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L’adorazione nasce dall’ammirazione
Di Claudio Dalla Costa - 26/11/2009 - Religione - 1237 visite - 0 commenti
L’uomo moderno ha perso la capacità di meravigliarsi. Un gusto del brutto si annida da molte parti.

È decisivo far risaltare tutta la bellezza della creazione come primo passo per riscoprire la Presenza che ha inventato il mondo. Non dimentichiamo che una massima classica del cristianesimo è questa: “L’adorazione nasce dall’ammirazione”.

Lo scrittore inglese Chesterton diceva: “Il mondo non perirà certo per mancanza di meraviglie ma perirà per mancanza di meraviglia”. Giustamente Einstein ha potuto affermare: “L’uomo che ha perso la capacità di meravigliarsi è come se fosse un uomo morto”.

Guardando il cosmo cerco le tracce delle sguardo divino, penso che il mondo è magnifico perché il Cristo lo ha guardato. Il mondo visibile è un immenso sacramento del mondo invisibile. Bisognerebbe saper associare la bellezza alla presentazione del Vangelo; non è forse sotto questo aspetto che il messaggio proclamato dalla Chiesa potrebbe essere inteso dai nostri compagni d’avventura? Questo mondo è uscito dalle mani di Dio Padre in modo meraviglioso; la creazione celebra il Dio Vivente con i suoi colori, i suoi suoni, le sue bellezze: tutto è un cantico di lode verso il Creatore. Impariamo a rallegrarci di tutto ciò che può far crescere in noi la capacità di stupirci e di amare.

Accanto alla catechesi tradizionale, la Chiesa è chiamata ad annunciare la bontà e la bellezza di questo mondo, ad evangelizzare partendo dai capolavori della natura per arrivare a quelli dell’uomo: capolavori nel campo dell’arte, delle scienze, delle tecnologie, della cultura, delle scoperte scientifiche, delle ricerche in campo medico, della musica. Celebrare la vita in ogni sua forma e manifestazione è la prima e più urgente forma di evangelizzazione. La vita umana è la prima meraviglia: l’essere umano è il prodigio più grande dell’universo, il corpo stesso dell’uomo è ben degno dell’immensità del suo spirito.

Cito alcuni dati da un opuscolo intitolato La vita umana. “Nessuno si spiega come sia possibile che una cellula microscopica si riproduca in miliardi di cellule identiche a lei, con il suo stesso nucleo genetico, e dia origine a tessuti tanto differenziati, quasi opposti, quali i muscoli e il cervello, il sangue liquido e le ossa solide, gli arti e gli occhi. Né si spiega come queste cellule lavorino concordemente, ognuna a vantaggio dell’altra, per la perfetta realizzazione del piano comune che è stampato nel loro intimo. Né soprattutto si spiega l’infinita portata dello spirito che anima questa nuova vita. Ė inspiegabile, è fantastico, ma così ognuno di noi è arrivato all’esistenza: frutto di un prodigio di inimmaginabile energia, segnato da inimmaginabile dignità… “

Per questo di fronte a ogni nuovo figlio, al minuscolo figlio dell’uomo, l’umanità si trova scossa e commossa: consapevolmente o inconsapevolmente essa sente allora di essere di fronte al vertice della natura, alla prima meraviglia dell’universo”. In virtù di questo, Heschel ha potuto dire: “Chi può guardare un volto umano come se fosse un luogo comune?”. Solo il nostro cervello può accogliere una quantità di dati pari a centomila miliardi ed è composto di quattordici miliardi di neuroni, nessuno di loro è lasciato al caso. Alla quarta settimana di vita il feto produce cinquecentomila neuroni al minuto e ognuno sa già il posto che gli spetta all’interno del cervello. Si è detto che ci sono più connessioni nel cervello che stelle nel cielo.

John Eccles, premio Nobel per i suoi studi sul cervello, professore emerito di un buon numero di celebri università, scrive: “La scimmia ha un apparato motorio meraviglioso, simile a quello dell’uomo. Il sistema visivo è addirittura superiore a quello umano. Avrebbe potuto tranquillamente dipingere, invece non l’ha mai fatto. Che cosa le mancava? Una ragione per farlo. Solo nel nostro cervello si sono sviluppate le aree delle emozioni e delle motivazioni, che hanno spinto l’uomo a fare qualcosa che non serviva strettamente alla sopravvivenza. È così che questo aggregato di neuroni ha poi prodotto il linguaggio, l’arte, la moralità, la ricerca della verità e della bellezza”.

 Il nostro corpo è formato da centomila chilometri di arterie, vene, capillari che alimentano circa sessanta milioni di milioni di cellule e ne muoiono ogni giorno circa cinquecentomila milioni, ma questo non ci impedisce di rimanere identici a noi stessi per tutta la vita – dallo stato embrionale alla vecchiaia -, nonostante un rinnovamento costante degli elementi materiali elaborati dal nostro metabolismo. Davvero ci troviamo davanti ad una straordinaria meraviglia da contemplare e su cui riflettere. Se sui nostri corpi si posa lo sguardo di Dio acquistano una dimensiona nuova, vengono trasfigurati, non possono più essere considerati come degli oggetti affascinanti, bensì come manifestazioni della sua Presenza. Dovremmo riuscire a prendere coscienza di chi è l’uomo a partire dalla scoperta della presenza e dell’amicizia di Dio per noi. (da Scommessa sull’uomo, editrice Elledici, anno 2006)
 
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