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Veritą e pace
Di Francesco Agnoli - 18/07/2010 - Assaggi - 1414 visite - 0 commenti

«Non dobbiamo credere che la strada verso l’unione sia quella dell’allentamento dottrinale. Non crediamo che la guerra delle idee si termina con l’abbandono di tale o tale verità… come le guerre dei soldati si terminano con il cedere tale città o tale provincia. È solo la pienezza della verità, adorata tutt’intera, che può conferirci la pace, se vogliamo riceverla»…

«Chi transige con l’errore non conosce l’amore nella sua pienezza e nella sua forza sovrana»… «Quando si tratta di fare la pace, in spirito e verità, ci vuole la conversione e non già l’accomodamento. La giustizia è quella che è, tutt’intera».

E quest’altra nella quale si sente tutta l’amarezza di Hello, malato di non esser ascoltato o capito: «Ho tanto sofferto nella mia vita di vedere le cose dell’intelligenza incomprese da esseri troppo al di sotto»… Il suo ritratto dell’uomo mediocre, in «L’uomo», è un vero capolavoro – sarebbe da citare per intero ma… troppo lungo e impossibile da tagliare – e tutti conoscono questo brano, anche in «L’uomo», spesso citato sulla carità e l’odio del male, con il paragone del medico di fronte alla malattia, della quale egli si sente di dover rispettare la libertà di coscienza e il diritto di vivere!

Questo brano fa seguito ad una vera meditazione sulla carità: «Proprio perché la carità è una costì sublime, la realtà per eccellenza e il midollo delle ossa della creatura, proprio per questo l’abuso della carità e il cattivo uso del suo nome deve essere particolarmente pericoloso. Corruptio optimi pessima . Quanto più il nome è bello tanto più è terribile, e se viene usato contro la verità, armato della potenza che ha ricevuto per la vita, quali servizi non renderà alla morte? Orbene, tutte le volte che, invece di schiacciare l’errore, si patteggia con esso col pretesto di un riguardo verso gli uomini, il nome della carità volge le spalle alla luce. Tutte le volte che ce ne serviamo per sminuire l’esecrazione del male, il nome della carità viene rivolto contro la luce. In genere, l’uomo si compiace d’essere debole. La debolezza ha qualcosa di piacevole per la natura decaduta; inoltre, la mancanza d’orrore per l’errore, per il male, per l’inferno, per il demonio, pare che sia diventata una scusa del male che portiamo dentro di noi. Quando detestiamo poco il male in se, ci prepariamo forse un pretesto per scusare il male accarezzato nella nostra anima. L’attenuazione del male da generale diventa particolare, e l’uomo si rende più disponibile alla debolezza che vuole invaderlo, appena si abitua a chiamare carità l’accomodamento universale con ogni debolezza, anche lontana. Il delitto del secolo consiste nel non odiare il male e nel fargli delle proposte. Non c’è che una sola proposta da fargli: quella di scomparire. Ogni accomodamento con lui non è un suo trionfo parziale, ma un suo trionfo totale, perché il male non chiede sempre di cacciare il bene, ma chiede il permesso di coabitare con lui. Un istinto l’avverte che chiedendo qualche cosa, chiede tutto: appena non viene più odiato, si sente adorato».

Si capisce perché Hello si stupiva passeggiando nelle strade di Parigi: «Sono passato davanti a ‘Les Tuileries’, e non bruciano ancora!… I barbari tardano a venire! Che cosa fa Attila?»

Frasi di Ernest Hello, raccolte da don M. Simoulin

 
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