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Bellum "iustum".
Di Libertą e Persona - 30/09/2009 - Storia - 1442 visite - 0 commenti

Riassumendo un plurisecolare dibattito, a metà del secolo XX, il padre gesuita Angelo Brucculeri identificava cinque condizioni in base alle quali la guerra “può essere permessa ed avere un suo valore etico” :

Auctoritas principis (solo il potere sovrano ha diritto di dichiarare la guerra), Iusta causa (ovvero la necessità di difendere un diritto di sommo rilievo, il diritto all’esistenza, alla libertà, al proprio territorio, ai propri beni, al proprio onore; la causa deve proporzionarsi ai gravi mali, che si affrontano nella guerra, deve essere certa, deve esservi fondata speranza che i vantaggi prevarranno sui danni), Ultima ratio (se sono falliti i mezzi pacifici di soluzione della controversia), Intentio recta (l’intenzione dei belligeranti, dice S. Tommaso, deve essere di fare il bene e schivare il male), Iustus modus (l’uso della violenza deve essere diretto contro le forze armate nemiche, tutto ciò che non è richiesto per la rivendicazione del diritto è illecito).

Il Codice di morale internazionale , approvato dal Cardinale Van Roey, Primate del Belgio, uno dei testi più completi espressione della dottrina cattolica sull’argomento, ammette “il ricorso immediato alla forza...in tre ipotesi

a) allorquando si tratta per uno Stato di respingere un’aggressione inopinatamente sferrata dall’avversario;

b) allorché uno Stato si porta a soccorso d’un altro Stato ingiustamente aggredito, essendosi obbligato ad assisterlo;

c) allorché l’avversario, rifiutandosi di sospendere i suoi preparativi bellici, prolunga i negoziati per aver tempo a rinforzare i suoi apprestamenti di guerra e frattanto la comunità organizzata delle nazioni si rifiuta d’intervenire per eliminare l’imminente minaccia di guerra”.

Si giustificano dinanzi alla ragione – prosegue il documento – la guerra difensiva...la guerra offensiva, alla quale [uno Stato] ricorre per essere reintegrato in un diritto ingiustamente violato; la guerra infine d’intervento che apporta ad un belligerante, impegnato nella lotta, il concorso armato d’una potenza alleata ed amica...Lungi dal riprovare in maniera assoluta la guerra, le S. Scritture e la Tradizione abbondano in testi che affermano la legittimità del ricorso alla forza allorquando essa si presenta quale mezzo unico di far rispettare la giustizia e il diritto” .

A proposito delle obiezioni pacifiste, il testo afferma: “Anche limitata alla guerra moderna, l’intransigenza d’un tale pacifismo non è sostenibile...rifiutare, in ogni ipotesi, al diritto il concorso della forza, che cosa può essere se non permettere alla forza di scavalcare il diritto e abbandonar l’umanità al disordine assai più pernicioso della violenza morale?”.

Infine, riguardo alla “teoria della guerra preventiva, secondo la quale uno Stato avrebbe il diritto di attaccare, al solo titolo preventivo, un altro Stato, anche inoffensivo e pacifico, ma che la consapevolezza della sua accresciuta potenza potrebbe un giorno trascinare ad un’ingiusta aggressione”, il Codice non la ammette come “dottrina”, ma solo in caso di “una precisa minaccia reale e imminente”. ..(Massimo De Leonardis; si veda anche http://www.libertaepersona.org/dblog/articolo.asp?articolo=594 )

 
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