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Tutto il resto è noia
Di Lorenzo Bertocchi - 26/03/2010 - Attualità - 1083 visite - 0 commenti

Accuse al Papa? Alla Chiesa? Niente di nuovo da 2000 anni a questa parte, e ci sarebbe da sorridere se in ballo non ci fosse la perdita di fiducia da parte di tanti fedeli.

Perché questo è il vero obiettivo di tutta la campagna diffamatoria.

Giustamente si confutano le false accuse riguardanti il Santo Padre, ma il vero bersaglio è l’anima delle persone, senza tanti giri di parole la situazione sarebbe riassumibile in una frase: il demonio - che pure ha già perso la partita – le prova tutte pur di assassinare più anime possibili. Ma tanti ridono beffardi di fronte a questa spiegazione, alcuni perché pensano che siano tutte fantasie, altri perché li ritengono toni troppo apocalittici per la post-modernità.

C’è una frase di Gesù che può aiutare a riflettere: “non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna.” (Mt 10,28)

Il problema vero allora non sono le accuse infamanti, piuttosto la drammatica situazione di un popolo di Dio che non crede più in Dio, per cui si diventa giustizialisti senza aver nessuna conoscenza del peccato, calunniatori senza sapere chi è il “principe di questo mondo”, infine detentori di un corpo di cui l’anima sarebbe soltanto la scintilla di una fantomatica energia cosmica divina.

Questo è quello che Benedetto XVI sta cercando di convertire con un Magistero caparbio e mite, ed è questo che infastidisce.

Sostenere che l’attacco al Santo Padre sia un manovra architettata da ambienti anticlericali e anticattolici non si tratta di facile dietrologia – sempre antipatica - ma più in profondità della presa d’atto di una volontà di ribellione che abita il cuore dell’uomo e che si chiama superbia. La tremenda piaga degli abusi sessuali nella sua indubitabile mostruosità è anch’essa espressione di questo e la Chiesa lo sa molto meglio di molti suoi detrattori.

Questa volontà di ribellione sa organizzarsi e mostra molti volti: c’è n’è uno violento che produce veri e propri massacri, uno che affama le persone, uno che vende piacere in varie forme, uno suadente e filantropico. Quest’ultimo è il più infido e pericoloso e si annida anche nei Sacri Palazzi, oltre che in varie associazioni più o meno segrete.

Il colmo della perversione è appunto quello di eliminare l’idea di ribellione, far perdere il senso del peccato che può aprire le porte all’infinita misericordia di Dio.

C’è, infatti, un buonismo che uccide i bambini nel grembo della madre in nome della libertà della donna, che vorrebbe la mascolinità e la femminilità come semplici etichette culturali, che vuol fare della morte assistita una scelta nobile e della religione una semplice opportunità fra le tante.

Una perversione che punta all’anarchia, che costruisce una libertà priva di riferimento e quindi vuota di significato e solo apparentemente giusta.

Recentemente proprio Bendetto XVI (udienza del 10/03/2010) ha detto: “Sappiamo, infatti, come dopo il Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci fosse un’altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta un’altra, totalmente “altra”. Un utopismo anarchico!”

E’ questo “utopismo anarchico”, apparentemente travestito di novità e apertura, su cui è necessario riflettere per valutare se sul Tevere sono stati costruiti "ponti" per raggiungere sponde contrarie alla Missione affidata alla Chiesa Cattolica dal Suo Fondatore. Tutto il resto è noia, noia anticlericale e anticattolica.

Si avvicina la Pasqua e riecheggiano forti le parole del Crocifisso prima della morte: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,24).

 
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