’obiezione di coscienza nelle prestazioni sanitarie garantite per legge”.
Secondo la nuova risoluzione n.1763 del Consiglio d’Europa, «nessuna persona, nessuna struttura ospedaliera o istituzione sarà costretta, ritenuta colpevole o discriminata in qualsiasi maniera per il rifiuto di effettuare o assistere a un aborto, di manipolazione umana, di eutanasia o qualsiasi atto che potrebbe causare la morte di un feto o un embrione, per qualsiasi ragione». E sulla base di tale assunto, la stessa risoluzione invita gli Stati membri a «guarantee the right to conscientious objection».
L’esito imprevisto del dibattito e della votazione ha indotto Luca Volontè, capogruppo PPE e valiente matador di questa battaglia, a parlare di «giornata storica per il Consiglio d’Europa» in cui ha trionfato la vita, mentre per la mogia e scornata MacCafferty si è trattato di «una giornata di vergogna» in cui è stata letteralmente mandata al macero la sua proposta di risoluzione.
Infatti, il 7 ottobre 2010 (si noti la data) nell’aula del Palazzo d’Europa viene ribaltata la proposta della parlamentare britannica e approvata una risoluzione in favore dell’obiezione di coscienza con una maggioranza di 56 voti a 51 (si noti il numero).
Quando qualcuno ha parlato di vero e proprio miracolo, a molti non è sfuggita la coincidenza della data del 7 ottobre, anniversario della battaglia di Lepanto e festa della Madonna del Rosario.
A quel provvidenziale risultato politico hanno contribuito in maniera determinante i parlamentari italiani. Ma non tutti, purtroppo. Hanno, infatti, votato a favore della risoluzione Luca Volontè dell’U.D.C., Giacinto Russo dell’A.P.I., Renato Farina, Oreste Tofani, Deborah Bergamini e Pasquale Nessa, tutti del PDL. Altri italiani hanno disertato o sono fuggiti.
Davvero penoso e poco edificante – spiace dirlo – è stato, in particolare, l’atteggiamento tenuto da Dario Franceschini, capogruppo alla Camera del PD e membro del Consiglio d’Europa, il quale, dopo aver assistito all’intero dibattito, ha visto bene di abbandonare l’aula al momento del voto, per non esprimersi in dissenso agli altri parlamentari del gruppo socialista.
Non è moralmente etico, per chi si professa cattolico, assumere comportamenti pilateschi di fronte a simili questioni, secondo logiche legate a mero tatticismo o a meschini calcoli politici di basso cabotaggio.
Non è servito neppure l’accorato ed autorevole appello dell’intera Conferenza Episcopale Europea a convincere i cattolici del partito democratico sulla necessità di tutelare il sacrosanto principio dell’obiezione di coscienza dagli attacchi abortisti.
Da tempo, del resto, ci siamo accorti che ogniqualvolta i Pastori richiamano alla difesa dei valori che Benedetto XVI ha definito non negoziabili, i cosiddetti “cattolici adulti” sono colpiti da un’improvvisa e sospetta ipoacusia.

da Cultura Cattolica, 14 ottobre 2010
 
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