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Via Garibaldi
Di Giuliano Guzzo - 17/06/2010 - Storia del Risorgimento - 1351 visite - 0 commenti

Tempo addietro, il primo cittadino di Capo d'Orlando - roccaforte dei commercianti antiracket - ha fatto a pezzi la targa di “Piazza Garibaldi” additando l'eroe come un “ feroce assassino al servizio di massoneria e servizi inglesi”. Difficile dargli torto se si pensa che l’eroe dei due mondi - al di là delle tesi, tutt’altro che campate in aria, che lo vogliono schiavista e scafista ante litteram - anche sul piano militare era un'autentica frana: il famigerato sbarco dei Mille (una pattuglia di agguerriti “militari” tra cui ricordiamo 150 avvocati, 100 medici, 50 ingegneri e 20 farmacisti) non sarebbe mai stato possibile senza il favore di due navi inglesi già ormeggiate a Marsala, “Intrepid” e “H.M.S. Argus”, e quando, nel settembre 1867 - alla guida 8.000 seguaci e dopo aver espugnato Monterotondo - fu raggiunto dalla notizia dell’arrivo di un corpo di spedizione francese, Garibaldi se la fece sotto, fece dietro-front e nello scontro di Mentana non solo venne sconfitto, ma perse pure 1.600 uomini, che furono fatti prigionieri ed entrarono a Roma coi francesi, acclamati dalla città come eroi e vincitori.

Mazzini sosteneva che "Garibaldi, quanto a coerenza di idee, è una vera canna al vento", mentre Vittorio Emanuele II scrisse di lui:”questo personaggio non è affatto così docile né così onesto come lo si dipinge, e come voi stesso ritenete […] Il suo talento militare è modesto, come prova l’affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l’infame furto di tutto il denaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui, che s’è circondato di canaglie”. La fama del nostro era talmente pessima che già il 13 settembre 1860 il giornale torinese Piemonte pubblicò un articolo dal significativo titolo "Il creduto prodigio di Garibaldi”, e per (ri-)scrivere la sua storia fino a conferirgli parvenze eroiche, Cavour arrivò a chiamare ben quattro scrittori, tra cui Alexander Dumas, il re del feuilleton.

Complicato, inoltre, fu anche il rapporto di Garibaldi col danaro: garantì personalmente la restituzione di un debito contratto dal figlio col Banco di Napoli (200.000 Lire, soldi poi spariti), mentre nel 1875 rifiutò l’ingente vitalizio annue accordatogli dal governo, salvo poi, l'anno successivo, accettare il meritatissimo dono nazionale di 1.000.000 di Lire (oggi sarebbero più di 3 milioni di Euro) e la pensione di 50.000 lire annue, tutto naturalmente prelevato dalle casse dello Stato, anche se nessuno, allora, parlò di Casta. Questo, in estrema sintesi, è l’eroe che gli italiani si apprestano a celebrare. E che guarda caso piacque a Mussolini, che riconobbe in lui il primo dittatore d’Italia. Forse – ma ovviamente è solo un’ipotesi tra le tante– aveva ragione il Sindaco di Capo d'Orlando: via Garibaldi

 
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