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Inglesi e Usa ( e la sx italiana) scelgono Fini?
Di Caius - 04/12/2009 - Politica - 1090 visite - 0 commenti

L’ultimo numero dell’Economist torna a chiedere le dimissioni di Berlusconi. Non per le accuse di mafia, che potrebbero essere, per il giornale, “una possibile vendetta di cosa Nostra” (!), quanto per la sua politica estera: l’amicizia con Putin, Gheddafi, Erdogan…

Si sa, gli inglesi sono gente che col soldo ci sa fare, e sono le cose serie che gli interessano: cosa sta facendo l’Italia? Perché agisce in proprio? Non sanno, gli italiani, che la grande Albione ha il primato sui mari, sui commerci, sulle colonie, sulle banche, e desidera mantenerlo, attraverso la sua politica estera, attraverso un controllo quantomeno indiretto della politica estera europea?

Perché l’Italia fa una propria politica energetica? Sono matti? Queste devono essere le domande che si fanno a Londra, i discendenti degli sterminatori dei pellerossa e degli irlandesi, degli autori delle guerre dell’oppio, dei fondatori dell’impero coloniale più grande della storia…

L’Unità fu il quotidiano dei lavoratori e dei comunisti. Oggi è del miliardario patron di Tiscali, ed è diretto da una delle numerose creature giornalistiche del miliardario de Benedetti: Concita De Gregorio. Cambiano i tempi e cambiano i gusti: una volta, quando gridavano “arrivano i nostri”, intendevano i russi, e la dittatura comunista; oggi gli ex comunisti chiamano in aiuto nientemeno che gli americani, i nemici maledetti di un tempo! Dei quali condividono le preoccupazioni riguardo a Berlusconi: preoccupazioni per cosa? Ma per la politica estera ed energetica, ovviamente! Non sono, gli Usa, gli alleati storici dell’Inghilterra e l’Inghilterra degli Usa?

Di seguito le speranze su Fini e americani dell’Unità:

Gli Usa hanno già scelto Fini. Anche la destra boccia Silvio. Gli Stati Uniti d’America puntano su Fini per la successione a Berlusconi alla guida del governo italiano?

A giudicare dalle parole pronunciate martedì sera a Ballarò da Edward Luttwak si direbbe proprio di sì. Anche perché i segnali di un raffreddamento dei rapporti tra l’America e il Cavaliere sono parecchi. E non dipendono solo dall’avvicendamento tra l’«amico» Bush e l’«l’abbronzato » Obama. Intanto c’è la politica energetica sostenuta dal nostro premier.

Per l’amministrazione statunitense è un problema molto serio come, d’altra parte, aveva detto lo stesso Luttwak quando, non più di un mese fa, aveva espresso pubblicamente tutta la sua sfiducia nei confronti di Berlusconi. Il dossier più spinoso è ovviamente quello del consorzio italo- russo South Stream che ha nel capodel governo italiano il più convinto sostenitore e che è considerato dagli Usa uno strumento per mettere il Vecchio Continente sotto il ricatto di Putin. A segnalare la questione della politica energetica è stato anche, poco prima del suo arrivo a Roma, il nuovo ambasciatore americano David Thorne durante un’audizione di fronte alla commissione Esteri del Senato di Washington.

Le successive parole di Luttwak hanno dimostrato, sempre che ce ne fosse ancora bisogno, che il problema è avvertito non solo dalla nuova leadership democratica ma anche dai circoli repubblicani più conservatori.

Ma se il raffreddamento americano verso Berlusconi era un dato ormai acquisito, la scelta di Fini come leader italiano di riferimento è una novità. Per il presidente della Camera, un primo banco di prova sarà il viaggio istituzionale che farà negli Usa a febbraio, quando incontrerà il vicepresidente Joe Biden e la speaker del congresso Nancy Pelosi. E sebbene al piano nobile di Montecitorio - un po’ per scaramanzia - mostrino di non crederci troppo, non è escluso che di qui ad allora possa aprirsi uno spazio anche nell’agenda di Barack Obama.

Per il presidente della Camera equivarrebbe ad una vera e propria investitura politica, e anche per l’Italia sarebbe un’importante opportunità. È infatti improbabile che l’occasione di avere un faccia a faccia col presidente americano possa essere offerta al nostro premier, se non altro per l’attenzione che i media statunitensi riservano all’immagine pubblica dei politici. Com’è noto, Berlusconi oltreoceano non ha buona stampa. (chiaramente Inghilterra e Gb pensano soprattutto all'onestà morale, è la loro vera ed unica preoccupazione!, ndr)

E l’immagine del premier potrebbe precipitare rovinosamente dopodomani con l’interrogatorio di Gaspare Spatuzza. Gli americani, davanti ad accuse come quelle che il pentito potrebbe lanciare, non hanno bisogno di attendere la sentenza della Cassazione. Probabilmente, anche questa consapevolezza è tra le cause del grande nervosismo di Berlusconi e dei suoi uomini: il timore dell’isolamento internazionale.

 Fini, grazie anche la lavoro di gemella svolto da «FareFuturo» con la «Fondazione Adenareur« (vicina alla Cdu tedesca), e alla «Faes» del popolare spagnolo Josè Maria Aznar, ha già ricevuto le credenziali delle principali cancellerie europee. Inoltra ha in Sarkozy un amico di antica data, visto che proprio a lui il presidente francese chiese di scrivere la prefazione alla versione italiana del suo libro. E con gli inglesi ha potuto instaurare rapporti solidi fin da quando,da ministro degli Esteri, sfilò insieme alla regina Elisabetta e al presidente Ciampi. È doloroso ricordarlo,mail nostro attuale premier si è fatto notare negli ambienti della casa reale solo per quel «Mr Obama» che, gridato dopo la foto ufficiale del G20, gli fruttò un pubblico rimbrotto da parte della sovrana. L’Unità, 03 dicembre 2009

 
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